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Banca dati informatica sui permessi per l’assistenza alle persone con disabilità

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA  CIRCOLARE 6 dicembre 2010, n.13
Modifiche alla disciplina in materia  di  permessi  per  l’assistenza alle persone con disabilita’  –  Banca  dati  informatica  presso  il Dipartimento della funzione pubblica – legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 24. (11A01923). Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.36 del 14 febbraio 201

Alle Amministrazioni pubbliche  di  cui  all’art.  1,  comma  2,  del decreto legislativo n. 165/2001

1. Premessa.
Sulla Gazzetta ufficiale del 9 novembre  2010,  n.  262,  e’  stata pubblicata la legge 4 novembre 2010,  n.  183,  recante  “Deleghe  al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione  di  enti, di congedi, aspettative e permessi,  di  ammortizzatori  sociali,  di servizi   per   l’impiego,   di   incentivi    all’occupazione,    di apprendistato, di occupazione femminile,  nonche’  misure  contro  il lavoro sommerso e disposizioni  in  tema  di  lavoro  pubblico  e  di controversie di lavoro.”. La legge entra in  vigore  il  24  novembre 2010.
L’art. 24 della nuova legge riguarda le “Modifiche alla  disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori  di  handicap  in situazione di  gravita’”.  La  disposizione  innova  parzialmente  il regime dei permessi per l’assistenza ai soggetti  disabili  contenuto nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, e  nel  decreto  legislativo  26 marzo 2001, n. 151. La  norma  inoltre  prevede  l’istituzione  e  la gestione di una banca dati informatica per la raccolta e la  gestione dei dati relativi alla fruizione dei permessi a fini di  monitoraggio e controllo  presso  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  – Dipartimento della funzione pubblica. Rimane invariato il regime  dei permessi,  del  trasferimento  e  della  tutela  della  sede  per   i lavoratori con disabilita’ che fruiscono delle  agevolazioni  per  le esigenze della propria persona.
La presente circolare e’ stata elaborata a  seguito  di  un  lavoro istruttorio  di  confronto  con  il  Ministero  del  lavoro  e  delle politiche  sociali  e  le  altre  amministrazioni   istituzionalmente interessate dalla materia, con l’obiettivo di fornire indicazioni  di carattere generale omogenee per il  settore  del  lavoro  pubblico  e privato. La finalita’ della presente circolare e’ quella  di  rendere degli orientamenti per l’interpretazione e l’applicazione della nuova normativa, ferme restando  le  autonome  determinazioni  di  ciascuna amministrazione nell’esercizio del  proprio  potere  organizzativo  e gestionale. Rimane fermo  quanto  gia’  illustrato  dal  Dipartimento della funzione pubblica nella Circolare n. 8 del  2008,  par.  2.2  e 2.3, a proposito dell’utilizzo frazionato dei permessi.
Prima di affrontare nel merito le questioni, si ritiene  necessario compiere una  precisazione  di  tipo  terminologico.  Come  noto,  il dibattito circa la terminologia da utilizzare per indicare le persone con disabilita’ e’ stato ampio ed e’ ancora vivace.  Lo  spirito  che anima il dibattito e’ quello di evitare espressioni o definizioni che possano recare insitamente un’idea di disvalore,  promuovendo  invece l’uso di termini e concetti che consentano di mettere in  risalto  il valore derivante dalla diversita’. A livello internazionale, e’ ormai diffuso  il  concetto  di  “persona  con  disabilita’”,   che   viene utilizzato nella Convenzione delle Nazioni unite del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilita’, ratificata in  Italia  con legge 3 marzo 2009, n. 18. Ad oggi, dovendo trattare la  materia,  la soluzione migliore sarebbe quella di attenersi alle  scelte  compiute in sede internazionale, con  la  conseguenza  che,  anche  nell’esame della disciplina contenuta nella l. n. 104 del 1992, che e’ la  legge italiana fondamentale  in  materia  (Legge-quadro  per  l’assistenza, l’integrazione sociale  e  i  diritti  delle  persone  handicappate), dovrebbe farsi riferimento esclusivamente al concetto di persona  con disabilita’. Tuttavia, ragioni di chiarezza inducono a seguire  nello specifico una strada diversa che, nel rispetto del testo legislativo, utilizza  la  diversa  espressione  di  “persona  in  situazione   di handicap”.  Benche’  questa   espressione   possa   ormai   risultare inadeguata alla luce di quanto sopra detto, essa e’  ancora  presente nel testo della  menzionata  l.  n.  104  e  serve  ad  indicare  con chiarezza la situazione dei disabili nei  confronti  dei  quali  sono stati effettuati gli accertamenti ai sensi dell’art.  4  della  legge stessa (Accertamento dell’handicap).  Tali  accertamenti,  dai  quali puo’ emergere anche una connotazione di gravita’ dell’handicap quando ricorrono le condizioni di cui all’art. 3, comma 3  (ovvero  “qualora la  minorazione,  singola  o  plurima,  abbia   ridotto   l’autonomia personale, correlata all’eta’,  in  modo  da  rendere  necessario  un intervento assistenziale permanente,  continuativo  e  globale  nella sfera  individuale  o  in  quella  di  relazione”   della   persona), rappresentano il presupposto per la fruizione di  varie  agevolazioni previste nella legge stessa; la situazione  certificata  di  handicap grave costituisce in particolare il presupposto per la fruizione  dei permessi previsti nell’art. 33.
