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Continua la discussione sul ddl a favore dell’integrazione delle persone sorde…
La piena partecipazione delle persone sorde e quella Proposta di Legge che fa discutere
«Pur riconoscendo – scrive Antonio Cotura, presidente della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), organizzazione aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – che dopo tanti cambiamenti l’attuale testo di quella Proposta di Legge è migliorato rispetto a quelli precedentemente presentati in Parlamento, non si vede comunque la necessità o l’urgenza di promulgare una legge che incrementi una tipologia di lavoro (assistenti e interpreti LIS), la quale richiede notevoli investimenti e che in prospettiva assumerà un ruolo sempre più marginale. Ben più coerente sarebbe invece creare maggiori opportunità inclusive direttamente a favore delle persone sorde e quanto mai necessario sarebbe anche garantire su tutto il territorio nazionale i servizi di diagnostica precoce e di abilitazione protesica-logopedica, attraverso un’ordinaria pianificazione sanitaria, a prescindere dalla previsione di una nuova legge»
Per entrare nel merito del testo della Proposta di Legge C 4207 (Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva), approvata dalla XII Commissione Affari Sociali della Camera, è necessario fare alcune premesse.
Quando la sordità insorge gravemente in età infantile, provoca preoccupanti alterazioni nello sviluppo del linguaggio e conseguenti problematiche nella comunicazione, nello sviluppo cognitivo e psicologico e nella vita di relazione, oltre a gravi disagi in e per la famiglia.
Solo attraverso la diagnosi precoce di sordità e i conseguenti idonei interventi abilitativi – logopedici ed educativi – si può avviare quel processo indispensabile a favorire un percorso individuale pienamente indipendente, autonomo e partecipativo alla vita collettiva in tutte le età e nei diversi ambiti, scolastico, sociale e lavorativo. Si possono, in altri termini – nella quasi totalità dei casi – risolvere definitivamente i problemi della sordità infantile relativi all’acquisizione della competenza linguistica verbale, necessaria per poter entrare in relazione con tutti.
Purtroppo, ancora oggi, la realtà italiana evidenzia che circa il 39,7% dei bambini nati sordi non può fruire dello screening neonatale, che solo nove Regioni hanno previsto Piani per la Diagnosi Precoce di Sordità e la Prevenzione e che il Registro Nazionale sulla Sordità in questo momento non viene finanziato.
Si tratta di un quadro di assoluta precarietà, che si aggrava ulteriormente quando si cerca di reperire nei territori di prossimità i necessari presìdi sanitari per la terapia e la protesizzazione e pertanto garantire i livelli essenziali diventa in molti luoghi d’Italia solo una speranza. Viene difatti meno la reale possibilità di scegliere liberamente un adeguato progetto di vita per il proprio figlio sordo.
Al contempo si assiste oggi in Italia a una crescente e tendenzialmente pervasiva proliferazione e istituzione di corsi di Lingua dei Segni (LIS), sostenuta dall’intervento di Regioni, Province, Comuni e altri Enti, che stanno elargendo fondi a tale scopo in modo sempre più massiccio. È un fenomeno stridente e discriminante, se lo si confronta con la situazione appena denunciata, che tra l’altro diffonde un paradigma approssimativo e massificato della persona sorda, senza garantirne tutti i diritti.
Un’onesta e obiettiva analisi del fenomeno stesso evidenzia poi che un’informazione scorretta sui reali bisogni delle persone sorde e la necessità di reperire un lavoro stabile e duraturo ha indotto molte persone a frequentare tali corsi, investendo in essi anche cospicuamente. Va detto in tal senso che non si può barattare il diritto, giusto e sacrosanto, al lavoro degli operatori e interpreti LIS come concetto solutorio e indispensabile per garantire l’inclusione della persona sorda nella società.
