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Banca dati informatica sui permessi per l’assistenza alle persone con disabilità
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA CIRCOLARE 6 dicembre 2010, n.13
Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza alle persone con disabilita’ – Banca dati informatica presso il Dipartimento della funzione pubblica – legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 24. (11A01923). Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.36 del 14 febbraio 201
Alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001
1. Premessa.
Sulla Gazzetta ufficiale del 9 novembre 2010, n. 262, e’ stata pubblicata la legge 4 novembre 2010, n. 183, recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonche’ misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.”. La legge entra in vigore il 24 novembre 2010.
L’art. 24 della nuova legge riguarda le “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravita’”. La disposizione innova parzialmente il regime dei permessi per l’assistenza ai soggetti disabili contenuto nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, e nel decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. La norma inoltre prevede l’istituzione e la gestione di una banca dati informatica per la raccolta e la gestione dei dati relativi alla fruizione dei permessi a fini di monitoraggio e controllo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica. Rimane invariato il regime dei permessi, del trasferimento e della tutela della sede per i lavoratori con disabilita’ che fruiscono delle agevolazioni per le esigenze della propria persona.
La presente circolare e’ stata elaborata a seguito di un lavoro istruttorio di confronto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le altre amministrazioni istituzionalmente interessate dalla materia, con l’obiettivo di fornire indicazioni di carattere generale omogenee per il settore del lavoro pubblico e privato. La finalita’ della presente circolare e’ quella di rendere degli orientamenti per l’interpretazione e l’applicazione della nuova normativa, ferme restando le autonome determinazioni di ciascuna amministrazione nell’esercizio del proprio potere organizzativo e gestionale. Rimane fermo quanto gia’ illustrato dal Dipartimento della funzione pubblica nella Circolare n. 8 del 2008, par. 2.2 e 2.3, a proposito dell’utilizzo frazionato dei permessi.
Prima di affrontare nel merito le questioni, si ritiene necessario compiere una precisazione di tipo terminologico. Come noto, il dibattito circa la terminologia da utilizzare per indicare le persone con disabilita’ e’ stato ampio ed e’ ancora vivace. Lo spirito che anima il dibattito e’ quello di evitare espressioni o definizioni che possano recare insitamente un’idea di disvalore, promuovendo invece l’uso di termini e concetti che consentano di mettere in risalto il valore derivante dalla diversita’. A livello internazionale, e’ ormai diffuso il concetto di “persona con disabilita’”, che viene utilizzato nella Convenzione delle Nazioni unite del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilita’, ratificata in Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18. Ad oggi, dovendo trattare la materia, la soluzione migliore sarebbe quella di attenersi alle scelte compiute in sede internazionale, con la conseguenza che, anche nell’esame della disciplina contenuta nella l. n. 104 del 1992, che e’ la legge italiana fondamentale in materia (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dovrebbe farsi riferimento esclusivamente al concetto di persona con disabilita’. Tuttavia, ragioni di chiarezza inducono a seguire nello specifico una strada diversa che, nel rispetto del testo legislativo, utilizza la diversa espressione di “persona in situazione di handicap”. Benche’ questa espressione possa ormai risultare inadeguata alla luce di quanto sopra detto, essa e’ ancora presente nel testo della menzionata l. n. 104 e serve ad indicare con chiarezza la situazione dei disabili nei confronti dei quali sono stati effettuati gli accertamenti ai sensi dell’art. 4 della legge stessa (Accertamento dell’handicap). Tali accertamenti, dai quali puo’ emergere anche una connotazione di gravita’ dell’handicap quando ricorrono le condizioni di cui all’art. 3, comma 3 (ovvero “qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’eta’, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione” della persona), rappresentano il presupposto per la fruizione di varie agevolazioni previste nella legge stessa; la situazione certificata di handicap grave costituisce in particolare il presupposto per la fruizione dei permessi previsti nell’art. 33.