Si segnala pertanto che, per maggior precisione  e  semplicita’  di esposizione, nella presente circolare e  nelle  eventuali  successive note interpretative verra’ mantenuto il  riferimento  all’espressione “persona in situazione di  handicap”  e  “persona  in  situazione  di handicap grave” pur nella consapevolezza del carattere inadeguato  di queste   espressioni   rispetto   all’evoluzione   della    normativa internazionale e del costume sociale.
Di seguito si procede quindi ad  illustrare  le  novita’  apportate dall’art. 24 della l. n. 183, che  sostanzialmente  consistono  nella restrizione dei  soggetti  legittimati  a  fruire  dei  permessi  per assistere persone in situazione di handicap grave,  nell’eliminazione dei requisiti della convivenza e della  continuita’  ed  esclusivita’ dell’assistenza  prestata  dal  lavoratore,  nella  ridisciplina  del diritto al trasferimento, nella previsione della decadenza  nel  caso di insussistenza dei requisiti per la fruizione delle agevolazioni  e nell’istituzione  della  banca  dati  presso  il  Dipartimento  della funzione pubblica.
2. Ridefinizione dei lavoratori legittimati a fruire  dei  permessi
di cui all’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992  per  assistere persone in situazione di handicap grave.
La principale novita’ della legge riguarda la materia dei  soggetti legittimati a fruire  dei  permessi  per  assistere  una  persona  in situazione di handicap grave. In proposito,  il  comma  1,  let.  a), dell’art. 24 sostituisce il testo dell’art. 33, comma 3, della l.  n. 104 e il comma  2  del  medesimo  articolo  sostituisce  il  comma  2 dell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 e ne abroga il comma 3.
Il nuovo  testo  del  comma  3  dell’art.  33  citato  prevede:  “A condizione che la persona handicappata non  sia  ricoverata  a  tempo pieno, il lavoratore dipendente,  pubblico  o  privato,  che  assiste persona con handicap in situazione di gravita’,  coniuge,  parente  o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora  i genitori o il coniuge della persona con  handicap  in  situazione  di gravita’ abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta’ oppure  siano anche essi affetti  da  patologie  invalidanti  o  siano  deceduti  o mancanti, ha diritto a fruire  di  tre  giorni  di  permesso  mensile retribuito coperto da  contribuzione  figurativa,  anc he  in  maniera continuativa. Il predetto diritto non puo’ essere riconosciuto a piu’ di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona  con handicap in situazione di  gravita’.  Per  l’assistenza  allo  stesso figlio  con  handicap  in  situazione  di  gravita’,  il  diritto  e’ riconosciuto ad entrambi i  genitori,  anche  adottivi,  che  possono fruirne alternativamente.”
Secondo  la  norma,  in  linea  generale,  la  legittimazione  alla fruizione dei permessi per assistere una  persona  in  situazione  di handicap grave spetta al coniuge e ai  parenti  ed  affini  entro  il secondo  grado.  Rispetto  alla  normativa   previgente,   la   nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra  i lavoratori  titolari  della  prerogativa,  dall’altro  ha  posto   la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado.

Data la regola generale, la legge ha  pero’  previsto  un’eccezione per i casi in cui i genitori o il coniuge della persona da  assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta’ oppure siano anch’essi affetti  da  patologie  invalidanti.  In  queste  ipotesi,   stimando eccessivamente onerosa o impossibile l’opera di  assistenza  a  causa dell’eta’ non piu’ giovane o della patologia del famigliare, la legge prevede  la  possibilita’  di  estendere   la   legittimazione   alla titolarita’ dei permessi anche ai parenti  e  agli  affini  entro  il terzo grado.
Pertanto, la novita’ piu’ rilevante rispetto al  regime  previgente e’ rappresentata dalla restrizione della categoria di famigliari  che possono fruire dei permessi, poiche’ con la nuova norma si passa  dal terzo al secondo  grado  di  parentela,  salvo  la  ricorrenza  delle situazioni eccezionali dell’assenza,  dell’eta’  anagrafica  o  delle patologie.