Vi sono poi tutte le ragioni per temere che, verosimilmente, con il riconoscimento della lingua dei segni, questo fenomeno si espanderebbe a dismisura, per la facilità con cui si può attuare, e assorbirebbe grandi quantità di risorse proprie del settore sociale, senza centrare l’obiettivo principale che è naturalmente quello di favorire l’inclusione sociale delle persone sorde. La reale partecipazione alla vita collettiva, l’autonomia e l’indipendenza da parte delle persone sorde, infatti, non può che passare oggi attraverso il più ampio e possibile recupero della capacità percettiva uditiva.
Rimane infine opinabile che la LIS sia una vera lingua, piuttosto che un linguaggio (mimico gestuale, secondo alcuni), proprio perché manca della forma scritta, al contrario dei linguaggi verbali.
Tornando comunque al dettaglio della Proposta di Legge C 4207, va detto che il testo approvato dalla XII Commissione Affari Sociali della Camera segna un discreto passo avanti rispetto a quello precedentemente formulato dalla I Commissione Affari Costituzionali del Senato. Esso infatti toglie il riferimento all’articolo 6 della Costituzione (sulla tutela delle minoranze linguistiche), eliminando un elemento di discriminazione quale l’individuazione di una minoranza linguistica basata sul deficit uditivo e l’iscrizione ad essa, per legge, di tutte le persone sorde.
Elimina inoltre, giustamente, alcuni riferimenti vincolanti alla Carta Costituzionale e ad altre Direttive del Parlamento Europeo. In tal modo si riconosce che la legislazione italiana – a cominciare da quella scolastica e universitaria – è già abbastanza avanzata nel garantire anche le persone che necessitano e utilizzano la LIS nei diversi ambiti. Basti pensare alla Legge 104/92 o alla 17/99 (interpreti LIS anche all’Università).
E ancora, il nuovo testo antepone l’importanza della lingua verbale, alla stregua del diritto primario alla parola, e sottolinea l’importanza della diagnosi precoce, degli interventi abilitativi e delle innovazioni tecnologiche, mentre il testo licenziato dal Senato era molto – e fondamentalmente – incentrato sul riconoscimento della LIS intesa come lingua piuttosto che come linguaggio.
Infine, la Proposta di Legge prevede all’articolo 3 una clausola finanziaria secondo la quale non dovrebbero esserci oneri finanziari per lo Stato. E questo appare certamente come un controsenso, come dimostrano le innumerevoli iniziative e finanziamenti – di cui si è già accennato – da parte di Regioni, Province e altri Enti e Istituzioni, per favorire la diffusione della LIS attraverso appunto corsi destinati a persone udenti che aspirano logicamente ad essere collocate al lavoro come specialisti del settore. Se è questo che si vuole, bisogna esprimerlo chiaramente nella legge ed eventualmente prevedere oneri finanziari atti all’assunzione di personale specializzato in LIS in varie Amministrazioni e luoghi pubblici.
In conclusione, premesso che l’attuale testo della Proposta di Legge è migliorato rispetto a tutti quelli precedentemente presentati in Parlamento, non si vede comunque la necessità o l’urgenza, in questo momento, di promulgare una legge che incrementi una tipologia di lavoro (assistenti e interpreti LIS), la quale richiede notevoli investimenti e che in prospettiva assumerà un ruolo sempre più marginale, in quanto è scientificamente sostenuto che la sordità infantile è un problema in via di risoluzione. In tal modo, infatti, si potrebbero creare, con enorme dispendio di risorse, tanti addetti LIS che, in un futuro prossimo, potrebbero risultare frustrati e senza lavoro.
Ben più coerente sarebbe invece creare maggiori opportunità inclusive direttamente a favore delle persone sorde, anche attraverso incentivi di tipo progettuale o personale. Un esempio può essere rappresentato dalla diffusione dell’uso della sottotitolazione che corrisponde anche a criteri di progettazione universale per l’accessibilità garantita. E quanto mai necessario sarebbe altresì garantire su tutto il territorio nazionale i servizi di diagnostica precoce e di abilitazione protesica-logopedica, attraverso un’ordinaria pianificazione sanitaria, a prescindere dalla previsione di una nuova legge.