Si segnala pertanto che, per maggior precisione e semplicita’ di esposizione, nella presente circolare e nelle eventuali successive note interpretative verra’ mantenuto il riferimento all’espressione “persona in situazione di handicap” e “persona in situazione di handicap grave” pur nella consapevolezza del carattere inadeguato di queste espressioni rispetto all’evoluzione della normativa internazionale e del costume sociale.
Di seguito si procede quindi ad illustrare le novita’ apportate dall’art. 24 della l. n. 183, che sostanzialmente consistono nella restrizione dei soggetti legittimati a fruire dei permessi per assistere persone in situazione di handicap grave, nell’eliminazione dei requisiti della convivenza e della continuita’ ed esclusivita’ dell’assistenza prestata dal lavoratore, nella ridisciplina del diritto al trasferimento, nella previsione della decadenza nel caso di insussistenza dei requisiti per la fruizione delle agevolazioni e nell’istituzione della banca dati presso il Dipartimento della funzione pubblica.
2. Ridefinizione dei lavoratori legittimati a fruire dei permessi
di cui all’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 per assistere persone in situazione di handicap grave.
La principale novita’ della legge riguarda la materia dei soggetti legittimati a fruire dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave. In proposito, il comma 1, let. a), dell’art. 24 sostituisce il testo dell’art. 33, comma 3, della l. n. 104 e il comma 2 del medesimo articolo sostituisce il comma 2 dell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 e ne abroga il comma 3.
Il nuovo testo del comma 3 dell’art. 33 citato prevede: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravita’, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita’ abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta’ oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anc he in maniera continuativa. Il predetto diritto non puo’ essere riconosciuto a piu’ di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravita’. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravita’, il diritto e’ riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.”
Secondo la norma, in linea generale, la legittimazione alla fruizione dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave spetta al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Rispetto alla normativa previgente, la nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa, dall’altro ha posto la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado.
Data la regola generale, la legge ha pero’ previsto un’eccezione per i casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta’ oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti. In queste ipotesi, stimando eccessivamente onerosa o impossibile l’opera di assistenza a causa dell’eta’ non piu’ giovane o della patologia del famigliare, la legge prevede la possibilita’ di estendere la legittimazione alla titolarita’ dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado.
Pertanto, la novita’ piu’ rilevante rispetto al regime previgente e’ rappresentata dalla restrizione della categoria di famigliari che possono fruire dei permessi, poiche’ con la nuova norma si passa dal terzo al secondo grado di parentela, salvo la ricorrenza delle situazioni eccezionali dell’assenza, dell’eta’ anagrafica o delle patologie.
Per comodita’, si rammenta che il rapporto di parentela e quello di affinita’ sono definiti dal codice civile (art. 74 c.c.: “La parentela e’ il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite”; art. 78 c.c.: “L’affinita’ e’ il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge”). In base alla legge, sono parenti di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti (figli dei figli); sono parenti di terzo grado: bisnonni, zii, nipoti (figli di fratelli e/o sorelle), pronipoti in linea retta. Sono affini di primo grado: suocero/a, nuora, genero; sono affini di secondo grado: cognati; sono affini di terzo grado: zii acquisiti, nipoti acquisiti.
La legge non ha definito la nozione di “patologie invalidanti”. In mancanza di un’espressa scelta sul punto, sentito il Ministero della salute, un utile punto di riferimento per l’individuazione di queste patologie e’ rappresentato dall’art. 2, comma 1, let. d), del decreto interministeriale – Ministero per la solidarieta’ sociale, Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, Ministero per le pari
opportunita’ 21 luglio 2000, n. 278 (Regolamento recante disposizioni
di attuazione dell’articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53,
concernente congedi per eventi e cause particolari), che disciplina
le ipotesi in cui e’ possibile accordare il congedo per gravi motivi
di cui all’art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000. In particolare,
si tratta delle: “1) patologie acute o croniche che determinano
temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale,
ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica,
neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere
evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie acute
o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti
monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; 3) patologie acute o
croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel
trattamento sanitario;”.