Per comodita’, si rammenta che il rapporto di parentela e quello di affinita’  sono  definiti  dal  codice  civile  (art.  74  c.c.:  “La parentela e’ il vincolo tra le persone che discendono da  uno  stesso stipite”; art. 78 c.c.: “L’affinita’ e’ il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge”). In base alla  legge,  sono  parenti  di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo  grado:  nonni, fratelli, sorelle, nipoti (figli dei figli); sono  parenti  di  terzo grado:  bisnonni,  zii,  nipoti  (figli  di  fratelli  e/o  sorelle), pronipoti in linea retta. Sono  affini  di  primo  grado:  suocero/a, nuora, genero; sono affini di secondo grado: cognati; sono affini  di terzo grado: zii acquisiti, nipoti acquisiti.
La legge non ha definito la nozione di “patologie invalidanti”.  In mancanza di un’espressa scelta sul punto, sentito il Ministero  della salute, un utile punto di riferimento per l’individuazione di  queste patologie e’ rappresentato dall’art. 2, comma 1, let. d), del decreto interministeriale – Ministero per la solidarieta’ sociale,  Ministero
del  lavoro  e  della  previdenza  sociale,  Ministero  per  le  pari
opportunita’ 21 luglio 2000, n. 278 (Regolamento recante disposizioni
di  attuazione  dell’articolo  4  della  L.  8  marzo  2000,  n.  53,
concernente congedi per eventi e cause particolari),  che  disciplina
le ipotesi in cui e’ possibile accordare il congedo per gravi  motivi
di cui all’art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000. In  particolare,
si tratta delle: “1)  patologie  acute  o  croniche  che  determinano
temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale,
ivi incluse le affezioni croniche  di  natura  congenita,  reumatica,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica,  neurologica,
neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da  dipendenze,  a  carattere
evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie acute
o  croniche  che  richiedono  assistenza  continuativa  o   frequenti
monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; 3) patologie acute o
croniche che richiedono la partecipazione attiva  del  familiare  nel
trattamento sanitario;”.
In presenza di queste situazioni, che naturalmente  debbono  essere
tutte documentate, la legge consente  di  allargare  la  cerchia  dei
famigliari legittimati a fruire dei permessi ex  art.  33,  comma  3,
della l. n. 104 del 1992, stimando a priori che  i  soggetti  affetti
dalle patologie in esame non siano in grado di prestare un’assistenza
adeguata alla persona in situazione di handicap grave. Pertanto,  nel
caso in cui il coniuge o i genitori della persona  in  situazione  di
handicap grave siano affetti dalle  patologie  rientranti  in  questo
elenco, l’assistenza potra’ essere prestata anche da parenti o affini
entro il terzo grado.
Come detto, si puo’ passare dal secondo al terzo grado di parentela
anche nel caso di decesso o assenza del coniuge o del genitore  della
persona in situazione di handicap grave. Ai fini della disciplina  in
esame, si ritiene corretto ricondurre al concetto di  assenza,  oltre
alle situazioni di assenza naturale  e  giuridica  in  senso  stretto
(celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), le situazioni
giuridiche ad esse assimilabili,  che  abbiano  carattere  stabile  e
certo, quali  il  divorzio,  la  separazione  legale  e  l’abbandono,
risultanti da documentazione dell’autorita’ giudiziaria  o  di  altra
pubblica autorita’.
E’ opportuno evidenziare che la possibilita’ di passare dal secondo
al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso  in  cui  uno
solo dei soggetti  menzionati  (coniuge,  genitore)  si  trovi  nelle
descritte  situazioni  (assenza,  decesso,  patologie   invalidanti),
poiche’ nella diposizione normativa  e’  utilizzata  la  congiunzione
disgiuntiva (“qualora i genitori  o  il  coniuge  della  persona  con
handicap in situazione di gravita’ abbiano compiuto i  sessantacinque
anni di eta’ oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti
o siano deceduti o mancanti”).
3. Individuazione di  un  referente  unico  per  l’assistenza  alla
stessa persona in situazione di handicap grave.
Come anticipato, l’art. 24 della legge, nell’innovare la disciplina
sulla legittimazione  a  fruire  i  permessi,  non  ha  menzionato  i
requisiti della continuita’ e dell’esclusivita’  dell’assistenza  che
quindi non sono piu’ esplicitamente previsti  dalle  disposizioni  in
materia. La legge ha pero’ espressamente  stabilito  che  il  diritto
alla fruizione dei permessi “non puo’ essere riconosciuto a  piu’  di
un lavoratore dipendente per l’assistenza  alla  stessa  persona  con
handicap in situazione di gravita’.”. Con tale prescrizione e’  stato
percio’ ripreso in parte e  tipizzato  il  concetto  di  esclusivita’
dell’assistenza, limitandolo  alla  regola  secondo  cui  i  permessi
possono essere accordati ad un unico lavoratore per l’assistenza alla
stessa persona. In base alla  legge,  quindi,  viene  individuato  un
unico referente per ciascun disabile, trattandosi  del  soggetto  che
assume “il ruolo e la connessa responsabilita’ di porsi  quale  punto
di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone
il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza  ai
bisogni dell’assistito.”(cosi’ il Consiglio di Stato, nel  parere  n.
