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Principali basiliari per la pastorale dei Sordi. Consigli ai Parroci
Principi basiliari per la pastorale dei Sordi. Consigli ai Parroci tradizionali che si occupano dei sordi sono legate ai tempi storici e ormai è tempo di aprirsi al territorio. A mio parere non si può seguire in maniera drastica la politica dei cosiddetti «ponti tagliati» alle spalle. Vedi l’integrazione, o meglio l’inserimento dei sordi nelle scuole normali. Spesso tale inserimento difficilmente si trasforma in integrazione, per cui il sordo invece di guadagnarci, ci rimette; così avviene anche nella Chiesa. È vero che sono finiti i tempi delle deleghe. Molte deleghe erano nel passato date alle istituzioni religiose, oggi è la Chiesa tutta che si deve far carico di tante cose, attraverso le sue istituzioni (diocesi, parrocchie…).
Il principio dell’inserimento è validissimo, la pratica è tutt’altra cosa (anche la scarsa presenza delle diocesi a questo Convegno e a quelli organizzati dal Settore Disabili della CEI ce lo dimostra). Nel frattempo le istituzioni tradizionali che si occupavano dei sordi si sono aperte all’esterno e stanno lavorando per dare una mano dove è necessario al di fuori delle istituzioni stesse. Purtroppo però molti sordi se non sono aiutati dai «loro missionari» e dai gruppi specializzati, raramente trovano accoglienza nelle parrocchie.
Sarebbe bello che ogni parrocchia potesse accogliere i non udenti che sono nel suo territorio. Io tuttavia mi accontenterei che ogni città avesse un punto di riferimento. Attualmente sono pochissime le diocesi che hanno questi punti di riferimento. Ciò che si sta facendo dal Settore Disabili dell’UCN va potenziato e migliorato.
Non ci siamo accorti, noi cattolici, che stiamo perdendo terreno e che i Testimoni di Geova conquistando nel mondo dei sordi?! Un gran numero di sordi infatti è passato ai Testimoni di Geova. Perché?
Perché nella Chiesa Cattolica essi non si sentono accolti e curati. E molte volte sono addirittura scoraggiati ad andare nelle istituzioni specifiche. Evidentemente dobbiamo riflettere. Le diocesi si devono attrezzare, si devono aprire e rendere conto che la Chiesa non è fatta soltanto di persone che stanno bene e sono sane, ma anche di tante altre persone (quegli “ultimi”, prediletti dal Signore).
Un altro punto che vorrei sottolineare, questo: non è sufficiente accogliere i cosiddetti sordi, specialmente i sordi gravi nelle parrocchie, se prima o contemporaneamente non sono istruiti, non sono messi in grado di conoscere Cristo, di amare Cristo, anche attraverso un percorso di catechesi. Io che spesso vado nelle comunità ecclesiali vedo sempre più sordi anziani e sempre meno giovani che frequentano gli incontri di spiritualità.
La maggior parte dei giovani sordi che frequentano le scuole normali rimangono senza la conoscenza del Vangelo e quindi lontani da Gesù, dalla Chiesa e dalle nostre comunità. Quindi dobbiamo dare maggior visibilità a questa nostra attenzione e visibilità anche alla catechesi rivolta alle persone disabili.
Uno dei punti essenziali è questo: poiché c’è scarsa partecipazione di diocesi-parrocchie a questi Corsi nazionali, dobbiamo andare noi da loro.
Ad esempio, io vado per alcuni giorni a fare formazione sulla sordità nei seminari:
• Dapprima parlo della sordità e di tutte le sue complicazioni e conseguenze.
• Porto un gruppo di persone sorde, facendo prendere contatto ai seminaristi con la realtà della sordità.
• Facciamo esperienza della celebrazione eucaristica comune (sordi e udenti) con la modalità bilingue.
I seminaristi, una volta ordinati, quando tornano in parrocchia hanno l’idea di che cos’è la sordità e come possono fare qualche cosa anche per l’accoglienza di un non udente.
Questo è molto importante perché, quando io vado ad incontrare i sordi, magari a confessarli, essi in genere mi dicono: «Io non vado a Messa, cosa vado a fare se non capisco nulla? Il prete canta, parla, non finisce più e io che sto a fare?».