Antonio Cotura. Fonte: superando.it (17 ottobre)
Sordi: Semplicemente italiani!
di Comitato Nazionale Genitori Disabili Uditivi
Il Comitato Nazionale Genitori Disabili Uditivi è nato per contrastare la proposta di legge C “Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva”. Il Comitato riconosce l’importanza assoluta per tutte le persone sorde all’abilitazione alla parola orale e scritta e che ogni persona nata o divenuta sorda in età preverbale debba avere la possibilità di apprendere la lingua italiana perché saper parlare, leggere e scrivere è la chiave per una piena inclusione nella società di tutti.
Il Comitato non si oppone all’uso dei linguaggi gestuali: questa affermazione è errata e da rifiutare categoricamente! pregiudizio verso il linguaggio dei segni – già ampiamente garantito dalla legislazione vigente – ma una priorità assoluta: l’individuo, la conquista della propria autonomia nel rispetto dei diritti di tutti, compreso di coloro che usano mezzi di comunicazione gestuali.
Perché riteniamo dannosa la pdl 4207? La pdl 4207 lede il diritto alla salute. La sordità è una patologia superabile tramite un adeguato iter diagnostico, protesico e riabilitativo. il riconoscimento della LIS sposta il problema dal piano sanitario al piano culturale, nuocendo gravemente all’applicazione del protocollo sanitario che da almeno quarant’anni consente a tutti i bambini audiolesi il recupero uditivo e l’acquisizione della lingua italiana, linguanaturale loro e dei loro genitori nonché unico mezzo di reale integrazione.
L’introduzione della LIS nell’educazione delle persone sorde significa vincolarle per sempre ad uno strumento anacronistico e ghettizzante, inadeguato alle attuali esigenze di accesso alla comunicazione, di pari opportunità e di privacy.
La pdl 4207 lede il diritto-dovere di essere cittadini italiani. Il riconoscimento della LIS implica la creazione di una minoranza linguistica sulla base di un deficit fisico sensoriale e pertanto è palesemente in contrasto con l’art. 3 della costituzione italiana, che sancisce l’uguaglianza e la pari dignità sociale di tutti i cittadini davanti alla legge.In una società civile non è possibile sostenere che un gruppo di persone decida di costituirsi in minoranza linguistica in base a un deficit. Riconoscere questo sarebbe la manifestazione della mancanza di solidarietà sociale, sarebbe la fine del diritto/dovere all’inclusione e soprattutto, darebbe luogo ad un precedente per l’autodeterminazione di altri gruppi.
La volontà di creare una minoranza linguistica, ratio di questa proposta di legge, è stata manifesta fin dalla prima stesura della pdl 4207, che conteneva un riferimento esplicito all’art. 6 della Costituzione italiana che tutela le minoranze linguistiche. La pdl 4207 o aumenta le voci di spesa o sottrae risorse alla sanità. Il riconoscimento della LIS comporta una notevole serie di spese rivolte non al superamento dell’handicap della sordità, ma alla tutela della minoranza linguistica: -spese per la formazione e servizi di interpretariato ad personam in ambito scolastico (interpreti al posto di insegnanti di sostegno) - spese per garantire la presenza di interpreti in tutti gli uffici pubblici - spese per la formazione di tutto il personale pubblico sull’intero territorio italiano
Se le spese sopra citate, che ammontano ad un calcolo approssimativo a circa 200 milioni di euro, sono aggiuntive, allora sono in netto contrasto con la neutralità finanziaria prevista dall’art. 3 della pdl stessa. Viceversa, se queste spese non sono aggiuntive, allora distrarranno risorse attualmente destinate al superamento dell’handicap uditivo, cioè all’applicazione del protocollo sanitario che da quarant’anni consente a tutti i bambini sordi il recupero uditivo e l’acquisizione della lingua italiana, con grave pregiudizio per il futuro dei bambini sordi. Tale protocollo, al contrario, necessiterebbe di ulteriori finanziamenti per rendere i servizi omogenei e fruibili su tutto il territorio nazionale.