5078 del 2008).
Considerato  che  sulla  questione  sono  stati  ricevuti  numerosi
quesiti, e’ opportuno segnalare che le  nuove  norme  non  precludono
espressamente la possibilita’ per lo stesso dipendente  di  assistere
piu’ persone in situazione di handicap grave, con la conseguenza che,
ove ne ricorrano tutte le condizioni, il medesimo  lavoratore  potra’
fruire  di  permessi  anche  in  maniera  cumulativa   per   prestare
assistenza a piu’ persone disabili. Con  l’entrata  in  vigore  della
nuova disciplina, si deve ormai ritenere superato il parere n. 13 del
2008  di  questo  Ufficio  (nota  n.  8474  del  18  febbraio  2008),
pubblicato sul sito del Dipartimento della funzione pubblica.
Analogamente, le nuove norme non  precludono  espressamente  ad  un
lavoratore  in  situazione  di  handicap  grave  di  assistere  altro
soggetto che  si  trovi  nella  stessa  condizione  e,  pertanto,  in
presenza dei presupposti di legge, tale lavoratore potra’ fruire  dei
permessi per se stesso e per il famigliare disabile che assiste.
E’ chiaro che una tutela piu’ adeguata nei confronti  del  disabile
e’ realizzabile, almeno  in  astratto,  quando  questi  puo’  contare
sull’opera di assistenza di una persona che si dedichi alle sue  cure
in maniera esclusiva; infatti, un’attivita’ prestata nei confronti di
piu’ famigliari puo’ risultare non soddisfacente. E’ evidente inoltre
che la fruizione di permessi  in  maniera  cumulativa  in  capo  allo
stesso lavoratore crea notevole disagio all’attivita’  amministrativa
per la possibilita’ di assenze frequenti e protratte  del  lavoratore
stesso. Questi aspetti dovrebbero essere ben valutati dal  dipendente
che intende  chiedere  la  fruizione  dei  permessi  cumulativamente,
limitando la domanda alle situazioni in cui da un lato  non  vi  sono
altri famigliari in grado di prestare assistenza, dall’altro  non  e’
possibile soddisfare le esigenze di assistenza  nel  limite  dei  tre
giorni mensili. La sussistenza di tali presupposti, che il dipendente
ha l’onere di dichiarare all’atto della presentazione della  domanda,
non puo’ che essere rimessa alla valutazione esclusiva e al senso  di
responsabilita’  del  lavoratore  interessato,  considerato  il  loro
carattere assolutamente relativo e la  difficolta’  di  un  eventuale
accertamento.
4. La posizione dei genitori che assistono un figlio in  situazione
di handicap grave.
La nuova legge ha dato  rilevanza  alla  specialita’  del  rapporto
genitoriale. Particolari norme sono infatti dettate  per  i  genitori
che assistono un figlio in situazione di handicap grave.  Tali  norme
sono contenute nel testo novellato dell’art. 33 della l. n.  104  del
1992 e nell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001.
L’assistenza nei confronti del figlio disabile gode  di  un  regime
piu’ flessibile  e  le  norme  specifiche  derogano  al  “regime  del
referente unico” che e’ stato illustrato  nel  paragrafo  precedente.
Infatti, secondo quanto previsto dal  nuovo  comma  3  dell’art.  33,
l’assistenza puo’ essere  prestata  alternativamente  da  entrambi  i
genitori  (Per  l’assistenza  allo  stesso  figlio  con  handicap  in
situazione di gravita’, il diritto  e’  riconosciuto  ad  entrambi  i
genitori, anche adottivi,  che  possono  fruirne  alternativamente.).
Pertanto,  fermo  restando  il  limite  complessivo  dei  tre  giorni
mensili,  i  permessi  giornalieri  possono  essere  utilizzati   dal
lavoratore padre  o  dalla  lavoratrice  madre  per  l’assistenza  al
medesimo  figlio.  Si  segnala  peraltro  che,  in  base  alla  nuova
disciplina, i permessi giornalieri possono essere  fruiti  anche  dai
genitori di un minore di tre anni in situazione  di  handicap  grave.
Infatti, da  un  lato,  la  novella  ha  soppresso  dal  testo  della
previgente disposizione (comma 3 dell’art. 33 della  l.  n.  104  del
1992) le parole “successivamente al compimento del terzo anno di vita
del bambino”, dall’altro i  genitori  sono  comunque  compresi  nella
categoria dei parenti legittimati in base al primo periodo del  comma
in esame, cosicche’ non sarebbe giustificato un trattamento deteriore
o meno favorevole dei genitori del minore di  tre  anni  rispetto  al
resto dei parenti o affini.  Cio’  significa  che,  in  un’ottica  di
ragionevolezza costituzionalmente orientata, la portata dell’art. 33,
comma 3, della legge prevale rispetto alla previsione  dell’art.  42,
comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001 come novellato.
