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Riconoscimento della Lis: é ancora in corso dell’esito legislativo…

Riconoscimento della Lis: dopo tante battaglie è ancora un miraggio

Torniamo ad occuparci di un argomento che ci è caro: la battaglia delle persone sorde per il riconoscimento della Lis (Lingua dei Segni Italiana) come lingua ufficiale dello Stato. Il 26 e 27 maggio scorso, davanti a Montecitorio, si è tenuta una grande mobilitazione di piazza, organizzata dal movimento Lis Subito e volta ad ottenere l’approvazione del Disegno di Legge 4207 “Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva e riconoscimento della lingua dei segni italiana” (titolo altisonante che però rischia di tradursi in un buco nell’acqua). Sono passati ben cinque mesi dalla manifestazione. Purtroppo non è cambiato nulla.

L’approvazione dell’agognato ddl è ancora un miraggio. Dopo aver ricevuto il via libera dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, la proposta è rimbalzata alla Camera, dove, a quanto pare, è rimasta inchiodata. E il clima ideologico tutt’altro che sereno creatosi negli ultimi tempi non ha certo migliorato la situazione. Infatti è in corso un aspro dibattito intorno alla Lingua dei Segni. Qualcuno (soprattutto tra le associazioni di familiari di bambini sordi) vi vede un pericolo per i più piccoli, che, disincentivati a imparare la lingua parlata, finirebbero per trovarsi in una condizione di isolamento. Il movimento Lis Subito però non si arrende: prosegue la sua battaglia, rispondendo ai detrattori con argomentazioni scientifiche e sociali.

In realtà – fanno notare gli esponenti del gruppo – non è corretto considerare la Lis in opposizione al parlato, ma, anzi, le due lingue (entrambe dotate di una compiuta forma grammaticale) possono benissimo integrarsi. “Nel nostro essere bilingui – si legge in un comunicato di Lis Subito – vediamo  una grande ricchezza che ci piacerebbe poter condividere con gli altri. Non ci opponiamo all’impianto cocleare, né mai abbiamo proposto la Lis in sostituzione alla lingua parlata. Al contrario: crediamo che, come succede per le altre lingue, imparare la Lis favorisca la maturazione cognitiva dei bambini e quindi aiuti anche a imparare meglio l’italiano parlato. La Lis non ci rende, come si diceva un tempo, sordomuti: è una lingua, una vera lingua. Segnare, come parlare, ci fa sentire persone normali, pienamente realizzate e integrate”.

Sarà colpa dei contrasti interni o forse della ‘sordità intellettuale’ che affligge molte istituzioni pubbliche (una patologia endemica nel nostro Paese), fatto sta che il riconoscimento della Lingua dei Segni a livello nazionale è ancora in alto mare e purtroppo (viste le lentezze della politica italica) è difficile immaginare una risoluzione in tempi brevi . Ecco perché il movimento Lis Subito non si stanca di ripetere il suo appello: “Lo Stato dovrebbe riconoscere la Lis in ottemperanza alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità. Per noi, si tratterebbe soprattutto di un enorme passo avanti per la nostra dignità e per la nostra libertà”.

Info www.lissubito.com


Camera dei Deputati XII^ Commissione Affari Sociali
Giovedì 27 ottobre 2011. — Presidenza del vicepresidente Gero GRASSI. La seduta comincia alle 12.50.
Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva.
Nuovo testo C. 4207 approvato, in un testo unificato, dalla 1a Commissione permanente del Senato, C. 286 Sereni, C. 351 De Poli, C. 941 D’Ippolito Vitale, C. 1088 Romano, C. 2342 Lorenzin, C. 2528 Rampelli, C. 2734 Carlucci, C. 3490 Miglioli e petizione n. 1239. (Seguito dell’esame e rinvio).
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, il 28 settembre 2011.
Gero GRASSI, presidente, avverte che non hanno ancora espresso il parere di competenza in sede consultiva le Commissioni V e VII.
Rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.


Obblighi, diritti, priorità e scelte verso la normalità

Il vessillo ideologico innalzato con la pdl C. 4207 , lontano dal nascondere gli interessi inconfessabili dei sostenitori della LIS (Lingua italiana dei segni), rimette in discussione conquiste e dichiarazioni universali ormai ritenute principi fondanti per la nostra civiltà .