In presenza di queste situazioni, che naturalmente debbono essere
tutte documentate, la legge consente di allargare la cerchia dei
famigliari legittimati a fruire dei permessi ex art. 33, comma 3,
della l. n. 104 del 1992, stimando a priori che i soggetti affetti
dalle patologie in esame non siano in grado di prestare un’assistenza
adeguata alla persona in situazione di handicap grave. Pertanto, nel
caso in cui il coniuge o i genitori della persona in situazione di
handicap grave siano affetti dalle patologie rientranti in questo
elenco, l’assistenza potra’ essere prestata anche da parenti o affini
entro il terzo grado.
Come detto, si puo’ passare dal secondo al terzo grado di parentela
anche nel caso di decesso o assenza del coniuge o del genitore della
persona in situazione di handicap grave. Ai fini della disciplina in
esame, si ritiene corretto ricondurre al concetto di assenza, oltre
alle situazioni di assenza naturale e giuridica in senso stretto
(celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), le situazioni
giuridiche ad esse assimilabili, che abbiano carattere stabile e
certo, quali il divorzio, la separazione legale e l’abbandono,
risultanti da documentazione dell’autorita’ giudiziaria o di altra
pubblica autorita’.
E’ opportuno evidenziare che la possibilita’ di passare dal secondo
al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno
solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle
descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti),
poiche’ nella diposizione normativa e’ utilizzata la congiunzione
disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con
handicap in situazione di gravita’ abbiano compiuto i sessantacinque
anni di eta’ oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti
o siano deceduti o mancanti”).
3. Individuazione di un referente unico per l’assistenza alla
stessa persona in situazione di handicap grave.
Come anticipato, l’art. 24 della legge, nell’innovare la disciplina
sulla legittimazione a fruire i permessi, non ha menzionato i
requisiti della continuita’ e dell’esclusivita’ dell’assistenza che
quindi non sono piu’ esplicitamente previsti dalle disposizioni in
materia. La legge ha pero’ espressamente stabilito che il diritto
alla fruizione dei permessi “non puo’ essere riconosciuto a piu’ di
un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con
handicap in situazione di gravita’.”. Con tale prescrizione e’ stato
percio’ ripreso in parte e tipizzato il concetto di esclusivita’
dell’assistenza, limitandolo alla regola secondo cui i permessi
possono essere accordati ad un unico lavoratore per l’assistenza alla
stessa persona. In base alla legge, quindi, viene individuato un
unico referente per ciascun disabile, trattandosi del soggetto che
assume “il ruolo e la connessa responsabilita’ di porsi quale punto
di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone
il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai
bisogni dell’assistito.”(cosi’ il Consiglio di Stato, nel parere n.
5078 del 2008).
Considerato che sulla questione sono stati ricevuti numerosi
quesiti, e’ opportuno segnalare che le nuove norme non precludono
espressamente la possibilita’ per lo stesso dipendente di assistere
piu’ persone in situazione di handicap grave, con la conseguenza che,
ove ne ricorrano tutte le condizioni, il medesimo lavoratore potra’
fruire di permessi anche in maniera cumulativa per prestare
assistenza a piu’ persone disabili. Con l’entrata in vigore della
nuova disciplina, si deve ormai ritenere superato il parere n. 13 del
2008 di questo Ufficio (nota n. 8474 del 18 febbraio 2008),
pubblicato sul sito del Dipartimento della funzione pubblica.
Analogamente, le nuove norme non precludono espressamente ad un
lavoratore in situazione di handicap grave di assistere altro
soggetto che si trovi nella stessa condizione e, pertanto, in
presenza dei presupposti di legge, tale lavoratore potra’ fruire dei
permessi per se stesso e per il famigliare disabile che assiste.
