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Indennità di comunicazione anche per i bimbi affetti da malattie genetiche rare?
Indennità di comunicazione anche per i bimbi affetti da malattie genetiche rare?
Quando negli anni Ottanta venne promulgata la legge istitutiva dell’indennità di comunicazione, le malattie genetiche rare erano ancora poco conosciute e studiate e quindi non vennero considerate nel quadro normativo riferito a tale indennità. «A distanza di più di vent’anni – è la riflessione di Daniela Mignogna – non sarebbe il caso che il Legislatore intervenisse ad eliminare la grave disparità di trattamento esistente tra categorie deboli, non tutelate allo stesso modo e con la stessa intensità, con palese violazione del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Carta Costituzionale? L’indennità di comunicazione, infatti, proprio per la sua funzione intrinseca, non può essere limitata ai soli soggetti affetti da sordità, ma dev’essere estesa anche a tutti coloro che, pur non essendo sordi, non saranno mai in grado di esprimersi, neppure a gesti!»
L’indennità di comunicazione è stata istituita dall’articolo 4 della Legge 508/88 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), ove si scrive testualmente che «[…] A decorrere dal 1° gennaio 1988, ai sordomuti come definiti nel secondo comma dell’articolo 1 della legge 26 maggio 1970, n. 381, è concessa una indennità di comunicazione non reversibile, al solo titolo della minorazione […]».
Quella definizione cui si fa riferimento (come da Legge 381/70) è stata poi modificata – come noto – dalla Legge 95/06 (Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi), ove la persona sorda destinataria di quella provvidenza economica viene definita come «minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio […]».
Tornando all’indennità di comunicazione, va ricordato che essa è indipendente dall’età e dal reddito personale, che non è incompatibile con la titolarità di una patente di guida e nemmeno con lo svolgimento di attività lavorativa dipendente o autonoma; è cumulabile, infine, con l’indennità di accompagnamento concessa agli invalidi civili e ai ciechi civili e spetta anche nel caso di ricovero in istituto. Il suo importo, per l’anno in corso, è di 243,10 euro per dodici mensilità.
Ebbene, non altrettanto spetta ai bimbi affetti da numerose sindromi genetiche, malattie rare in fase di studio, di cui spesso si sa ben poco e che il più delle volte sono a tutt’oggi prive di una terapia genica.
Si tratta di bimbi che vedono compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato e che a causa del loro grave ritardo psichico, non avranno mai la possibilità di usare una modalità comunicativa alternativa, com’è per le persone sorde, che con la lettura labiale e con il Linguaggio dei Segni riescono in qualche modo a comunicare.
Le persone sorde possono accedere sia all’indennità di comunicazione che a quella di accompagnamento, se oltre alla sordità sono incapaci di attendere alle normali funzioni vitali o hanno difficoltà di deambulazione. Possono lavorare, produrre reddito e non perdere tali benefìci. I bimbi affetti da malattie rare, invece, non riescono neppure a comunicare i bisogni più essenziali, la fame, la sete, il freddo, il dolore e oltre alla comunicazione, vedono compromesse le loro funzioni maggiormente necessarie a condurre una vita decorosa. Infatti, non sempre imparano a camminare, non sono in grado di discernere il pericolo, né di diventare adulti autonomi e, nei casi più gravi, la malattia li porta progressivamente alla morte.
Eppure, questi bimbi non possono fruire dell’indennità di comunicazione, ma solo di quella di accompagnamento, con evidente disparità di trattamento che viene a crearsi tra due differenti situazioni.
Quando negli anni Ottanta venne promulgata la legge istitutiva dell’indennità di comunicazione, le sindromi genetiche erano ancora poco conosciute e studiate e quindi espunte dal quadro normativo riferito a tale indennità. Non sarebbe il caso, a distanza di più di vent’anni, che il Legislatore intervenisse ad eliminare la grave disparità di trattamento esistente tra categorie deboli, non tutelate allo stesso modo e con la stessa intensità, con palese violazione del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Carta Costituzionale?
L’indennità di comunicazione, proprio per la sua funzione intrinseca, non può essere limitata ai soli soggetti affetti da sordità, ma dev’essere estesa anche a tutti coloro che, pur non essendo sordi, non saranno mai in grado di esprimersi, neppure a gesti!
Daniela Mignogna. Fonte: superando.it