È difficile oggi negare che la parola (verso composito di suoni e fonemi naturali per l’uomo) non sia un bisogno naturale e, quindi, un diritto umano determinante perché consente una condizione essenziale della socialità umana.

Siamo in presenza di un diritto affermato dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e il suo soddisfacimento non negoziabile costituisce un obbligo per tutti: uomini, donne, famiglie, scuola e gli stessi Stati.

È dovere degli Stati, infatti, promuovere, assicurare e garantire il soddisfacimento di questo bisogno insopprimibile, garantendo prioritariamente l’abilitazione umana alla parola . Lo strumento pratico per il perseguimento dell’obbligo è rappresentato dal diritto costituzionale alla salute (diagnosi precoce, protesizzazione e/o impianto cocleare, abilitazione logopedia, educazione all’espressione).

Lo Stato deve quindi organizzare servizi e prestazioni appropriate, per assicurare il perseguimento della condizione personale comunicativa “costruendo” la normale cittadinanza.
Non esistono su questo punto scelte , se non quella di negare un diritto naturale a favore di altre modalità comunque parziali e differenzianti fra uomini e donne.

Da qui nasce l’obbligo di organizzare i servizi per rendere esigibile il diritto alla parola attraverso una rete nazionale, diffusa in tutto il territorio, di prestazioni che vedano come attori protagonisti il medico, il logopedista, il familiare e l’educatore.

La sequenza non è casuale. Infatti, solo nel caso che sanitariamente sia dimostrata l’impossibilità ad acquisire l’abilità verbale, lo Stato deve rendere fruibili le modalità sostitutive che consentano la comunicazione e la conseguente opportunità di relazione e inclusione.

Anche su questo punto non vi è libertà di scelta perché si è in presenza di una decisione necessitata, affidata all’operatore sanitario deputato per il ricorso ad altre metodiche comunicative.

L’adozione di questa “soluzione necessitata” quale il ricorso alla  comunicazione gestuale è una metodica ristretta ad una piccola casistica e non può sopraffare la restante schiacciante maggioranza che può ricorrere all’uso della normale espressione verbale.

Prioritariamente lo Stato deve quindi erogare prestazioni per abilitare alla parola e mettere a disposizione in caso di impossibilità per  problemi cognitivi e/o motori associati alla sordità soluzioni condivise quali il linguaggio mimico gestuale, la video descrizione o altre soluzioni fornite dalla tecnologia.

Fra queste metodiche, temporalmente successive al diritto alla salute, può essere effettuata la libera scelta a condizione che non rimettano in discussione la costruzione dell’identità e della “normalità quotidiana”. Cioè i presupposti per il rispetto della dignità personale.

Uno Stato coerente deve quindi investire in salute e perseguire l’identità nazionale attraverso l’adozione di un’ unica lingua uguale per tutti. Se la lingua (codice convenzionale costituito da suoni, fonemi e significati condivisi), non costituisce identità ma, al contrario, produce lo stigma come nel caso della LIS, allora si deve convenire che si è non nel campo della libera scelta ma nel campo della discriminazione (Convenzione sui diritti delle persone con disabilità).

Ma se il “riconoscimento” della LIS, previsto dal pdl 4207, produce disuguaglianza, stigma, negazione umana, emarginazione, ghettizzazione e ulteriori inutili spese, perché elevare a rango di lingua, una gestualità che segna irrimediabilmente la persona umana?

Perché investire tante risorse finanziarie nel diritto alla salute per poi ripiegare, in modo lesionistico e dissipatorio sul linguaggio dei segni?

No. È bene abbandonare ogni velleità ingiustificata di stigmatizzazione, per operare proficuamente alla costruzione di cittadini orgogliosi di essere semplicemente italiani, perché gustino il sapore dell’uguaglianza e dell’italianità.

Cestinate quel disegno di legge! Avrete onorato la cultura dei diritti umani.