E’ chiaro che una tutela piu’ adeguata nei confronti del disabile
e’ realizzabile, almeno in astratto, quando questi puo’ contare
sull’opera di assistenza di una persona che si dedichi alle sue cure
in maniera esclusiva; infatti, un’attivita’ prestata nei confronti di
piu’ famigliari puo’ risultare non soddisfacente. E’ evidente inoltre
che la fruizione di permessi in maniera cumulativa in capo allo
stesso lavoratore crea notevole disagio all’attivita’ amministrativa
per la possibilita’ di assenze frequenti e protratte del lavoratore
stesso. Questi aspetti dovrebbero essere ben valutati dal dipendente
che intende chiedere la fruizione dei permessi cumulativamente,
limitando la domanda alle situazioni in cui da un lato non vi sono
altri famigliari in grado di prestare assistenza, dall’altro non e’
possibile soddisfare le esigenze di assistenza nel limite dei tre
giorni mensili. La sussistenza di tali presupposti, che il dipendente
ha l’onere di dichiarare all’atto della presentazione della domanda,
non puo’ che essere rimessa alla valutazione esclusiva e al senso di
responsabilita’ del lavoratore interessato, considerato il loro
carattere assolutamente relativo e la difficolta’ di un eventuale
accertamento.
4. La posizione dei genitori che assistono un figlio in situazione
di handicap grave.
La nuova legge ha dato rilevanza alla specialita’ del rapporto
genitoriale. Particolari norme sono infatti dettate per i genitori
che assistono un figlio in situazione di handicap grave. Tali norme
sono contenute nel testo novellato dell’art. 33 della l. n. 104 del
1992 e nell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001.
L’assistenza nei confronti del figlio disabile gode di un regime
piu’ flessibile e le norme specifiche derogano al “regime del
referente unico” che e’ stato illustrato nel paragrafo precedente.
Infatti, secondo quanto previsto dal nuovo comma 3 dell’art. 33,
l’assistenza puo’ essere prestata alternativamente da entrambi i
genitori (Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in
situazione di gravita’, il diritto e’ riconosciuto ad entrambi i
genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.).
Pertanto, fermo restando il limite complessivo dei tre giorni
mensili, i permessi giornalieri possono essere utilizzati dal
lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per l’assistenza al
medesimo figlio. Si segnala peraltro che, in base alla nuova
disciplina, i permessi giornalieri possono essere fruiti anche dai
genitori di un minore di tre anni in situazione di handicap grave.
Infatti, da un lato, la novella ha soppresso dal testo della
previgente disposizione (comma 3 dell’art. 33 della l. n. 104 del
1992) le parole “successivamente al compimento del terzo anno di vita
del bambino”, dall’altro i genitori sono comunque compresi nella
categoria dei parenti legittimati in base al primo periodo del comma
in esame, cosicche’ non sarebbe giustificato un trattamento deteriore
o meno favorevole dei genitori del minore di tre anni rispetto al
resto dei parenti o affini. Cio’ significa che, in un’ottica di
ragionevolezza costituzionalmente orientata, la portata dell’art. 33,
comma 3, della legge prevale rispetto alla previsione dell’art. 42,
comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001 come novellato.
La possibilita’ per i genitori di minore di tre anni disabile di
prendere i permessi ai sensi dell’art. 33 si aggiunge alle altre
prerogative previste nel d.lgs. n. 151 del 2001. Quindi, resta fermo
il diritto dei genitori del minore di tre anni in situazione di
handicap grave di fruire, in alternativa ai permessi giornalieri
mensili, del prolungamento del congedo parentale o dei riposi orari
retribuiti di cui all’art. 42 del menzionato decreto.
