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Filotea di San Francesco di Sales. Il successo e l’entusiasmo
Filotea di San Francesco di Sales. Il successo e l’entusiasmo. Francesco affidò la pubblicazione dell’Introduzione alla Vita Devota a Pierre Rigaud di Lione. Costui ricevette il manoscritto nell’agosto del 1608, ma la stampa andò a rilento e il Privilegio del Re tardò ad arrivare (arrivò solo a novembre).
Questo spiega la datazione messa: 1609, sia che sia apparsa realmente in tale anno, sia che, come si usava fare allora dai librai per i libri che si stampavano a fine anno, Rigaud l’abbia post datata.
L’accoglienza fu straordinaria e lo smercio rapido, per cui Francesco, che aveva previsto un’eventuale seconda edizione, si vide obbligato a mantenere le sue promesse e ad apportarvi le aggiunte necessarie. Il suo amico, Mons. Fenouillet, vescovo di Montpellier, lo rimproverava di non “aver dato sufficiente corpo al volume”. Per cui fin dai primi mesi del 1609 lo vediamo all’opera e per facilitarsi il compito scrive alla Chantal:
“Portatemi tutte le lettere e gli appunti che io vi ho inviato, se li avete ancora; poiché se occorrerà ristampare l’Introduzione, questo mi faciliterà molto, trovandovi parecchie cose inerenti al tema. Non mi sono giunte correzioni riguardanti la sostanza, ma solo la critica che era poco esteso…”.
Questo libro ricevette un’accoglienza entusiasta che possiamo riassumere nelle parole dell’Arcivescovo di Vienne: “Monsignore, il libro che state pubblicando mi ha rapito, estasiato, riscaldato talmente che non ho né lingua né penna per esprimervi l’affetto che ho per voi, come riconoscenza per il grande e singolare servizio che rendete alla divina Bontà”.
E questi sentimenti di stima e di ammirazione continuarono a crescere col tempo.
“Gli scritti e le opere del santo erano in così grande stima che i librai non riuscivano a tenerne in quantità sufficiente per tutti quelli che ne facevano richiesta. E tra i tanti elogi che essi stessi facevano, c’era quello per cui non avevano mai visto un libro così utile come l’IVD (Introduzione alla Vita Devota) per la salvezza delle anime”.
La Chantal parla di questo libro come “di un libro dettato dallo Spirito Santo” e San Vincenzo de’ Paoli nel primo Regolamento per le Conferenze della Carità ne prescrive la lettura quotidiana di un capitolo.
E quando la gente vedeva Francesco esclamava: “Ecco il grande Francesco di Ginevra, che ha scritto l’Introduzione alla Vita Devota!”.
Lo stesso Francesco ripeteva alle persone da lui dirette spiritualmente: “Non solo per conservare i vostri propositi, ma per farli felicemente crescere, non avete bisogno di altri consigli se non quelli che ho dato a Filotea”.
La forma e lo stile della Filotea
Francesco possedeva solidità di dottrina e l’arte di esporre, di sviluppare il proprio pensiero ed entrare in rapporto intimo con il lettore, catturarlo, convincerlo ed emozionarlo.
Francesco volle che il suo libro fosse accessibile a tutti: per questo si sforzò di rendere il parlare attraente, ma anche persuasivo; si propose di fare appello ad ogni anima, allo scopo di renderle familiari i compiti della vita cristiana e di indicarle i mezzi precisi da usare.
Il primo carattere è l’universalità. All’epoca in cui apparve si era giunti al punto di considerare la pietà come appannaggio di un gruppo molto ristretto di persone: secondo l’opinione generale una vita pia non era possibile se non nel chiostro o bisognava, se la si voleva vivere nel mondo, rompere tutti i legami con la società e vivere un’esistenza a parte. Anche i riformatori Lutero e Calvino avevano messo in evidenza gli inconvenienti nel consigliare indistintamente la lettura della Scrittura a tutti i fedeli che non avrebbero saputo né apprezzarla né comprenderla. Il nostro Santo capì la difficoltà della situazione e seppe portarvi rimedio.
Grazie alla mediazione di questo Maestro così saggio, la Chiesa apriva a tutti i suoi figli le porte dell’ascetismo: il cenobita, il contemplativo attingerà d’ora in poi dalla Introduzione i consigli adatti a dirigere il suo volo verso le altezze della spiritualità, tanto come il cristiano che vive in mezzo al mondo vi troverà il segreto per armonizzare le esigenze della sua situazione con le massime della vita perfetta.
Occorreva ancora rendere la virtù attraente e questo compito era facile per il cuore così benevolo di Francesco, portato naturalmente a farsi tutto a tutti per guadagnare tutti. Forse questo è l’aspetto più importante: sarebbe stato inutile offrire ai cristiani un ideale di perfezione senza ispirare loro il desiderio di realizzarlo.