Alfio Desogus. Presidente RP Sardegna  per il Comitato Nazionale Genitori Disabili Uditivi
Mercoledì, 2 novembre 2011
Fonte: politicamentecorretto.com

1) Lingua o linguaggio, questo è il problema
di Chiara Bonasso – 04.11.2011

In seguito alle numerose polemiche destate dalla proposta di Legge C. 4207 sul riconoscimento della Lingua Italiana dei Segni (LIS), West ha contattato la Dott.ssa Cristina Caselli, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, per fare chiarezza su un tema tanto controverso quanto delicato.

1) In che modo l’approvazione del disegno di legge C. 4207, senza ulteriori modifiche, rischia di ledere i diritti delle persone sorde?
La proposta normativa nasceva dall’esigenza di recepire i principi della Convenzione adottata dalle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 − e ratificata dal nostro Paese con legge 3 marzo 2009, n. 18 − la quale, in molteplici disposizioni, accorda tutela e promuove le lingue dei segni sulla base del riconoscimento della specifica identità culturale e linguistica delle persone sorde. La ratifica e il conseguente recepimento nel nostro ordinamento della Convenzione ONU e dei diritti in essa garantiti – compreso quello relativo al riconoscimento della lingua dei segni – avrebbero dovuto, pertanto, essere più che sufficienti per attribuire un valido fondamento giuridico all’approvazione, nel testo trasmesso dal Senato il 23/3/2011.
Nel corso del dibattito nella Commissione Affari sociali della Camera, il testo è stato notevolmente modificato, dando eccessivo spazio agli aspetti medici e riabilitativi (pur importantissimi) e considerando la lingua dei segni come una “tecnica” di supporto alla comunicazione, piuttosto che una lingua storico naturale a tutti gli effetti, espressione della capacità linguistica propriamente umana, che come tale va studiata e rispettata, insieme alla particolare comunità di persone che la usa.
Nel caso tale norma dovesse essere approvata dalle due Camere, le persone sorde verrebbero fortemente penalizzate da questa interpretazione antiquata e riduttiva della LIS, in quanto risulterebbe messo in discussione il suo valore cognitivo, comunicativo, sociale e culturale. Come scrive Rino Falcone, Direttore dell’istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, “Una Lingua è infatti grado di modulare e rappresentare i fattori psicologici alla base della comunicazione e della stessa cognizione. E’ anche attraverso una lingua che idee, emozioni, sensazioni e sentimenti assumono lo spessore della condivisione”.

2) Secondo lei, quali emendamenti potrebbero essere proposti per far sì che la legge soddisfi le esigenze di chi usa la Lingua Italiana dei Segni come unico veicolo per esprimersi?
La lingua dei segni non è mai stata l’unico veicolo di espressione delle persone sorde, né c’è mai stata una richiesta in questo senso. Tutti i sordi che conoscono ed usano la lingua dei segni sono bilingui e conoscono anche l’italiano parlato e scritto. Come nel caso del bilinguismo fra due lingue vocali, i livelli di competenza in ciascuna delle due lingue dipendono da molteplici fattori quali, ad esempio: l’età in cui le lingue vengono apprese, la frequenza e i contesti in cui sono utilizzate.
Partendo da queste considerazioni, l’emendamento, a mio avviso più importante, sarebbe permettere alle persone sorde o ai genitori di bambini non udenti di scegliere la strada del bilinguismo italiano/LIS e che la legge, oltre a riconoscere la LIS, ne promuova l’acquisizione e l’uso, accanto (e mai in alternativa) a quello della lingua orale e scritta. Inoltre, sul piano scientifico, è indispensabile che il governo italiano promuova la ricerca relativa alla sordità, alla LIS e al suo uso, in ambito linguistico, sanitario, psicologico, educativo e sociale.