E’ opportuno segnalare che, trattandosi di istituti speciali
rispondenti alle medesime finalita’ di assistenza del figlio
disabile, la loro fruizione deve intendersi alternativa e non
cumulativa nell’arco del mese, cosicche’ nel mese in cui uno dei due
genitori abbia fruito di uno o piu’ giorni di permesso ai sensi
dell’art. 33, comma 3, entrambi i genitori non potranno beneficiare
per lo stesso figlio neppure delle due ore di riposo giornaliero, del
prolungamento del congedo parentale e del congedo di cui all’art. 42,
comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 e viceversa. Infatti, l’art. 42,
comma 4, del d.lgs. n. 151 del 2001, richiamando l’art. 33, comma 4,
della l. n. 104 del 1992 esprime la regola della cumulabilita’ dei
riposi e permessi con il congedo parentale ordinario e il congedo per
la malattia del figlio, escludendo a contrario la cumulabilita’ tra
di loro degli istituti “speciali”, che sono disegnati come
alternativi (ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 151
citato, le due ore di permesso al giorno possono essere fruite in
alternativa al prolungamento del congedo parentale di cui al comma 1
dell’art. 33 del medesimo decreto). Inoltre, il comma 5 dell’art. 42
sul congedo indennizzato prevede espressamente che durante il periodo
di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefici di cui
all’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151 (prolungamento del congedo
parentale), ne’ di quelli di cui ai commi 2 (due ore di permesso al
giorno) e 3 dell’art. 33 della l. n. 104 (permessi giornalieri).
Alle agevolazioni previste per i genitori dal nuovo comma 3
dell’art. 33 si aggiunge poi la possibilita’ di fruire dei permessi
anche per i parenti e gli affini di cui alla medesima disposizione,
naturalmente sempre nel limite dei tre giorni e in alternativa ai
genitori.
5. I presupposti oggettivi per il riconoscimento dei permessi:
a) la persona in situazione di handicap grave non deve essere
ricoverata a tempo pieno.
Anche a seguito della novella, la legge ha mantenuto il
presupposto oggettivo consistente nella circostanza che il disabile
da assistere non sia ricoverato a tempo pieno. Si conferma quindi
l’interpretazione gia’ fornita sotto il vigore della precedente
normativa ribadendo che per ricovero a tempo pieno si intende il
ricovero per le intere 24 ore. Si chiarisce inoltre che il ricovero
rilevante ai fini della norma e’ quello che avviene presso le
strutture ospedaliere o comunque le strutture pubbliche o private che
assicurano assistenza sanitaria. In linea con orientamenti
applicativi gia’ emersi anche per il lavoro nel settore privato, si
precisa che fanno eccezione a tale presupposto le seguenti
circostanze:
interruzione del ricovero per necessita’ del disabile di
recarsi fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite o
terapie;
ricovero a tempo pieno di un disabile in coma vigile e/o in
situazione terminale;
ricovero a tempo pieno di un minore in situazione di handicap
grave per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura
il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un famigliare.
La ricorrenza delle situazioni eccezionali di cui sopra dovra’
naturalmente risultare da idonea documentazione medica che
l’amministrazione e’ tenuta a valutare.
b) l’eliminazione dei requisiti della convivenza, della
continuita’ ed esclusivita’ dell’assistenza.
L’art. 24, comma 2, let. b), della l. n. 183 interviene
sull’articolo 20, comma 1, della l. n. 53 del 2000, eliminando le
parole da “nonche'” fino a “non convivente”. A seguito di tale
intervento, i requisiti della “continuita’” e dell’ “esclusivita’”
dell’assistenza non sono piu’ menzionati espressamente quali
presupposti necessari ai fini della fruizione dei permessi in
argomento da parte dei beneficiari. Inoltre, nella riformulazione
dell’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 non e’ piu’ presente
il requisito della “convivenza”, che era necessario per la fruizione
dei permessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 20 della l. n. 53
del 2000. Analogamente, la legge ha abrogato l’art. 42, comma 3, del
d.lgs. n. 151 del 2001, il quale prevedeva che i permessi dei
genitori di figlio in situazione di handicap grave maggiore di eta’
potessero essere fruiti a condizione che sussistesse convivenza o che
l’assistenza fosse continuativa ed esclusiva.
