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Il silenzio del mondo

“Il silenzio del mondo” è un romanzo di Tommaso Avati, edizioni Neri Pozza, febbraio 2022, 240 pagine.
Daniela Pizzagalli. Segnalato da p.Vincenzo Di Blasio

Narra una saga familiare che si svolge in un periodo di tempo che va dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri. È la storia di tre donne: nonna Rosa, madre Laura e figlia Francesca, tutte non udenti, come l’autore che ha dichiarato: «È una storia che mi riguarda» ha scritto Tommaso Avati, «perché parla della sordità che io conosco per averla sperimentata sulla mia pelle fin dalla nascita. So cosa voglia dire non udire, vivere in un mondo ovattato e separato, distante e mai davvero raggiungibile dagli altri, persino dai tuoi cari».
Anche Francesca era sorda come la nonna «ma aveva questo misterioso e favoloso potere, la capacità magica di tenere le parole tra le dita».
Tommaso Avati, sceneggiatore e scrittore sordo, è figlio del regista Pupi Avati ed è nato a Bologna nel 1969. Lavora principalmente con il padre ed è autore di tre romanzi.

Il giornale Avvenire del 13/02/2022 ha presentato il romanzo con questo titolo:
“Il singolare silenzio dei non udenti nel racconto di Tommaso Avati”
«L’assurdo nasce dal confronto fra la domanda dell’uomo e l’irragionevole silenzio del mondo»: questa frase di Albert Camus è all’origine del titolo del romanzo di Tommaso Avati, Il silenzio del mondo (Neri Pozza, pagine 206, euro 17,00) che racconta tre generazioni di donne, dall’epoca fascista a oggi, segnate dal tratto ereditario della sordità congenita. L’autore cinquantaduenne, figlio del regista Pupi, ha lavorato con successo come sceneggiatore per il padre, vincendo nel 2020 il Nastro d’Argento come miglior soggetto per il film Il signor Diavolo e ha al suo attivo anche due romanzi ma a quest’ultimo, appena uscito, è particolarmente legato perché anche lui è sordo dalla nascita e ha voluto far conoscere agli ‘udenti’ il mondo interiore di chi vive con questo handicap suscitando spesso imbarazzo, disagio e atteggiamenti discriminatori cui non vanno incontro, ad esempio, i non vedenti, perché da sempre la cecità riscuote comprensione e rispetto.

Il romanzo si apre in una povera casa nella campagna umbra, dove abita una famiglia di mezzadri che per assicurarsi un piccolo sussidio prende in affido una trovatella che si rivelerà sorda. Tra veloci dialoghi e personaggi presi dal vivo, risalta il taglio cinematografico dello sceneggiatore, che tratteggiando l’ambiente in cui cresce la piccola Rosa fa emergere la povertà sensoriale che la circonda, rischiando di condannarla all’ottusità, finché per caso trova chi le fa apprendere il linguaggio dei segni, una vera rivoluzione culturale che farà evolvere il suo cervello: grazie alla lingua dei segni potrà dare un nome alle cose e così «riconoscerle, distinguerle, metterle in relazione le une con le altre», imparando a pensare. Dopo la guerra, che ha falcidiato la famiglia, Rosa va a Roma ospite di un convento di suore, ma senza che nemmeno sappia che cosa le stia succedendo, viene messa incinta da un negoziante e dopo un matrimonio riparatore l’aspetta una vita da schiava. La bambina che nasce, Laura, è anch’essa sorda e diventa un ostaggio tra il padre udente che rifiuta di riconoscere il suo handicap e la madre che segretamente le insegna la magica lingua dei segni: «Ne avevano bisogno come dell’aria per respirare e così comunicavano, si trasferivano informazioni, emozioni e sentimenti. E Laura apprendeva concetti astratti come la paura, la sicurezza, la vergogna».

Rispetto a Rosa, Laura fa un passo avanti, impara a parlare in modo normale e a leggere quasi perfettamente il labiale, ma questa sua riuscita integrazione la porta a innamorarsi di un udente, uno di ‘loro’, come Laura definisce quelli che comunicano attraverso la lingua parlata, «sguaiata e fastidiosa, produttrice di un tipo di pensiero ambiguo e falso». Nessuno di loro può percepire la bellezza del silenzio, un potentissimo sesto senso per i sordi, anzi addirittura un superpotere, che instaura un rapporto quasi artistico con lo spazio e costituisce l’area creatrice entro cui si muovono le mani nel tridimensionale linguaggio dei segni. Nemmeno l’amore può infrangere del tutto la barriera tra i due mondi, e alla nascita di sua figlia la fatidica domanda di Laura: «Ci sente?» risuonerà come il peso di una colpa. Nata anch’essa da un matrimonio ‘misto’, Francesca sembra voler negare la sua sordità, sceglie la compagnia degli udenti, quasi si vergogna della madre. Ma quando anche lei brancolerà nel dubbio di fronte a una gravidanza piena di incognite, il rapporto con Laura risulterà ineludibile ed entrambe si riscopriranno in un gesto.
Daniela Pizzagalli. Segnalato da p.Vincenzo Di Blasio

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