di Chiara Bonasso – 04.11.2011  In seguito alle numerose polemiche destate dalla proposta di Legge C. 4207 sul riconoscimento della Lingua Italiana dei Segni (LIS), West ha contattato la Dott.ssa Cristina Caselli, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, per fare chiarezza su un tema tanto controverso quanto delicato.La proposta normativa nasceva dall’esigenza di recepire i principi della Convenzione adottata dalle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 − e ratificata dal nostro Paese con legge 3 marzo 2009, n. 18 − la quale, in molteplici disposizioni, accorda tutela e promuove le lingue dei segni sulla base del riconoscimento della specifica identità culturale e linguistica delle persone sorde. La ratifica e il conseguente recepimento nel nostro ordinamento della Convenzione ONU e dei diritti in essa garantiti – compreso quello relativo al riconoscimento della lingua dei segni – avrebbero dovuto, pertanto, essere più che sufficienti per attribuire un valido fondamento giuridico all’approvazione, nel testo trasmesso dal Senato il 23/3/2011.Nel corso del dibattito nella Commissione Affari sociali della Camera, il testo è stato notevolmente modificato, dando eccessivo spazio agli aspetti medici e riabilitativi (pur importantissimi) e considerando la lingua dei segni come una “tecnica” di supporto alla comunicazione, piuttosto che una lingua storico naturale a tutti gli effetti, espressione della capacità linguistica propriamente umana, che come tale va studiata e rispettata, insieme alla particolare comunità di persone che la usa.Nel caso tale norma dovesse essere approvata dalle due Camere, le persone sorde verrebbero fortemente penalizzate da questa interpretazione antiquata e riduttiva della LIS, in quanto risulterebbe messo in discussione il suo valore cognitivo, comunicativo, sociale e culturale. Come scrive Rino Falcone, Direttore dell’istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, “Una Lingua è infatti grado di modulare e rappresentare i fattori psicologici alla base della comunicazione e della stessa cognizione. E’ anche attraverso una lingua che idee, emozioni, sensazioni e sentimenti assumono lo spessore della condivisione”.La lingua dei segni non è mai stata l’unico veicolo di espressione delle persone sorde, né c’è mai stata una richiesta in questo senso. Tutti i sordi che conoscono ed usano la lingua dei segni sono bilingui e conoscono anche l’italiano parlato e scritto. Come nel caso del bilinguismo fra due lingue vocali, i livelli di competenza in ciascuna delle due lingue dipendono da molteplici fattori quali, ad esempio: l’età in cui le lingue vengono apprese, la frequenza e i contesti in cui sono utilizzate.Partendo da queste considerazioni, l’emendamento, a mio avviso più importante, sarebbe permettere alle persone sorde o ai genitori di bambini non udenti di scegliere la strada del bilinguismo italiano/LIS e che la legge, oltre a riconoscere la LIS, ne promuova l’acquisizione e l’uso, accanto (e mai in alternativa) a quello della lingua orale e scritta. Inoltre, sul piano scientifico, è indispensabile che il governo italiano promuova la ricerca relativa alla sordità, alla LIS e al suo uso, in ambito linguistico, sanitario, psicologico, educativo e sociale.