La possibilita’ per i genitori di minore di tre  anni  disabile  di
prendere i permessi ai sensi dell’art.  33  si  aggiunge  alle  altre
prerogative previste nel d.lgs. n. 151 del 2001. Quindi, resta  fermo
il diritto dei genitori del minore  di  tre  anni  in  situazione  di
handicap grave di fruire,  in  alternativa  ai  permessi  giornalieri
mensili, del prolungamento del congedo parentale o dei  riposi  orari
retribuiti di cui all’art. 42 del menzionato decreto.
E’  opportuno  segnalare  che,  trattandosi  di  istituti  speciali
rispondenti  alle  medesime  finalita’  di  assistenza   del   figlio
disabile,  la  loro  fruizione  deve  intendersi  alternativa  e  non
cumulativa nell’arco del mese, cosicche’ nel mese in cui uno dei  due
genitori abbia fruito di uno o  piu’  giorni  di  permesso  ai  sensi
dell’art. 33, comma 3, entrambi i genitori non  potranno  beneficiare
per lo stesso figlio neppure delle due ore di riposo giornaliero, del
prolungamento del congedo parentale e del congedo di cui all’art. 42,
comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 e viceversa. Infatti, l’art.  42,
comma 4, del d.lgs. n. 151 del 2001, richiamando l’art. 33, comma  4,
della l. n. 104 del 1992 esprime la regola  della  cumulabilita’  dei
riposi e permessi con il congedo parentale ordinario e il congedo per
la malattia del figlio, escludendo a contrario la  cumulabilita’  tra
di  loro  degli  istituti  “speciali”,  che   sono   disegnati   come
alternativi (ai sensi dell’art.  42,  comma  1,  del  d.lgs.  n.  151
citato, le due ore di permesso al giorno  possono  essere  fruite  in
alternativa al prolungamento del congedo parentale di cui al comma  1
dell’art. 33 del medesimo decreto). Inoltre, il comma 5 dell’art.  42
sul congedo indennizzato prevede espressamente che durante il periodo
di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefici di cui
all’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151  (prolungamento  del  congedo
parentale), ne’ di quelli di cui ai commi 2 (due ore di  permesso  al
giorno) e 3 dell’art. 33 della l. n. 104 (permessi giornalieri).
Alle agevolazioni  previste  per  i  genitori  dal  nuovo  comma  3
dell’art. 33 si aggiunge poi la possibilita’ di fruire  dei  permessi
anche per i parenti e gli affini di cui alla  medesima  disposizione,
naturalmente sempre nel limite dei tre giorni  e  in  alternativa  ai
genitori.
5. I presupposti oggettivi per il riconoscimento dei permessi:
a) la persona in situazione di handicap  grave  non  deve  essere
ricoverata a tempo pieno.
Anche  a  seguito  della  novella,  la  legge  ha  mantenuto   il
presupposto oggettivo consistente nella circostanza che  il  disabile
da assistere non sia ricoverato a tempo  pieno.  Si  conferma  quindi
l’interpretazione gia’  fornita  sotto  il  vigore  della  precedente
normativa ribadendo che per ricovero a  tempo  pieno  si  intende  il
ricovero per le intere 24 ore. Si chiarisce inoltre che  il  ricovero
rilevante ai fini  della  norma  e’  quello  che  avviene  presso  le
strutture ospedaliere o comunque le strutture pubbliche o private che
assicurano  assistenza   sanitaria.   In   linea   con   orientamenti
applicativi gia’ emersi anche per il lavoro nel settore  privato,  si
precisa  che  fanno  eccezione  a  tale   presupposto   le   seguenti
circostanze:
interruzione  del  ricovero  per  necessita’  del  disabile  di
recarsi fuori della struttura che lo ospita per effettuare  visite  o
terapie;
ricovero a tempo pieno di un disabile in  coma  vigile  e/o  in
situazione terminale;
ricovero a tempo pieno di un minore in situazione  di  handicap
grave per il quale risulti documentato dai sanitari  della  struttura
il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un famigliare.
La ricorrenza delle situazioni eccezionali di  cui  sopra  dovra’
naturalmente  risultare   da   idonea   documentazione   medica   che
l’amministrazione e’ tenuta a valutare.
b)  l’eliminazione  dei   requisiti   della   convivenza,   della
continuita’ ed esclusivita’ dell’assistenza.