Evidentemente qualcosa di più bisognerà fare per favorire la partecipazione dei sordi alla vita della comunità ecclesiale. Il fides ex auditu di S. Paolo è ancora duro ad essere rettamente interpretato.
Come nel passato, il sordo non ha possibilità di un accesso pratico alla fede: non ascolta la predica, non può sentire (il Talmud diceva: «Se ne stia a casa sua perché non venga a dar fastidio nelle riunioni ebraiche»).
Ma oggi dovremmo capire che l’ascolto è soprattutto quello che viene dal cuore.
In tanti modi possiamo supplire alla mancanza di udito.
Ecco alcune indicazioni essenziali per comunicare con i sordi.
Parlo di quelli gravi, perché la comunicazione con gli audiolesi che sfruttano una efficiente protesi acustica è più semplice.
Con quelli invece che nonostante le protesi acustiche non recuperano, occorrono alcuni accorgimenti. Intanto bisogna ricordare che il sordo non sente noi e non sente nemmeno se stesso. Molti sordi ti possono capire leggendo il movimento delle tue labbra, però tu non gli devi parlare se lui non ti guarda. Se necessario, devi attirare la sua attenzione con un gesto prima di cominciare a parlare.
In una riunione, una conferenza, in Chiesa, fa’ in modo che il sordo sia messo in un posto adatto, ben collocato in una posizione giusta per lui. Messo nelle prime file ma non nella «primissima» fila, per non isolarlo dalla comunità, dalla classe.
Cerca di metterti di fronte a lui in modo da presentare il tuo viso in piena luce. Se mi metto con le spalle alla luce della finestra il sordo non mi vede bene e non mi capisce. Se invece il mio viso è bene illuminato, lui vede tranquillamente la faccia, mi vede le labbra e la lingua e riesce a capire. Chiaramente, se parlo a una persona sorda, non debbo tenere in bocca la sigaretta o altro, ne coprire la bocca con la mano.
Se parli con un bambino cerca di metterti alla sua stessa altezza, perché lui possa vedere meglio la tua bocca. Cerca di articolare bene le parole, senza esagerare, senza gridare, parla un po’ più lentamente. Il sordo che porta la protesi non è come un udente, non è come noi. La protesi non fa i miracoli promessi dalla propaganda. La comprensione del linguaggio esige una lunga e difficile educazione. La protesi acustica aiuta il sordo fornendogli dei buoni riferimenti, ma la lettura labiale resta un complemento necessario.
Protesi acustica, lettura labiale e quei segni che noi conosciamo (quel nostro gestire «mediterraneo» un poco enfatizzato).
Seguire una conversazione per il sordo rappresenta sempre un grosso sforzo, una grande difficoltà. Allora, se parli con lui, cerca di inquadrare bene l’oggetto del discorso. Nelle Chiese è molto bello quando viene esposto il poster-sintesi del Vangelo della domenica.
Il sordo, entrando in Chiesa, già ha l’idea di che brano di Vangelo viene letto. Poi, parlando con lui, puoi dire: parliamo di «oggi», del «tuo lavoro», del «Vangelo». Per un sordo è ancora più difficile seguire una conversazione di gruppo: si stanca facilmente e può aver bisogno dell’interprete.
Il sordo che capisce attraverso la lettura labiale può stare attento per mezz’ora, un’ora al massimo, poi ha un calo di attenzione.
Talvolta può accadere che il sordo non abbia la comprensione di tutto il vocabolario, che non conosca tutti i modi di dire e perciò non riconosce tutte le parole e il significato di una frase, perché la sordità comporta la mancanza dello sviluppo del linguaggio.
Molte volte ho notato che ci sono persone che parlano tantissimo (dicono «molte» parole) con i sordi, ma senza comunicare il messaggio che vogliono trasmettere. Spesso il sordo non ha il coraggio di dire a chi parla a lui che «non ha capito». Chi ha parlato crede di aver trasmesso chissà quante cose (ad esempio, nella preparazione ai sacramenti) ed invece non ha comunicato proprio niente.
Ecco allora la necessità di verificare se quello che abbiamo trasmesso è giunto alla comprensione del destinatario o no. Sarà opportuno, parlando ai sordi, usare frasi brevi e frequenti punti. Se si parla con l’espressione complicata della lettera di S. Paolo delle Lodi di questa mattina (Ef 2,13-16), il sordo non potrà mai capire.