3) Per quale motivo, a suo avviso, lo Stato italiano non ha ancora riconosciuto lo status della LIS come lingua a tutti gli effetti, nonostante sia stato ormai provato che possieda una propria struttura morfo-sintattica e, analogamente alla lingua parlata, abbia i propri dialetti?
Un’opinione purtroppo ancora diffusa è che la conoscenza della LIS, o anche semplicemente l’uso di forme di ‘gestualità spontanea’, possa ostacolare più o meno gravemente l’apprendimento o l’uso della lingua parlata e scritta. Le ricerche su questo argomento, però, dimostrano l’infondatezza di tale tesi.
Ad esempio, uno studio pubblicato su Nature, ha mostrato che l’apprendimento di una lingua dei segni non interferisce negativamente con quello della lingua orale, ma al contrario, può essere un aiuto efficace poiché facilita i processi di comprensione linguistica. Ciò rafforza l’idea che le lingue dei segni possano essere utilizzate a fini educativi accanto alle lingue vocali.
Attualmente in molti paesi europei come Danimarca, Francia, Spagna e Svezia, ed extraeuropei (Stati Uniti, Canada e Paesi dell’America Latina) si è andato affermando un modello di educazione bilingue.
In Italia, un’educazione bilingue è in parte resa attuabile grazie alla L. 104/92, che permette alle famiglie di richiedere, dal nido alla scuola superiore, un assistente alla comunicazione che conosca la LIS. Nelle Università, invece, è lo studente stesso che può richiedere l’interprete LIS, se lo ritiene necessario. Inoltre, il raggiungimento di una competenza nella lingua parlata e scritta migliore che nel passato è oggi possibile grazie all’utilizzo di nuove protesi e impianti cocleari. Dal momento che molti bambini, attraverso questi ausili, possono sentire e imparare a parlare sempre meglio, è immotivata la paura che la LIS possa “indebolire” l’italiano.
Infatti, il migliore accesso alla lingua parlata non può che favorire un bilinguismo più equilibrato, in cui le due lingue possono convivere, offrendo al bambino e alla persona sorda la possibilità di scegliere quale lingua usare in funzione del contesto e dei bisogni comunicativi e relazionali. Da cosa nasce, allora, la tendenza a favorire la contrapposizione tra forme di comunicazione che non sono in nessun modo alternative? Probabilmente dalla difficoltà di accettare che un deficit sensoriale, come quello della sordità, possa dar vita ad un mondo comunicativo alternativo a quello delle persone udenti.
Possedere una lingua diversa significa naturalmente poter esprimere la propria diversità attraverso questa lingua, vuol dire accedere a processi di identificazione che hanno più a che fare con la dimensione socioculturale che con il deficit. È così difficile oggi accettare che esistano mezzi di espressione che danno voce alla diversità senza omologarla? Ogni lingua è uno strumento vitale per il riconoscimento degli altri come persone. Pensiamo davvero che questa esigenza di identità non abbia diritto di cittadinanza nella nostra società?

4) Quali cambiamenti di contenuto ci sono stati tra il precedente documento passato in Senato ed il nuovo testo rivisitato approvato il 26 luglio scorso dalla Commissione Affari Sociali della Camera?
Il testo riportato in allegato, preparato da Marcello Cardarelli- Presidente dell’ANIOS, evidenzia le modifiche (aggiunte, sostituzioni o cancellature) apportate dalla Commissione Affari Sociali della Camera alla versione originariamente approvata dal Senato. Tale disegno di legge è ancora in discussione alla Camera.

(L’intervista è stata raccolta in forma scritta)
Fonte: west-info.eu

nw124 5 novembre 2011


Da Daniele Chiri

Cari Onorevoli,
Noi del Movimento LIS Subito chiediamo che nella proposta di Legge 4207 venga dato maggiore risalto agli aspetti sociali di piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva, quali il diritto all’uso di più lingue, compresa la lingua dei segni, lasciando la competenza degli aspetti medici legati al deficit sensoriale all’ambito sanitario.

Uno dei diritti fondamentali dell’uomo quale il parlare, l’esprimere la propria opinione, comunicare, va garantito lasciando libere le persone di potersi esprimere nella propria lingua, sia essa una lingua vocale o lingua dei segni.

Ma oggi c’è ancora chi afferma che la vera lingua è solo quella che si esprime con la voce, che si comunica solo se si usa una lingua vocale, il resto è solo gestualità.

Frasi come: “È difficile oggi negare che la parola (verso composito di suoni e fonemi naturali per l’uomo) non sia un bisogno naturale e quindi, un diritto umano determinante perché consente una condizione essenziale della socialità umana. È dovere degli Stati garantire prioritariamente l’abilitazione umana alla parola.” si fondano solo sul senso comune, su quello che per secoli siamo stati abituati a pensare, sull’ovvio, e ora non riusciamo a capire che la scienza ci apre nuovi orizzonti sul concetto di lingua.

Così oggi nel XXI secolo ci sembra di ripercorrere le orme di Galileo Galilei quando, alla fine del 1500, affermò che era la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa. Allora si scatenarono le ire della Chiesa Cattolica e ci vollero anni di prove scientifiche perché ci si rendesse conto della veridicità della sue teorie. Anche dopo che la scienza aveva dimostrato ampiamente la ragione delle teorie galileiane, molti ancora furono gli scettici.

