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Davide Santacolomba: “Sono sordo e faccio il pianista: la mia incredibile storia”
Le sue dita volteggiano sulla tastiera come ballerine sulle punte. Il pubblico guarda quelle mani che piroettano sui tasti bianchi e neri e non immagina che dietro ciascuna di queste note terse come un cielo di montagna c’ è molto più del talento straordinario del giovane pianista. C’ è un ragazzo che ha cambiato verso al suo destino. Davide Santacolomba è sordo. Lui non sente tutta la sua musica: percepisce solo alcuni suoni, gli altri li ascolta con quello che chiama «l’ orecchio della mente», gli vibrano nel cuore che fa le capriole davanti al piano e gli rimbalzano negli occhi che si strizzano come finestre sulla tastiera.
Intervistarlo è ascoltare una favola, sentirlo suonare è assistere a un miracolo. Davide ha 28 anni e sta facendo un prestigioso master a Lugano, al Conservatorio della Svizzera Italiana sotto la guida della famosa pianista Anna Kravtchenko. Ha già tenuto moltissimi concerti che finiscono tutti allo stesso modo: «standing ovation». Per fortuna è molto spiritoso e così tutto diventa più facile, anche organizzare l’ intervista.
«Non si preoccupi, userò le cuffie», rassicura.
Davide, lei è come Beethoven…
«No, non scherziamo. Non esistono certi paragoni. Né musicalmente e neanche per la sordità».
Anche lui era sordo.
«Ma lui non nasce sordo, lo è diventato. Beethoven diceva di avere avuto l’ orecchio migliore di tutti. Diversamente non avrebbe potuto comporre quel capolavoro che è la Nona sinfonia».
Invece lei è nato sordo?
«Alla nascita non mi hanno diagnosticato nulla. Intorno agli otto anni, mia nonna Concetta si è accorta che c’ era qualcosa che non andava, che non mi giravo quando mi chiamava, che ero sempre troppo vicino al televisore. Così da Palermo, dopo i primi accertamenti al Policlinico, sono andato con i miei genitori all’ ospedale Niguarda di Milano e qui mi hanno confermato la diagnosi di grave ipoacusia neurosensoriale bilaterale. Fino a tre anni fa percepivo i suoni gravi e quelli medio-gravi mentre gli acuti non li sentivo affatto. Poi ho deciso di sottopormi a un
intervento per l’ applicazione di un impianto cocleare all’ orecchio e così adesso ho vagamente idea di cosa sia un acuto. Mi è stato impiantato un Ab Naída Q70, tra i migliori in circolazione».
Quando ha iniziato a suonare?
«La vita è davvero strana. In quel primo viaggio a Milano, quando la mia sordità è stata messa nero su bianco, una sera sono stato ospite a cena dalla sorella della mia maestra. Lei aveva un pianoforte. Sapendo che potevo sentire solo le note gravi, mi ha suonato Fra Martino campanaro.
In quel momento, dentro di me c’ è stata come un’ esplosione. Ho chiesto di sedermi al pianoforte e ho cominciato a riprodurre quel suono ad orecchio, ma senza orecchio».
Davide ride di sé di gusto e poi continua a raccontarsi. «Alle scuole medie, durante l’ ora di musica mentre gli altri giocavano, io ritrovavo me stesso e suonavo con la mia prima piccola tastiera. Mi ricaricava. Così ho deciso di prendere lezioni private per provare ad entrare al Conservatorio di Palermo. La mia prima insegnante ha subito creduto in me. La prova di ingresso è stato un momento bellissimo. Avevo imparato tutto a memoria, non sentivo la metà dei suoni ma riuscivo a immaginarli».
Come si può immaginare un suono che non si conosce?
«La musica è anche logica». Davide comincia a cantare: «Do-re-mi… Sente? È un crescendo per cui le note più alte posso immaginarle ragionando. Poi per imparare i brani li eseguo prima nel registro grave e poi li trasferisco in quello acuto. Ovviamente è stato più faticoso, ma l’alternativa era smettere di suonare».
È stato ammesso al Conservatorio.
«Sì con un lungo applauso della commissione che mi guardava sbalordita. Ma non è stato tutto rose e fiori. Anzi. Il maestro del primo anno mi stroncava. Non credeva in me, voleva che smettessi. Mi diceva che non avrei mai fatto nulla con la musica, che un sordo non può suonare. Non voleva che mi presentassi all’ esame di ammissione del secondo anno. Ma io volli provarci lo stesso. E fui promosso».
Perché tanta determinazione: passione, testardaggine o cosa?
«Perché solo la musica poteva salvarmi. Sapevo di avere un problema grave, ma ero certo che quella era la mia strada. Infatti ho terminato gli studi in conservatorio».
