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La sordità. I genitori chiedono ai medici di essere più coinvolti nella cura
La sordità: I genitori chiedono ai medici di essere più coinvolti nella cura. “Noi, una risorsa poco utilizzata” I genitori chiedono ai medici di essere piu’ coinvolti nella cura.
Non solo screening: «Si fa un gran parlare di buone pratiche, di linee guida e di indicatori nazionali ma dimentichiamo sempre e comunque che uno degli anelli principali di questa catena è il genitore».
Nel convegno dell’Associazione Affrontiamo la sordità insieme, la voce di Massimo Simicich, papà di una bimba sorda e presidente dell’Associazione Elda (Essere liberi di ascoltare) di Trieste, si è levata alta e forte per rivendicare il ruolo centrale dei genitori e l’importanza di costruire un’alleanza famiglie-medici.
«Immaginiamo nel momento della diagnosi di essere seduti in un corridoio di ospedale e in quel momento si chiude una porta ha detto Simicich . Oltre quella porta c’è un mondo che va conosciuto e va vissuto assieme, dal medico e dai genitori. Come viene comunicata la sordità del bambino ai genitori e come la vivono? Nel momento della diagnosi ci dimentichiamo che nella testa del genitore scatta un senso di inadeguatezza nei confronti del proprio bambino. È naturale: in quel momento vedo mio figlio con altri occhi».
Il presidente di Elda ha ribadito la necessità di umanizzare il percorso della cura e il bisogno delle famiglie anche di «emozionarsi». «Se vogliamo aiutare questi bambini, ha sottolineato Simicich in primo luogo dobbiamo aiutare le loro famiglie a capire. Non dimentichiamoci che ogni famiglia vive un contesto diverso, in una situazione diversa, nasce e proviene da contesti diversi. Non siamo standardizzabili, non possiamo creare un programma per questo tipo di cose, le variabili sono troppe. Quindi ricordiamoci del termine individualità».
La famiglia come risorsa, dunque. «I centri audiologici ha sottolineato Massimo Simicich devono dotarsi di associazioni di famiglie e collaborare assieme, devono formare dei genitori che possano aiutare altre famiglie a proseguire in questo percorso». E le famiglie si organizzano anche in proprio. «Crediamo che l’approccio più importante sia l’intervento precoce centrato sulla famiglia spiega Gabriella Traisci , logopedista .
Per ristabilire un equilibrio tra genitori, tra genitori e bambino, si dovrebbero aiutare le famiglie a considerare il bambino nella sua individualità, renderle partecipi delle successive scelte protesiche e riabilitative più in armonia con le caratteristiche del bambino. Il ruolo più importante per la famiglia di un bambino sordo è di amare, di educare e comunicare con lui » Seguendo il documento “Principi e linee guida per i programmi di rilevazione e di intervento precoce delle sordità”, elaborato nel 2007 dal Joint Committee on Infant Hearing (Comitato scientifico degli Usa formato da audiologi, otorinolaringoiatri e pediatri) le famiglie hanno iniziato su base di volontariato delle esperienze di “parent training” presso il Centro impianti cocleari dell’ospedale Umberto I di Roma.
Si tratta di corsi con l’obiettivo di incentivare i genitori a diventare dei partner più reattivi nella comunicazione con il proprio bambino osservando, aspettando e ascoltando i tentativi comunicativi del bambino stesso. «Questi corsi richiedono una motivazione e un impegno da parte di entrambi i genitori sottolinea Gabriella Traisci . Anche il padre va coinvolto nel processo educativo del bambino sordo, proprio per non fare sentire di più il peso che già le mamme di per se hanno di sentirsi educatrici, quindi di condividere questo senso di responsabilità».
I risultati del corso sono stati misurati con la somministrazione di questionari, prima e dopo, attraverso il Parent Stress Index, che misura il livello complessivo di stress genitoriale. «Tra i genitori che hanno seguito il corso dice Traisci la difficoltà a relazionarsi con il bambino è scesa sensibilmente mentre è salita tra quanti non l’ hanno frequentato. Quindi, soprattutto nella fase subito dopo la diagnosi, è importante seguire in primo luogo la famiglia». (R. Co.)
Fonte: Il Corriere della Sera – nw103 (2014)
PER SAPERE DI PIU’
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