Tante volte i testi vanno riveduti, corretti e semplificati per quanto è possibile, comunità parrocchiale permettendo. Anche la CEI sta predisponendo nuove traduzioni della Bibbia in lingua corrente.
Non parlare in modo confuso e soprattutto non parlare in dialetto. Il sordo a scuola ha imparato l’italiano e se nel suo parlare ci sono inflessioni dialettali vuoi dire che ha buoni residui uditivi, non è un vero sordo.
Se non ti capisce cerca di ripetere, ripetere senza stancarti e, se necessario, devi cercare un’altra parola, un altro sinonimo, magari un altro giro di frase per poterti fare capire. Se necessario, devi aiutare la conversazione con i gesti e, quando non c’è alternativa, prendi carta e penna e scrivi.
Concludendo, ricordo che la persona sorda si trova facilmente isolata tra gli udenti e può avere l’impressione di essere rifiutata.
Dimostriamole il contrario e facciamo posto anche a lei nelle nostre comunità. Ricordiamoci che il bene e l’amore sono cose che anche i ciechi vedono e i sordi capiscono.
DIECI SUGGERIMENTI PER PARLARE CON LE PERSONE SORDE
Non dimenticare: il sordo non ti sente e non sente se stesso.
1 – Molti sordi ti comprendono soprattutto leggendo le parole sulle tue labbra, perciò non gli parlare se non ti guarda. Se necessario, attira la sua attenzione con un gesto prima di parlare
2 – In una riunione, in una conferenza, in una celebrazione, fa’ che il sordo sia ben posizionato. In classe, il bambino sordo, come pure in chiesa un adulto, che non sente bene, deve trovar posto nelle prime file. Meglio ancora se in una posizione che gli permetta di essere vicino alla persona che parla e di vedere contemporaneamente le altre persone.
3 – Mettiti di fronte a lui e in modo da presentare il tuo viso in piena luce. Non tenere in bocca la sigaretta o altro non coprire la bocca con la mano o con il microfono. Meglio se ti metti alla sua altezza, specialmente quando parli con un bambino.
4 – Articola bene le parole, senza esagerare, senza gridare. Parla un tantino più lentamente.
5 – Un sordo che porta una protesi acustica non è «come» un udente. La protesi non fa miracoli. La comprensione del linguaggio esige una lunga e difficile rieducazione, anche per chi porta l’impianto cocleare. La protesi aiuta il sordo fornendogli dei buoni «riferimenti», ma la lettura labiale resta sempre un complemento necessario.
6 – Per il sordo seguire una conversazione rappresenta sempre un grosso sforzo. Inquadra brevemente l’oggetto del discorso per orientare il tuo interlocutore: per esempio: «domani», «il tuo bambino», «il lavoro», «la messa», «lo sport»
7 – La persona sorda, senza interprete o ripetitore labiale, segue difficilmente una conversazione di gruppo. Si stanca facilmente. Spesso manca di vocabolario, non riconosce tutte le parole, non conosce tutti i modi di dire
8 – Usa frasi brevi, corrette, semplici e possibilmente in forma diretta.
9 – Non parlare in modo confuso o in dialetto. Se non ti capisce, ripeti. Se occorre cerca un’altra parola che abbia pressappoco lo stesso significato. Riformula una nuova frase simile. Se necessario, aiuta la conversazione con la mimica naturale, con qualche gesto, con una parola scritta.
10 – La persona che non sente si sente facilmente isolata tra gli udenti e troppo spesso ha l’impressione di essere ignorata o «rifiutata». Pensaci, e se la incontri, dedicale un po’ d’ attenzione. Fa in modo che prenda parte alla vita informandola su ciò che avviene e si dice.
Se puoi, impara gli elementi comunicazione con i sordi. Imparando la Lingua dei Segni Italiana, la LIS, potresti diventare amico delle persone sorde, magari interprete e, perché no, diventare un operatore pastorale dei non udenti.
P Vincenzo Di Blasio PMS .
Efesini 2,13-16
13 Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.
14 Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia,
15 annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace,
16 e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.