6. Le prerogative relative alla sede di servizio.
L’art. 24, comma 1, let. b), della l. n. 183 ha novellato il comma
5 dell’art. 33. La nuova disposizione stabilisce: “Il lavoratore di
cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di
lavoro piu’ vicina al domicilio della persona da assistere e non puo’
essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.”. Con la
modifica e’ stato previsto opportunamente che l’avvicinamento che si
puo’ ottenere mediante il trasferimento non e’ verso il domicilio del
lavoratore che presta assistenza quanto piuttosto verso il domicilio
della persona da assistere. La novella ha eliminato un’incongruenza
che era presente nel testo della legge previgente. Il trasferimento e
la tutela della sede di lavoro, pertanto, rappresentano uno strumento
per la piu’ agevole assistenza del disabile. E’ opportuno segnalare
che la norma, rispondendo all’esigenza di tutela del disabile,
accorda al lavoratore un diritto, che puo’ essere mitigato solo in
presenza di circostanze oggettive impeditive, come ad esempio la
mancanza di posto corrispondente nella dotazione organica di sede,
mentre non puo’ essere subordinato a valutazioni discrezionali o di
opportunita’ dell’amministrazione.
7. Oneri del dipendente interessato alla fruizione delle
agevolazioni.
Il dipendente interessato ha l’onere di presentare apposita istanza
per la fruizione delle agevolazioni previste dalla legge e di
dimostrare la sussistenza dei presupposti di legittimazione
attraverso la produzione di idonea documentazione.
In particolare, il dipendente e’ tenuto a presentare il verbale
della commissione medica dal quale risulti l’accertamento della
situazione di handicap grave, nonche’, se del caso, il certificato
medico dal quale risulti la patologia invalidante di cui all’art. 33,
comma 3, della l. n. 104 e la documentazione medica menzionata al
precedente paragrafo 5, let. a). Inoltre, l’interessato e’ tenuto a
certificare, attraverso idonea documentazione ovvero attraverso
apposite dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47
del d.P.R. n. 445 del 2000 (“Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa”), la sussistenza delle condizioni che legittimano la
fruizione delle agevolazioni. In proposito, si rammenta che, secondo
quanto previsto nell’art. 76 del predetto d.P.R. “Chiunque rilascia
dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso (…) nei casi
previsti dal presente testo unico e’ punito ai sensi del codice
penale e delle leggi speciali in materia.”.
Inoltre, a corredo dell’istanza, l’interessato deve presentare
dichiarazione sottoscritta di responsabilita’ e consapevolezza dalla
quale risulti che:
il dipendente presta assistenza nei confronti del disabile per il
quale sono chieste le agevolazioni ovvero il dipendente necessita
delle agevolazioni per le necessita’ legate alla propria situazione
di disabilita’;
il dipendente e’ consapevole che le agevolazioni sono uno
strumento di assistenza del disabile e, pertanto, il riconoscimento
delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell’impegno – morale
oltre che giuridico – a prestare effettivamente la propria opera di
assistenza;
il dipendente e’ consapevole che la possibilita’ di fruire delle
agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno di
spesa pubblica che lo Stato e la collettivita’ sopportano solo per
l’effettiva tutela dei disabile;
il dipendente si impegna a comunicare tempestivamente ogni
variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua la
perdita della legittimazione alle agevolazioni.
A seguito dell’accoglimento della domanda da parte
dell’amministrazione, il dipendente dovra’ comunicare tempestivamente
il mutamento o la cessazione della situazione di fatto e di diritto
che comporta il venir meno della titolarita’ dei benefici e dovra’
aggiornare la documentazione prodotta a supporto dell’istanza quando
cio’ si renda necessario, anche a seguito di richiesta
dell’amministrazione.
Ancora una volta, e’ utile richiamare le previsioni del citato
Testo unico secondo cui “L’esibizione di un atto contenente dati non
piu’ rispondenti a verita’ equivale ad uso di atto falso. ” (art. 76,
comma 2, d.P.R. n. 445 del 2000).
Si rammentano anche in questa sede, le norme contenute nell’art. 55
quater, comma 1, lett. a), che nell’ipotesi di giustificazione
dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa
prevede la comminazione del licenziamento, e nell’art. 55 quinquies,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, che, per la stessa ipotesi,
prevedono la reclusione e la multa, oltre all’obbligo del
risarcimento del danno patrimoniale e del danno all’immagine subiti
dall’amministrazione.
Salvo dimostrate situazioni di urgenza, per la fruizione dei
permessi, l’interessato dovra’ comunicare al dirigente competente le
assenze dal servizio con congruo anticipo, se possibile con
riferimento all’intero arco temporale del mese, al fine di consentire
la migliore organizzazione dell’attivita’ amministrativa.
8. Doveri dell’amministrazione.
L’amministrazione che riceve l’istanza di fruizione delle
agevolazioni da parte del dipendente interessato deve verificare
l’adeguatezza e correttezza della documentazione presentata,
chiedendone, se del caso, l’integrazione.
I provvedimenti di accoglimento dovranno essere periodicamente
monitorati al fine di ottenere l’aggiornamento della documentazione e
verificare l’attualita’ delle dichiarazioni sostitutive prodotte a
supporto dell’istanza. Si richiama in particolare l’attenzione sulla
necessita’ di chiedere il nuovo verbale medico nel caso di
accertamento di handicap grave rivedibile.
L’amministrazione procedera’ alla verifica delle dichiarazioni
sostitutive secondo le consuete modalita’ (artt. 71 e 72 del d.P.R.
n. 445 del 2000) attraverso i propri servizi ispettivi, costituiti in
osservanza dell’art. 1, comma 62, della l. n. 662 del 1996, o
comunque su disposizioni impartite dall’ufficio preposto alla
gestione del personale. La verifica dovra’ essere svolta
periodicamente, anche a campione. Nel caso in cui dall’accertamento
risultasse l’insussistenza dei presupposti per la legittima fruizione
dei permessi, l’amministrazione provvedera’ a revocare i benefici per
effetto della decadenza.
Naturalmente, ove nell’ambito o a seguito degli accertamenti
emergessero gli estremi di una responsabilita’ disciplinare del
dipendente, l’amministrazione procedera’ alla tempestiva
contestazione degli addebiti per lo svolgimento del relativo
procedimento e, se del caso, alla comunicazione alle autorita’
competenti delle ipotesi di reato. Oltre a richiamare di nuovo le
previsioni dell’art. 76 del d.P.R. n. 445 del 2000 sulle
dichiarazioni mendaci, la formazione e l’uso di atti falsi, si
ricordano ancora in questa sede le gia’ citate norme contenute
nell’art. 55 quater, comma 1, let. a), e nell’art. 55 quinquies,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Si rammenta che l’avvio e l’esito dei procedimenti disciplinari
debbono essere comunicati all’Ispettorato per la funzione pubblica
come richiesto dalla Direttiva del Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione del 6 dicembre 2007, n. 8.
L’amministrazione, sotto altro aspetto, dovra’ effettuare le
comunicazioni dei permessi fruiti dai propri dipendenti per
l’inserimento nella banca dati istituita presso il Dipartimento della
funzione pubblica ai sensi dell’art. 24, commi da 4 a 6, della l. n.
183 del 2010.
In fase di prima applicazione, ogni amministrazione dovra’
procedere a riesaminare i provvedimenti di assenso gia’ adottati al
fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla
nuova legge. In caso di insussistenza dei requisiti, salvo tempestiva
integrazione della documentazione prodotta in passato da parte
dell’interessato, l’atto di assenso dovra’ essere revocato e le
agevolazioni non potranno essere piu’ accordate per effetto della
decadenza. Naturalmente, il dipendente che si trovi nella condizione
di poter fruire dei permessi a diverso titolo in base alla nuova
legge avra’ l’onere di produrre una nuova istanza accompagnata dalla
documentazione di supporto.
9. La decadenza conseguente all’accertamento dell’insussistenza o
del venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione
dei diritti.
L’art. 24, comma 1, let. c), introduce un nuovo comma, il 7 bis,
nel corpo dell’art. 33 della l. n. 104 del 1992. La disposizione
stabilisce che “Ferma restando la verifica dei presupposti per
l’accertamento della responsabilita’ disciplinare, il lavoratore di
cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo,
qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il
venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei
medesimi diritti.”. Con la novella e’ stato reso esplicito che
poiche’ le prerogative spettano solo a coloro che sono legittimati in
base alla legge, in assenza dei presupposti legali, viene meno la
possibilita’ di fruizione delle agevolazioni. L’accertamento circa
l’insussistenza dei requisiti spetta al datore di lavoro, privato o
pubblica amministrazione, e all’INPS per il settore del lavoro
privato.
Al di la’ del dato letterale, che fa riferimento solo al lavoratore
di cui al comma 3 (cioe’ al lavoratore che fruisce dei permessi per
assistere una persona in situazione di handicap grave) e ai diritti
del presente articolo, e’ chiaro che la regola espressa dalla
disposizione ha una portata piu’ ampia, non potendo non riguardare
tutte le ipotesi in cui il soggetto apparentemente legittimato alle
agevolazioni in realta’ non e’ in possesso dei requisiti legali per
la loro legittima fruizione. Infatti, la decadenza, ovvero la perdita
della possibilita’ di continuare ad usufruire dei permessi,
rappresenta l’effetto naturale dell’insussistenza dei presupposti per
la legittimazione all’istituto e, come tale, essa e’ prevista nel
menzionato Testo unico in materia di documentazione amministrativa a
proposito delle dichiarazioni sostitutive non veritiere (l’art. 75
del d.P.R. n. 445 del 2000 stabilisce che “qualora dal controllo di
cui all’articolo 71 emerga la non veridicita’ del contenuto della
dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione
non veritiera.”). Quindi, a titolo di esempio, si puo’ verificare la
decadenza anche in capo al lavoratore in situazione di handicap grave
che prende i permessi per le proprie esigenze o in capo al genitore
che fruisce delle due ore di permesso al giorno ai sensi dell’art. 42
del d.lgs. n. 151 del 2001.
A titolo di esempio, tra le situazioni che possono dar luogo alla
decadenza si menzionano: il venir meno della situazione di handicap
grave a seguito della visita di revisione, il decesso della persona
in situazione di handicap grave, il sopravvenuto ricovero a tempo
pieno del disabile, la circostanza che due lavoratori prendono
permessi per assistere la medesima persona in situazione di handicap
grave.
10. Banca dati presso la Presidenza del Consiglio dei ministri –
Dipartimento della funzione pubblica.
L’art. 24, commi 4-6, della l. n. 183 del 2010 ha previsto
l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica di una
banca dati finalizzata al monitoraggio e al controllo sulla legittima
fruizione dei permessi accordati ai pubblici dipendenti che ne
fruiscono in quanto persone disabili o per assistere altra persona in
situazione di handicap grave. Le informazioni che saranno raccolte
nella banca dati saranno utilizzate in forma anonima anche per
elaborazioni e pubblicazioni statistiche.
Una volta attivata la banca dati, le pubbliche amministrazioni
dovranno effettuare adeguata comunicazione dei dati rilevanti per via
telematica entro il 31 marzo di ciascun anno.
L’attivazione della banca dati e le modalita’ operative da seguire
per effettuare le comunicazioni saranno oggetto di successiva
circolare del Dipartimento.
Roma, 6 dicembre 2010
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione:
Brunetta
Registrato alla Corte dei conti il 18 gennaio 2011
Ministeri istituzionali – Presidenza del Consiglio dei Ministri,
registro n. 1, foglio n. 321