Non ha mai pensato di smettere?
«Molto spesso. Ho avuto forti crisi per la fatica doppia che dovevo fare rispetto agli altri. Mi adiravo tanto, dicevo “Perché proprio io?” A volte mi disperavo, ma ogni volta ritornavo al mio pianoforte. La mia seconda insegnante in Conservatorio, Giovanna De Gregorio, mi ha sempre sostenuto ed incoraggiato. Ai miei genitori durante un esame, commossa ha detto: “Davide è un miracolo”. Immagini la gioia e la soddisfazione dei miei».
Un’ altra sua insegnante ha detto che lei è «il nipote di Dio».
«Vero», ma Davide si imbarazza, minimizza e la butta sullo scherzo: «Dopotutto il mio cognome è Santacolomba».
Nel 2015 si è diplomato con il massimo dei voti. Si è mai chiesto che cosa farebbe se non fosse sordo? Quanto la sua disabilità ha condizionato la scelta?
«E chi lo sa, ognuno ha il suo destino, io credo molto nel disegno divino. Se non fossi sordo, sarei qualcun altro».
Qual è la causa della sua sordità?
«I medici mi hanno detto che ci sono tre possibilità: che sia ereditaria, che sia la conseguenza di un trauma o addirittura della nube di Chernobyl».
Chernobyl?
«Io sono nato nell’ 87, un anno dopo il disastro nucleare e i medici mi hanno spiegato che diversi bambini nati in quel periodo hanno avuto problemi simili al mio».
ll suo musicista preferito?
«Chopin, ma anche Beethoven e Mozart».
Il master che frequenta l’ abiliterà anche all’ insegnamento della musica. Ma il suo sogno qual è? «Fare il concertista, in giro per il mondo».
I suoi concerti terminano sempre con applausi interminabili, compreso quello nella famosa Concert Hall della Fryderyk Chopin di Varsavia, ma lei… Davide non lascia finire la frase: «Gli applausi li sento, e poi vedo le facce felici del pubblico».
Perché solo a 25 anni ha deciso farsi installare l’ impianto?
«Un giorno durante un viaggio nel ragusano, davanti alla casa del commissario Montalbano, dico a mia madre: “Mamma, non ci sento più”. Ero peggiorato, mi sentivo immerso nel silenzio più totale e così iniziò l’ iter. Mi sono deciso a fare l’ intervento a Padova, con il professor Alessandro Martini che mi ha dato la possibilità di recuperare frequenze inesistenti per il mio udito naturale. Cinque ore sotto i ferri in anestesia totale, era questo che mi terrorizzava».
Al risveglio qual è stato il primo suono che ha sentito?
«Guardi che non è come pensa lei. Non così semplice. Dopo l’ operazione mi hanno bendato. Una settimana dopo mi hanno tolto le bende e il mese seguente hanno attivato l’ impianto. Ho fatto una lunga riabilitazione perché bisogna dare al cervello informazioni che deve registrare».
A questo punto ha finalmente scoperto qualche nuovo rumore?
«Quello della pioggia quando cade giù a raffica e sembra una mitragliatrice ta-ta-ta-ta. Il rumore del mare con tutte le sfumature della risacca. E poi il sussurro. Non l’ avevo mai sentito prima. Quando la mia ragazza di allora mi ha sussurrato qualcosa all’ orecchio… per me è stato come una carezza. E poi le cicale, il rumore dei calici quando si fa il brindisi, quel tintinnio del cristallo».
La sordità non le ha impedito di fare il pianista e con le ragazze come è andata e come va?
«C”è un grosso problema».
Quale?
«Le donne hanno una voce acuta».
Quindi lei prima non le sentiva affatto e adesso le sente poco? Sa che molti uomini la invidierebbero per questo…
«Esatto. Ma io me la cavo con le labbra».
In che senso?
«Leggo il labiale. Sono diventato bravissimo».
C’ è qualcosa che vorrebbe sentire e non ci riesce?
«Il suono del violino e del flauto traverso, più che la musica del mio pianoforte, perché quella la sento dentro di me. E poi il fischio. Non riesco a sentirlo e neanche a farlo».
Le è mai capitato che si scaricassero le batterie dell’ impianto durante un concerto?
«No, ne ho sempre una di ricambio. E poi prima di un’ esibizione le ricarico bene».
Ha mai usato la sua sordità come alibi per non prestare attenzione a qualcuno?
«Sì certo. Non mi sforzo di sentire. Ma io rispetto a voi che sentite tutto ho un’ arma in più».
Quale?
«Spengo l’ impianto e non sento più niente. Mi basta un clic e sto nella pace degli angeli».
Lucia Esposito. Fonte: Liberoquotidiano.it