Ecco a proposito di lingua dei segni ci troviamo nella stessa situazione di alcune centinaia di anni dopo la diffusione delle teorie di Galileo: scientificamente è stato provato che questa forma di comunicazione è una lingua a tutti gli effetti, che l’uso e l’insegnamento della lingua dei segni favorisce lo sviluppo e l’educazione linguistica dei bambini sordi anche per l’apprendimento di una lingua vocale, tuttavia c’è ancora chi afferma il contrario sulla base di quella che è “ovviamente “ un dato tangibile, appunto come dire che è ovvio che sia il Sole a girare intorno alla Terra.

Altro punto fondamentale, che non viene mai ricordato sufficientemente da chi vede la lingua dei segni come una minaccia alla riabilitazione dei bambini sordi, è che per imparare il linguaggio vocale ci vogliono anni di logopedia. Dunque un bimbo deve aspettare di saper usare la voce per poter comunicare? Anche un bambino con l’impianto cocleare deve aspettare almeno un anno perché questo strumento entri in funzione correttamente e, mentre i medici regolano l’impianto cocleare, il bambino che fa, aspetta di poter “sentire”? La facoltà di linguaggio non è direttamente correlata alla capacità uditiva, gli stessi medici affermano che recuperare la capacità uditiva in età evolutiva non significa apprendere automaticamente la lingua vocale.

Allora non si deve far credere che basti solo l’intervento in ambito sanitario concentrandosi sul recupero delle capacità uditive e tutte le problematiche legate all’apprendimento di una lingua per comunicare siano risolte.

E’ come dire “ovvio” se senti parlerai, “ovvio” se gesticoli poi non sei stimolato a parlare, “ovvio” il Sole gira intorno alla Terra.

Ha contribuito a produrre questa falsa credenza il Congresso di Milano nel 1880 degli educatori dei sordi nel quale vietarono l’uso della lingua dei segni da tutti i programmi educativi per alunni sordi, sintetizzando il loro pensiero con il motto “il gesto uccide la parola”.

Gli stessi educatori dei sordi nel 2010 a Vancouver, Canada, durante il 21° Congresso hanno rifiutato formalmente tutte le risoluzioni del Congresso di Milano.

E chi volesse avere la curiosità di approfondire realmente la questione senza fermarsi ai luoghi comuni, scoprirebbe che i sordi segnanti sono la maggioranza, che spesso sono persone ben integrate nel tessuto sociale dove vivono, hanno molti interessi, viaggiano, si fanno molte amicizie tra gli udenti, studiano, si dedicano all’arte e alla poesia, sono appassionati di tecnologia, insomma sono parte integrante e attiva della nostra società. Una società e uno Stato che non riconoscendo la lingua dei segni li emargina e discrimina.

Pochi ma molto agguerriti sono quei sordi e soprattutto i loro famigliari che ancora credono che sia “ovvio” pensare che gesticolare impedisce ai sordi di integrarsi, che “ovviamente” per definire una lingua bisogna che questa sia articolata con la bocca, la lingua e la voce, quando mai i gesti sono stati una lingua. Ovvio!

Soprattutto fanno credere che chi usa la lingua dei segni è perché non vuole parlare, niente di più falso! E’ come dire che Galileo ha elaborato quelle teorie per mettere in discussione ciò che è scritto nella Bibbia: eresia! Sembra quasi che insegnare la lingua dei segni ai bambini sia un “eresia”, così non parleranno mai e sarebbero condannati ad essere isolati!

Soprattutto i genitori di questa minoranza di sordi cresciuti solo con l’apprendimento della lingua vocale, si fa forza di queste “ovvietà” per dimostrare alle persone che non conoscono approfonditamente la questione di aver ragione.

Del resto come spiegare all’uomo comune nel 1600 che il Sole gira intorno alla Terra e che non era intenzione di Galileo andare contro la dottrina della Chiesa, ma solo occuparsi di conoscenza e scienza?

Non intendiamo aspettare centinaia di anni prima di veder riconosciuta la lingua dei segni in Italia, fortunatamente esistono persone aperte, illuminate che comprendono i vantaggi,la ricchezza e le potenzialità di questa lingua.

E se oggi tutti sanno che “il Sole gira intorno alla Terra”, fra qualche tempo tutti sapranno che “il segno ravviva la parola”
Movimento LIS Subito da Facebook

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«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
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