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La Lingua dei Segni è un diritto dei sordi
La Lingua dei Segni è un diritto dei sordi. Successo di pubblico al Convegno sul bilinguismo organizzato dall’ENS di Treviso.
La sordità è un handicap invisibile, ma non per questo meno reale. Eppure ci sono modi e strumenti diversi per intervenire, senza soluzioni a senso unico, mettendo al centro la persona e la sua identità, per dargli la possibilità di comunicare pienamente e di trovare una vera integrazione. Di questo si è parlato oggi a Treviso al Convegno “I sordi tra lingua e identità: percorsi di bilinguismo”, organizzato dalla sezione provinciale dell’ENS (l’Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi), che di fronte una platea attenta e numerosa, oltre 200 persone, ha visto la partecipazione di studiosi e operatori di livello internazionale. Sullo sfondo del convegno la questione del riconoscimento giuridico della Lis (Lingua dei segni italiana), che proprio ieri sembra essersi sbloccata, dopo la manifestazione organizzata a livello nazionale. A quanto pare il disegno di legge dovrebbe riprendere il suo cammino e arrivare presto in aula. Sarebbe questo un traguardo importante, spiega il presidente dell’Ens di Treviso, Carlo Righetto, perché imporrebbe finalmente l’uso di questa lingua in tutti quei casi in cui un sordo può trovarsi in difficoltà, per esempio sportelli pubblici, trasporti o ospedali. Si tratta poi di un riconoscimento simbolico importante, che darebbe finalmente valore legale a quella che è a tutti gli effetti una lingua, come hanno spiegato molti dei relatori del convegno. “Qui non stiamo parlando di una stramberia inventata per sfizio da un linguista, stiamo parlando di comunicare per vivere”, ha sottolineato Righetto.
Per lungo tempo ai bambini sordi è stato imposto l’oralismo, ossia la lettura delle labbra, oppure l’impianto cocleare, con l’idea che questo potesse restituire l’udito e quindi risolvere il problema. In realtà l’impianto non sempre può essere effettuato e comunque attualmente non restituisce completamente la capacità di udire. Inoltre, come mostrano alcuni studi, anche da un punto di vista delle strutture cerebrali, dopo i tre anni e mezzo ci sono dei limiti alle possibilità di recupero di certe funzioni. Questo non significa, ha spiegato Francesco Pavani, ricercatore del Centro Mente-Cervello dell’Università di Trento, che ci sia una diminuzione delle capacità, ma solo una differenza. Pavani ha parlato della straordinaria plasticità del cervello e del fatto che l’apprendimento è dato da tutte le informazioni che ci arrivano: nel caso dei sordi sono visive e non basate sul suono, ma sviluppano comunque capacità verbali e comunicative.
Il convegno è iniziato con il saluto delle autorità: i sindaci di Treviso e Quinto di Treviso, Gian Paolo Gobbo e Mauro Dal Zilio, e l’assessore provinciale alle Politiche sociali Alessio De Mitri. Sempre a proposito di politici, ha inviato un video-saluto l’europarlamentare Adam Kosa, sordo, il quale ha annunciato una riunione a livello europeo delle varie associazioni per ottenere dalla Commissione una direttiva che riconosca in tutta l’Ue le lingue dei segni.
In mattinata, non prevista dal programma, è intervenuta anche una docente universitaria, Anna Cardinaletti, la quale ha spiegato che da dieci anni a Ca’ Foscari si tengono corsi in Lis, che hanno permesso a molti studenti sordi di arrivare alla laurea. Ad aprire i lavori è stata Caterina Bagnara, sorda, ricercatrice, borsista alla Galludet University, che ha tenuto un intervento dal titolo “Il bambino sordo e il bilinguismo, quali prospettive e difficoltà”. Altro relatore della mattinata è stato Renato Pigliacampo, psicologo e dirigente della Asl di Recanati, anche lui affetto da sordità, il quale ha parlato di come creare un docente bilingue e della didattica appropriata per i diversi ordini di scuola.
Di quanto la scuola sia importante lo dimostrano spesso i casi in negativo, come testimonia la madre di un bambino sordo, la signora Deva Patrese, che oltre ad aver subito per anni una mancata diagnosi della sordità profonda di suo figlio, si è vista rifiutare dalla scuola un docente capace di parlare la lingua dei segni, venendo rimandata a un generico insegnante di sostegno incapace di comunicare veramente col bambino. “Abbiamo dovuto pagare noi un’insegnante privata – ci ha raccontato durante una pausa dei lavori – è mio figlio è improvvisamente sbocciato. Ora si sforza anche di usare la voce, ma finché non ha imparato il linguaggio dei segni per lui la lingua parlata era di fatto incomprensibile e quindi a scuola, pur leggendo le labbra, non imparava niente”.
Nel pomeriggio i lavori sono proseguiti, iniziando con l’intervento di Lia Rusca, attualmente direttore della Struttura Complessa di Medicina Riabilitativa dell’Ospedale di Biella, che ha parlato delle problematiche legate all’intervento condiviso tra istituzioni e famiglia sul bambino sordo.
Da segnalare l’intervento di Elena Radutzky, studiosa americana che attualmente vive e lavora in Italia, pedagogista e linguista, consulente scientifico per la produzione di materiale multimediale per bambini sordi. Ambizioso il titolo del suo intervento: “Multilinguismo per tutti!”, che è partito dal presupposto che gli studenti sordi, come quelli udenti, non devono accontentarsi di una sola lingua, perché la formazione e il lavoro oggi richiedono la capacità di apprendere e comunicare in più idiomi. Le abbiamo chiesto se davvero la Lis può considerarsi una vera lingua. La sua risposta è stata priva di dubbi: “Le lingue dei segni sono lingue complete e sviluppate sotto ogni punto di vista, con una struttura peculiare e una sintassi ben definita”. Inoltre la lingua dei segni, ha spiegato, è quella naturale del bambino sordo, in modalità visivo-corporea. In ogni caso si tratta sempre di un “bilinguismo”, che permette una maggiore complessità e flessibilità al bambino sordo, mentre la scelta dell’oralismo è unilaterale.
L’intervento successivo è stato di due logeniste, Silvia Dalla Riva ed Elisa Franchi, che insieme hanno presentato sull’uso della logogenia nello sviluppo linguistico del bambino sordo. Ha preso poi la parola Massimo Baraldi, vicedirettore di un istituto per bambini sordi in provincia di Modena, che si è soffermato sulla sfida dell’educazione scolastica del sordo. Infine ha chiuso il programma degli interventi la direttrice di Scuola d’Infanzia dell’Istituto dei Sordi di Torino, Marianna Luca, la quale ha portato l’esperienza dei laboratori per l’autonomia linguistica dei piccoli sordi.
Il convegno, tenutosi al centro congressi del BHR Treviso Hotel di Quinto di Treviso, si è concluso con un dibattito in cui da parte di tutti è stata ribadita l’importanza del bilinguismo.
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UFFICIO STAMPA E PR (16 ottobre 2010=
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Elena Chincarini, T. 366 6449212
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