L’art.  24,  comma  2,  let.  b),  della  l.  n.  183  interviene
sull’articolo 20, comma 1, della l. n. 53  del  2000,  eliminando  le
parole da “nonche'” fino  a  “non  convivente”.  A  seguito  di  tale
intervento, i requisiti della “continuita’”  e  dell’  “esclusivita’”
dell’assistenza  non  sono  piu’   menzionati   espressamente   quali
presupposti  necessari  ai  fini  della  fruizione  dei  permessi  in
argomento da parte dei  beneficiari.  Inoltre,  nella  riformulazione
dell’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 non e’ piu’  presente
il requisito della “convivenza”, che era necessario per la  fruizione
dei permessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 20 della l. n. 53
del 2000. Analogamente, la legge ha abrogato l’art. 42, comma 3,  del
d.lgs. n. 151 del  2001,  il  quale  prevedeva  che  i  permessi  dei
genitori di figlio in situazione di handicap grave maggiore  di  eta’
potessero essere fruiti a condizione che sussistesse convivenza o che
l’assistenza fosse continuativa ed esclusiva.
6. Le prerogative relative alla sede di servizio.
L’art. 24, comma 1, let. b), della l. n. 183 ha novellato il  comma
5 dell’art. 33. La nuova disposizione stabilisce: “Il  lavoratore  di
cui al comma 3 ha diritto a scegliere,  ove  possibile,  la  sede  di
lavoro piu’ vicina al domicilio della persona da assistere e non puo’
essere trasferito senza il suo  consenso  ad  altra  sede.”.  Con  la
modifica e’ stato previsto opportunamente che l’avvicinamento che  si
puo’ ottenere mediante il trasferimento non e’ verso il domicilio del
lavoratore che presta assistenza quanto piuttosto verso il  domicilio
della persona da assistere. La novella ha  eliminato  un’incongruenza
che era presente nel testo della legge previgente. Il trasferimento e
la tutela della sede di lavoro, pertanto, rappresentano uno strumento
per la piu’ agevole assistenza del disabile. E’  opportuno  segnalare
che la  norma,  rispondendo  all’esigenza  di  tutela  del  disabile,
accorda al lavoratore un diritto, che puo’ essere  mitigato  solo  in
presenza di circostanze oggettive  impeditive,  come  ad  esempio  la
mancanza di posto corrispondente nella dotazione  organica  di  sede,
mentre non puo’ essere subordinato a valutazioni discrezionali  o  di
opportunita’ dell’amministrazione.
7.  Oneri  del  dipendente   interessato   alla   fruizione   delle
agevolazioni.
Il dipendente interessato ha l’onere di presentare apposita istanza
per la  fruizione  delle  agevolazioni  previste  dalla  legge  e  di
dimostrare  la  sussistenza   dei   presupposti   di   legittimazione
attraverso la produzione di idonea documentazione.
In particolare, il dipendente e’ tenuto  a  presentare  il  verbale
della commissione  medica  dal  quale  risulti  l’accertamento  della
situazione di handicap grave, nonche’, se del  caso,  il  certificato
medico dal quale risulti la patologia invalidante di cui all’art. 33,
comma 3, della l. n. 104 e la  documentazione  medica  menzionata  al
precedente paragrafo 5, let. a). Inoltre, l’interessato e’  tenuto  a
certificare,  attraverso  idonea  documentazione  ovvero   attraverso
apposite dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47
del  d.P.R.  n.  445  del  2000  (“Testo  unico  delle   disposizioni
legislative   e   regolamentari   in   materia   di    documentazione
amministrativa”), la sussistenza delle condizioni che legittimano  la
fruizione delle agevolazioni. In proposito, si rammenta che,  secondo
quanto previsto nell’art. 76 del predetto d.P.R.  “Chiunque  rilascia
dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso  (…)  nei  casi
previsti dal presente testo unico  e’  punito  ai  sensi  del  codice
penale e delle leggi speciali in materia.”.
Inoltre, a  corredo  dell’istanza,  l’interessato  deve  presentare
dichiarazione sottoscritta di responsabilita’ e consapevolezza  dalla
quale risulti che:
il dipendente presta assistenza nei confronti del disabile per il
quale sono chieste le agevolazioni  ovvero  il  dipendente  necessita
delle agevolazioni per le necessita’ legate alla  propria  situazione
di disabilita’;
il  dipendente  e’  consapevole  che  le  agevolazioni  sono  uno
strumento di assistenza del disabile e, pertanto,  il  riconoscimento
delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell’impegno –  morale
oltre che giuridico – a prestare effettivamente la propria  opera  di
assistenza;
il dipendente e’ consapevole che la possibilita’ di fruire  delle
agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno  di
spesa pubblica che lo Stato e la collettivita’  sopportano  solo  per
l’effettiva tutela dei disabile;
il  dipendente  si  impegna  a  comunicare  tempestivamente  ogni
variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua  la
perdita della legittimazione alle agevolazioni.