Troppo spesso la virtù veniva presentata nel suo aspetto ripugnante, che paralizzava la volontà. Occorreva elevare la volontà, riportarla ad un ideale vero, ma amabile e accessibile a tutti. Il talento del nostro Santo fu quello di presentare la virtù nei suoi colori naturali e di farla amare. La forza del suo libro proviene in gran parte dalla carità che ispira i suoi consigli. Non c’è più qui il polemista che lotta contro i suoi avversari per la fede, c’è il padre buono e affettuoso che istruisce i suoi figli nella pacifica atmosfera della casa domestica.
Nel suo insegnamento essenzialmente pratico Francesco non si limita a porre i principi; ne trae le conseguenze e ne fa le applicazioni particolari. Questo modo di procedere, mentre evita all’intelligenza del lettore di disperdere le sue forze, gli permette di concentrare le energie della sua volontà nella scelta del bene conosciuto, bene che questa volontà abbraccia e al quale si abbandona completamente. Allora la forma assume il tono della persuasione: sembra quasi di ascoltarlo e di vederlo rivolgersi alle anime privilegiate che aveva presenti mentre redigeva queste pagine.
Le qualità del suo stile
La chiarezza:
è costante e appare ancora più luminosa se si confronta questo libro con le opere ascetiche dei contemporanei o con i trattati sulla devozione. Per quanto riguarda l’esattezza delle definizioni e l’ordine perfetto che presiede alla distribuzione degli argomenti, quest’opera è superiore allo stesso Combattimento spirituale dello Scupoli.
La forza:
scrive Sainte Beuve: “Guardiamo il suo slancio interiore, il gettito della sorgente di una immaginazione viva, abbondante, e così ridente che sembra all’inizio infantile”.
Aggiunge M. de Sacy: “Il Santo è un eccellente scrittore; non ha solo la chiarezza e la naturalezza, ma anche l’abbondanza, la ricchezza dell’espressione; ci sono dei giri pungenti, delle frasi vive, dei tratti che stupiscono. Ci si meraviglia di trovare in mezzo a questo stile fiorito, che si snoda e si sviluppa a suo piacere, delle frasi alla Seneca, tagliate e lanciate come frecce”.
L’effetto è la potenza degli argomenti, il vigore delle deduzioni, la bellezza delle immagini. E poi il gusto dell’ironia, che non è più come nelle Controversie una spada abilmente usata contro i suoi avversari, ma un modo per stigmatizzare “il mondo e i mondani”, così solleciti a “guarire i devoti dalla ipocondria e dalla itterizia”.
Altre volte questa spada attacca l’avaro, altre volte le pretenziose aspirazioni di coloro che “vorrebbero volare prima di avere le ali”, essere degli angeli quando non sono neppure uomini buoni!
Ma la forza del ragionamento del Santo è soprattutto apprezzabile per il risultato dei suoi insegnamenti: gli ostacoli si appianano, la pratica della virtù è meno ardua, la vittoria su se stessi più assicurata.
Scrive il Card. Wiseman: “Non poteva allargare la via stretta del Vangelo, ma l’ha ripulita delle spine, ha tolto dal sentiero le pietre grosse che lo ingombravano. Ha gettato ponticelli su profondi abissi e quanti dedali e labirinti scuri sono stati illuminati dalla sua fiamma! Non ha reso la meditazione più facile, la preghiera più confidente, la confessione meno faticosa, la comunione più fruttuosa?…”.
Le immagini:
non sono inserite senza gusto e come per caso. Esse nascono dall’argomento stesso e il modo così grazioso e naturale con cui si presentano ne fanno il fascino principale. Non si trovano dove il ragionamento non lo richiede. E tuttavia l’Introduzione resta di una semplicità notevole per l’epoca in cui fu scritta.
La cordialità:
è la tinta dominante le pagine dell’Introduzione. Esse sono inzuppate di ­ tenerezza e di soavità, “il cuore parla al cuore”. L’autore vi espande il suo animo amante e per la dolce tirannia dell’amore esige dal suo lettore un ritorno di affetto.
Vuole che non solo Filotea obbedisca ai suoi consigli, ma chiunque sia affezionato a seguire il suo consiglio. Questa tenerezza non è ispirata da motivi profani; è il fuoco della carità che anima lo scrittore e dona al suo libro un fascino sovrannaturale e irresistibile.
Questa divina fiamma si sprigiona con maggior veemenza nelle cinque Considerazioni dell’ultima parte, che riassumono tutto l’insegnamento dell’autore.
La musica in note è l’Introduzione e la musica cantata è la vita di Francesco!
Gianni Ghiglione – 024re – 2013
PER SAPERE DI PIU’
San Francesco di Sales – Patrono dei Sordi
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«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it.
“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini