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Alfabeto manuale (Dattilologia). Prologo di Giovan Paolo Bonet
Prologo
Giovan Paolo Bonet
Il tempo scopritore di cose nuove e delle antiche scoperte descrittore, dopo averle sperimentate e perfezionate, in varie epoche si è servito di uomini eminenti per mettere alla luce quelle invenzioni tanto belle e varie, che vengono ritenute oggi come necessarie alla vita, e che l’uso e le arti hanno confermato coll’esperienza, rendendole di dominio comune.
In tal modo si può dire che esse sono entrate a far parte della natura secondandola e correggendola in quello che i suoi primitivi elementi hanno d’imperfetto; di maniera che alcune delle opere rozze ed informi nella loro origine, hanno potuto cogli sforzi del lavoro essere perfezionate. Presso gli antichi gl’inventori di qualche arte erano l’oggetto di eccezionali favori.
Quelli che avevano arricchito l’umanità di qualche utile scoperta conservavano della loro invenzione ed oltre ad essere ricolmati di onori regali in vita, venivano adorati dopo la morte come Dei.
I vantaggi, dei quali avevano goduto in vita, non solo venivano continuati ai loro discendenti, come ricompensa per il bene che avevano fatto, ma specialmente per dimostrare che i sentimenti di riconoscenza non venivano a meno. Ad onta dei tentativi fatti per eccitare l’ambizione e il desiderio di gloria,e malgrado la necessità, che sempre cresceva, di scoprire dei rimedi ai difetti naturali che alcuni portavano dalla nascita, ve ne sono stati di quelli che sono stati trascurati, specialmente quelli che impediscono le manifestazioni dell’anima ragionevole, come il mutismo. In questo modo i muti sono considerati come esseri di razza inferiore, per la difficoltà delle loro comunicazioni cogli altri uomini; sembra di vedere in loro parti disgraziati della natura, degni di commiserazione, parvenze umane.
Per trovare quindi un rimedio possibile, i sapienti dell’antichità e i filosofi moderni, scrupolosissimi sperimentatori della natura e dei suoi meravigliosi effetti, i quali sacrificarono tanto tempo e tante fatiche per trovare rimedi adatti a ciascuno dei nostri membri difettosi, non hanno cercato giammai o almeno non hanno mai trovato, rimedio a questa infermità, che può essere guarita con industriose e scientifiche cure e per mezzo di un’ arte tanto certa e reale che si può facilmente dimostrare e discutere, e tanto completa, che permette non solamente d’insegnare al muto la parola, ma anche la scrittura, il calcolo e tutte quelle cognizioni che posso acquisire coloro, i quali nacquero senza difetto. Il muto esprimerà i suoi pensieri in una maniera così chiara ed intelligibile da non accorgersi che è privo dell’udito, solo che gli si diriga la parola per mezzo della scrittura e dell’alfabeto manuale (Dattilologia).
Per giungere a questo risultato si deve far conoscere al muto il valore delle nostre lettere, che io ho ridotto ai loro elementi e renderlo abile a riprodurle, e ciò non per mezzo di geroglifici o di procedimenti misteriosi, ma con un metodo scientifico, come si fa con quelli che odono e parlano, senza sforzare con modi violenti la voce, senza tormentare l’organo vocale. Quest’arte è semplice e facile, talché chiunque può apprenderla, ed è perciò che ho procurato di spiegarla più chiaramente che ho potuto,per renderla più accessibile e farne profittare al maggior numero di persone. Ed anche per gli stranieri questo libro potrà essere utile, col tradurlo perché la mutolezza essendo un infermità comune a tutti i popoli, il rimedio potrà essere il medesimo.
Quello che mi ha indotto ad intraprendere questo lavoro è stata la devozione che provo per la famiglia del Conestabile, mio signore e le obbligazioni che ad esso mi legano. Uno dei fratelli di Sua Eccellenza essendo stato colpito da questa infermità, non però dalla nascita, ma all’età di due anni, non ho potuto resistere al dolore della madre, la Duchessa, la quale aveva fatto ricorso a tutti i mezzi possibili per trovare un rimedio al difetto d’udito, indirizzandosi a non poche persone, non badando a spese, per non abbandonare alla sua triste sfortuna un tanto nobile signore.