A   seguito    dell’accoglimento    della    domanda    da    parte
dell’amministrazione, il dipendente dovra’ comunicare tempestivamente
il mutamento o la cessazione della situazione di fatto e  di  diritto
che comporta il venir meno della titolarita’ dei  benefici  e  dovra’
aggiornare la documentazione prodotta a supporto dell’istanza  quando
cio’  si   renda   necessario,   anche   a   seguito   di   richiesta
dell’amministrazione.
Ancora una volta, e’ utile  richiamare  le  previsioni  del  citato
Testo unico secondo cui “L’esibizione di un atto contenente dati  non
piu’ rispondenti a verita’ equivale ad uso di atto falso. ” (art. 76,
comma 2, d.P.R. n. 445 del 2000).
Si rammentano anche in questa sede, le norme contenute nell’art. 55
quater, comma  1,  lett.  a),  che  nell’ipotesi  di  giustificazione
dell’assenza dal servizio mediante una  certificazione  medica  falsa
prevede la comminazione del licenziamento, e nell’art. 55  quinquies,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, che, per la stessa  ipotesi,
prevedono  la  reclusione  e  la   multa,   oltre   all’obbligo   del
risarcimento del danno patrimoniale e del danno  all’immagine  subiti
dall’amministrazione.
Salvo dimostrate  situazioni  di  urgenza,  per  la  fruizione  dei
permessi, l’interessato dovra’ comunicare al dirigente competente  le
assenze  dal  servizio  con  congruo  anticipo,  se   possibile   con
riferimento all’intero arco temporale del mese, al fine di consentire
la migliore organizzazione dell’attivita’ amministrativa.
8. Doveri dell’amministrazione.
L’amministrazione  che  riceve   l’istanza   di   fruizione   delle
agevolazioni da parte  del  dipendente  interessato  deve  verificare
l’adeguatezza  e   correttezza   della   documentazione   presentata,
chiedendone, se del caso, l’integrazione.
I provvedimenti  di  accoglimento  dovranno  essere  periodicamente
monitorati al fine di ottenere l’aggiornamento della documentazione e
verificare l’attualita’ delle dichiarazioni  sostitutive  prodotte  a
supporto dell’istanza. Si richiama in particolare l’attenzione  sulla
necessita’  di  chiedere  il  nuovo  verbale  medico  nel   caso   di
accertamento di handicap grave rivedibile.
L’amministrazione  procedera’  alla  verifica  delle  dichiarazioni
sostitutive secondo le consuete modalita’ (artt. 71 e 72  del  d.P.R.
n. 445 del 2000) attraverso i propri servizi ispettivi, costituiti in
osservanza dell’art. 1, comma  62,  della  l.  n.  662  del  1996,  o
comunque  su  disposizioni  impartite  dall’ufficio   preposto   alla
gestione  del   personale.   La   verifica   dovra’   essere   svolta
periodicamente, anche a campione. Nel caso in  cui  dall’accertamento
risultasse l’insussistenza dei presupposti per la legittima fruizione
dei permessi, l’amministrazione provvedera’ a revocare i benefici per
effetto della decadenza.
Naturalmente,  ove  nell’ambito  o  a  seguito  degli  accertamenti
emergessero gli  estremi  di  una  responsabilita’  disciplinare  del
dipendente,    l’amministrazione    procedera’    alla     tempestiva
contestazione  degli  addebiti  per  lo  svolgimento   del   relativo
procedimento e,  se  del  caso,  alla  comunicazione  alle  autorita’
competenti delle ipotesi di reato. Oltre a  richiamare  di  nuovo  le
previsioni  dell’art.  76  del  d.P.R.  n.   445   del   2000   sulle
dichiarazioni mendaci, la  formazione  e  l’uso  di  atti  falsi,  si
ricordano ancora in  questa  sede  le  gia’  citate  norme  contenute
nell’art. 55 quater, comma 1, let.  a),  e  nell’art.  55  quinquies,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Si rammenta che l’avvio e  l’esito  dei  procedimenti  disciplinari
debbono essere comunicati all’Ispettorato per  la  funzione  pubblica
come richiesto dalla Direttiva del  Ministro  per  le  riforme  e  le
innovazioni nella pubblica amministrazione del 6 dicembre 2007, n. 8.
L’amministrazione,  sotto  altro  aspetto,  dovra’  effettuare   le
comunicazioni  dei  permessi  fruiti  dai   propri   dipendenti   per
l’inserimento nella banca dati istituita presso il Dipartimento della
funzione pubblica ai sensi dell’art. 24, commi da 4 a 6, della l.  n.
183 del 2010.
In  fase  di  prima  applicazione,  ogni   amministrazione   dovra’
procedere a riesaminare i provvedimenti di assenso gia’  adottati  al
fine di verificare la sussistenza  delle  condizioni  previste  dalla
nuova legge. In caso di insussistenza dei requisiti, salvo tempestiva
integrazione  della  documentazione  prodotta  in  passato  da  parte
dell’interessato, l’atto di  assenso  dovra’  essere  revocato  e  le
agevolazioni non potranno essere piu’  accordate  per  effetto  della
decadenza. Naturalmente, il dipendente che si trovi nella  condizione
di poter fruire dei permessi a diverso  titolo  in  base  alla  nuova
legge avra’ l’onere di produrre una nuova istanza accompagnata  dalla
documentazione di supporto.
