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150 anniversario della morte di Alessandro Manzoni (1785-1873). Il ricordo degli educatori dei sordi.
Il 22 maggio 1873, 150 anni fa, moriva Alessandro Manzoni, il più famoso scrittore italiano, nato il 7 marzo 1785 a Milano, e autore de “I promessi sposi”, il primo romanzo della letteratura italiana, considerato uno dei più letti romanzi della letteratura italiana e studiato a scuola da tutte le generazioni. Ne I promessi sposi Manzoni scelse di scrivere in un italiano più accessibile e comprensibile. Questo gli permise di raggiungere un vasto pubblico di lettori che altrimenti avrebbero avuto difficoltà a comprendere il romanzo scritto in un italiano letterario troppo complesso. Lo scrittore riconobbe l’importanza di un linguaggio comune per l’identità e l’unità nazionale del paese. I promessi sposi, scritto tra 1825 e il 1827, è ambientato nella Lombardia del primo Seicento. Vengono narrate le vicende di due ragazzi, Lorenzo, “o come dicevan tutti Renzo”, Tramaglino e Lucia Mondella, il cui desiderio di sposarsi era ostacolato da un feroce tiranno locale, Don Rodrigo (signorotto del paese), e dalla codardia del loro parroco Don Abbondio. Solo Fra Cristoforo, un frate coraggioso, sosteneva la causa dei due innamorati e, attraverso molte avventure li condusse verso il matrimonio. Attraverso la narrazione di questa intricata storia, Manzoni esplora temi universali come l’amore, la giustizia, la fede e la redenzione.
Riguardo all’atteggiamento del Manzoni verso i sordi ricordiamo quanto scriveva l’abate Giulio Tarra (1832-1889) nei suoi Cenni storici: «Alessandro Manzoni, quando il giorno 8 d’ottobre del 1872, volle vedere tutti i nostri allievi e li sentì parlare e rispondere alle domande di religione ch’egli stesso mosse loro col labbro, esclamò: «la redenzione del sordo-muto vaticinata dal Vangelo, è compiuta: i sordi intendono; i muti parlano!».
Egli mi asserviva che quando, nella prima metà del secolo, egli colla sua moglie Enrichetta Blondel aveva visitato la rinomata scuola del P. Ottavio Assarotti in Genova n’era partito, ammirato bensì delle cose meravigliose che v’aveva veduto fare col gesto e collo scritto da quegli allievi, ma colla tristezza nell’animo di non possedere un mezzo di comunicazione viva che valesse a mettere in rapporto il suo spirito con quello di quei giovinetti tutto muti e gesticolanti colle bracci e colle mani e d’avervi veduta ancora scolpita e confermata dall’istruzione la fatale impronta della loro sventura; – mentre con questi, egli diceva additando i nostri allievi, io provo il conforto di poter conversare con mutua intelligenza; né più ravviso in loro degli infelici segregati da noi, ma degli uomini a noi pareggiati e consapevoli e lieti di esserlo. – E ammirava i maestri presenti.
P.Vincenzo Di Blasio
PER SAPERE DI PIU’
Alessandro Manzoni
Manzoni e Sordi
I promessi sposi
Pio Istituto Sordi di Milano