E siccome, è raro il caso di non raggiungere uno scopo, che con tutte le forze si cerca di conseguire, da fedele e riconoscente servitore di questa illustre famiglia, mi detti con ardore ad investigare attentamente la natura del difetto e delle sue conseguenze. Così mi formai la convinzione che un senso o una facoltà difettosa nell’uomo, vengono compensati da altri sensi e da altre facoltà, e seguendo questo concetto, meditai e sperimentai la natura sotto tutti gli aspetti, procurando di spiegare colla ragione quanto dalla ragione mi veniva suggerito, salvando la muraglia che non si può né aprire né prendere d’assalto. Finalmente potei scoprire una via stretta e segreta ad una estremità larga e comoda all’altra.
Partii da questo principio; che i suoni, dei quali ci serviamo, sono talmente semplici, che basta nominarli per farli comprendere, e che d’altra parte, la natura ha dotato d’intelligenza anche il muto, al quale ha inoltre dato una grande potenza di attenzione per supplire al difetto d’udito.
Per questo motivo e per dar prova dei vantaggi che attribuisco alla semplicità delle lettere, ho dovuto cominciare a trattare questa quistione nella prima parte della mia opera. Questa trattazione era necessaria, in quanto che si vedrà dalla medesima che, salvo il caso speciale del muto, si può insegnare ai fanciulli a leggere in dieci o dodici giorni.
A tale oggetto ho fatto delle ricerche per conoscere il nome dato alle lettere dai primi loro inventori, e le ragioni che li avevano guidati nella loro ingegnosa invenzione, la quale dall’eminente storico Giovanni de Barros è ritenuta talmente meravigliosa, che, in un trasporto di ammirazione, la chiama una rivelazione divina, anziché una scoperta della intelligenza umana. Con maggiore ragione avrebbe potuto dir questo se egli avesse potuto vedere i risultati conseguiti in quest’opera!.
Esso avrebbe potuto più esattamente apprezzare l’ingegnoso artifizio non dalle lettere in generale, ma sibbene dalle latine in particolare, perché soltanto queste sono quelle che meritano propriamente d’essere chiamate lettere. La loro superiorità è tale che, per mezzo dei risultati, mi propongo di dimostrare che, non esistono altre lettere, alle quali si possa applicare il titolo di lettere naturali, e la natura stessa mi aiuterà a provare la verità della mia asserzione, poiché per mezzo di esse il muto giunge a parlar, mentre non può farlo con le altre lettere, che egli non arriva a comprendere
per essere complicate ed imperfette.
Alla fine dei quest’opera si trovano alcune osservazioni riguardanti tale materia, e che sono singolar modo interessanti per la loro novità.
Dipoi viene esposta la materia d ‘insegnare le cifre e di imparare a leggere
La lingua greca come la nostra (1) in otto giorni.
Seguono lunghe spiegazioni tendenti a far conoscere i rapporti che esistono tra le lettere di queste due lingue.
Il compito dell’inventore è assai difficile ed anche più grande è la difficoltà di ridurre alla pratica le cose trovate.
Perciò se nel corso della mia trattazione mi accadesse talvolta di non conformarmi esattamente alle regole che ho fissato, non delbasi dire per questo che le mie regole non siano esatte, poiché quello che ho procurato di raggiungere è la concisione e la brevità e non abbandonarmi alla prolissità, sebbene la materia che ho tra mano, sia suscettibile di uno svolgimento tale da richiedere grossi volumi, essendo tanto vasta, che potrebbe trar profitto da una infinità di argomenti.
Da parte mia mi ritengo soddisfatto se,come spero si giudicherà che io abbia fatto cosa utile pubblicando quest’opera, lasciando alle persone più capaci di me il compito di esaminarla, di correggerla, in una parola di renderla più completa e più chiara, dandole quello sviluppo e facendole quelle aggiunte che verranno giudicate necessarie.
Offro quest’opera alla mia patria, la Spagna, specialmente all’Aragona, mio luogo natio, desiderando che serva all’interesse di tutti; e se qualcuno dei miei lettori apporterà al mio lavoro qualche perfezionamento gliene sarò oltremodo grato. E sebbene si dica che è impresa molto facile aggiungere qualche cosa a ciò che è stato inventato da altri, da parte mia riterrò l’azione non meno meritevole di riconoscenza.
Giovan Paolo Bonet. nw90 (a cura di Maria Gennaioli)
(1) Lingua spagnola
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