9. La decadenza conseguente all’accertamento  dell’insussistenza  o
del venir meno delle condizioni richieste per la legittima  fruizione
dei diritti.
L’art. 24, comma 1, let. c), introduce un nuovo comma,  il  7  bis,
nel corpo dell’art. 33 della l. n.  104  del  1992.  La  disposizione
stabilisce che  “Ferma  restando  la  verifica  dei  presupposti  per
l’accertamento della responsabilita’ disciplinare, il  lavoratore  di
cui al comma 3 decade  dai  diritti  di  cui  al  presente  articolo,
qualora il datore di lavoro o l’INPS  accerti  l’insussistenza  o  il
venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione  dei
medesimi diritti.”. Con  la  novella  e’  stato  reso  esplicito  che
poiche’ le prerogative spettano solo a coloro che sono legittimati in
base alla legge, in assenza dei presupposti  legali,  viene  meno  la
possibilita’ di fruizione delle  agevolazioni.  L’accertamento  circa
l’insussistenza dei requisiti spetta al datore di lavoro,  privato  o
pubblica amministrazione,  e  all’INPS  per  il  settore  del  lavoro
privato.
Al di la’ del dato letterale, che fa riferimento solo al lavoratore
di cui al comma 3 (cioe’ al lavoratore che fruisce dei  permessi  per
assistere una persona in situazione di handicap grave) e  ai  diritti
del presente  articolo,  e’  chiaro  che  la  regola  espressa  dalla
disposizione ha una portata piu’ ampia, non  potendo  non  riguardare
tutte le ipotesi in cui il soggetto apparentemente  legittimato  alle
agevolazioni in realta’ non e’ in possesso dei requisiti  legali  per
la loro legittima fruizione. Infatti, la decadenza, ovvero la perdita
della  possibilita’  di  continuare  ad   usufruire   dei   permessi,
rappresenta l’effetto naturale dell’insussistenza dei presupposti per
la legittimazione all’istituto e, come tale,  essa  e’  prevista  nel
menzionato Testo unico in materia di documentazione amministrativa  a
proposito delle dichiarazioni sostitutive non  veritiere  (l’art.  75
del d.P.R. n. 445 del 2000 stabilisce che “qualora dal  controllo  di
cui all’articolo 71 emerga la non  veridicita’  del  contenuto  della
dichiarazione,  il  dichiarante  decade  dai  benefici  eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base  della  dichiarazione
non veritiera.”). Quindi, a titolo di esempio, si puo’ verificare  la
decadenza anche in capo al lavoratore in situazione di handicap grave
che prende i permessi per le proprie esigenze o in capo  al  genitore
che fruisce delle due ore di permesso al giorno ai sensi dell’art. 42
del d.lgs. n. 151 del 2001.
A titolo di esempio, tra le situazioni che possono dar  luogo  alla
decadenza si menzionano: il venir meno della situazione  di  handicap
grave a seguito della visita di revisione, il decesso  della  persona
in situazione di handicap grave, il  sopravvenuto  ricovero  a  tempo
pieno del  disabile,  la  circostanza  che  due  lavoratori  prendono
permessi per assistere la medesima persona in situazione di  handicap
grave.
10. Banca dati presso la Presidenza del Consiglio  dei  ministri  –
Dipartimento della funzione pubblica.
L’art. 24, commi  4-6,  della  l.  n.  183  del  2010  ha  previsto
l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica  di  una
banca dati finalizzata al monitoraggio e al controllo sulla legittima
fruizione dei  permessi  accordati  ai  pubblici  dipendenti  che  ne
fruiscono in quanto persone disabili o per assistere altra persona in
situazione di handicap grave. Le informazioni  che  saranno  raccolte
nella banca dati  saranno  utilizzate  in  forma  anonima  anche  per
elaborazioni e pubblicazioni statistiche.
Una volta attivata la  banca  dati,  le  pubbliche  amministrazioni
dovranno effettuare adeguata comunicazione dei dati rilevanti per via
telematica entro il 31 marzo di ciascun anno.
L’attivazione della banca dati e le modalita’ operative da  seguire
per  effettuare  le  comunicazioni  saranno  oggetto  di   successiva
circolare del Dipartimento.
Roma, 6 dicembre 2010

Il  Ministro  per  la  pubblica  amministrazione   e   l’innovazione:
Brunetta

Registrato alla Corte dei conti il 18 gennaio 2011
Ministeri istituzionali –  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,
registro n. 1, foglio n. 321

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