Le nostre richieste. Il Comitato Nazionale Genitori Disabili Uditivi chiede: - il rispetto della Costituzione italiana e in particolare degli art. 32 (tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo), e 117 c.2, lettera m (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale); - il rispetto della legislazione già esistente in materia di handicap, e in particolare la legge n. 104/1992 e legge n. 17/1999, che comunque sostiene la libera scelta di linguaggi alternativi, ivi inclusa la LIS, il LMG, linguaggio BLISS etc.; - il rispetto della legge n. 95/2006, che ha eliminato il termine “sordomuto”, sostituito con il termine “sordo”.
Riconoscere la LIS…. ci riporta indietro; i SORDI torneranno ad essere SORDOMUTI.
Comitato Nazionale Genitori Disabili Udtivi. Fonte: sardegnademocratica.it
Lis, Petrucci (Ens) risponde alle polemiche: “No alle divisioni, meglio lavorare insieme”
Secondo il neopresidente dell’Ens bisogna superare le rivendicazioni di parte e portare avanti una battaglia unitaria per i diritti sul fronte della scuola e del lavoro, due punti che vuole mettere al centro del suo nuovo mandato
ROMA – “No” alle divisioni inutili, meglio lavorare tutti insieme per la tutela delle persone sorde. È chiara la posizione di Giuseppe Petrucci, da poco eletto alla guida dell’Ens (Ente nazionale sordi), sulla polemica di questi giorni relativa alla proposta di legge 4207, già approvato in Senato e ora in discussione alla Camera. Nei giorni scorsi il Comitato nazionale dei genitori e familiari dei disabili uditivi, in una conferenza stampa, ha duramente attaccato l’ipotesi della legge sottolineando come continuare a incentivare l’uso della Lis costituisca un “grave passo indietro”. “Non sono critico nei confronti del Comitato dei genitori, rispetto le loro posizioni e quelle di tutti coloro che sostengono l’oralismo ma esiste anche il bilinguismo. Va tutelato cioè anche chi si esprime con la Lingua dei segni- sottolinea Petrucci, che si avvale di un’interprete in Lis per comunicare -. È impossibile negare il diritto ad esprimersi alle persone, anch’io senza la Lingua dei segni non potrei parlare. Credo piuttosto che ci dobbiamo impegnare perché tutti i diritti siano dati e far in modo che il Governo metta sul tavolo progetti concreti per migliorare l’accessibilità”.
Per chiarire la sua posizione Petrucci cita la sua situazione familiare. “Sono un genitore sordo e ho tre figli: uno è sordo grave, l’altro è sordastro mentre la terza è udente. Il primo si esprime attraverso la Lis, mentre il secondo ha una sordità più lieve e usa l’apparecchio acustico. I miei figli hanno diritti ed esigenze diverse, ma tutti e tre vanno tutelati allo stesso modo- afferma-. Per la comunicazione abbiamo cercato per ciascuno lo strumento migliore che gli permettesse di crescere al meglio. E credo che questo metodo valga per tutti”. Secondo il presidente dell’Ens bisogna, quindi, superare le rivendicazioni di parte e portare avanti una battaglia unitaria per i diritti sul fronte della scuola e del lavoro, due punti che vuole mettere al centro del suo nuovo mandato con l’Ente nazionale sordi.
“Il vero obiettivo è lavorare sulla legge 68/99, perché stanno aumentando i sordi che non riescono a entrare nel mondo del lavoro. Anche per quanto riguarda la scuola notiamo che l’accessibilità è ancora ridotta- afferma Petrucci -. Dobbiamo lavorare ancora molto”. In questo senso il presidente dell’Ens lancia un appello alle famiglie e ai comitati di genitori: “dobbiamo cooperare, nel segno della tolleranza verso tutti, anche coloro che fanno scelte diverse. Se lavoriamo tutti insieme con rispetto reciproco sono convinto che possiamo portare a casa obiettivi importanti”. (ec)
Fonte: superabile.it