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LIS alla 1^ Commissione Affari Costituzionali del Senato (Newsletter della Storia dei Sordi n.748 del 30 novembre 2009)
Il linguaggio gestuale non può diventare la lingua di tutti i sordi.
Lo afferma la FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), che in questi giorni ha rifiutato un incontro con la Prima Commissione Affari Costituzionali del Senato, ove si sta discutendo un Disegno di Legge sui “Diritti delle persone sorde e il riconoscimento della lingua dei segni italiana”. Secondo Silvana Baroni, infatti, presidente di tale Associazione, «non si può imporre una presunta lingua e una presunta identità sociale a dei cittadini, discriminandoli sulla base della loro disabilità. La lingua dei segni è solo uno strumento di comunicazione utilizzato da alcuni gruppi e bene sarebbe, invece, investire su ambulatori riabilitativi alla parole e sulle protesi acustiche»
Silvana Baroni, presidente della FIADDA, dura presa di posizione da parte della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi) – organizzazione aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – nei confronti della Prima Commissione Affari Costituzionali del Senato, con la quale ha rifiutato un incontro indetto per il 24 novembre, allo scopo di discutere il Disegno di Legge sui Diritti delle persone sorde e riconoscimento della lingua dei segni italiana (se ne legga cliccando qui l’iter).
Tale decisione è stata innanzitutto motivata da ragioni di tempo. «Infatti – dichiara Silvana Baroni, presidente della FIADDA – l’incontro è stato convocato a sole due ore dalla presentazione deliberante del testo e pertanto bisogna dire quanto meno che i nostri rappresentanti non sono stati convocati in tempi adeguati e sufficienti per poter discutere su un Disegno di Legge che disciplinerà su un tema di vitale importanza».
Ma oltre a ciò, la posizione della FIADDA è assai netta anche su varie ragioni di merito. «Il nostro disaccordo – continua infatti Baroni – nasce anche dalla realtà odierna e da una serie di precise motivazioni: il linguaggio gestuale non può diventare la lingua dei sordi, cioè di tutte le persone sorde, ma, eventualmente, solo di coloro che decidono di utilizzare questa modalità di comunicazione. Considerato poi che il 95% dei bambini nasce da genitori udenti, è possibile, umano, naturale, morale sostenere che questi genitori possano accettare che i propri figli siano considerati parte di un’etnia? È possibile che nel 2009 ci si debba ancora dividere in categorie antropologiche e culturali per un problema di disabilità? Per i genitori i figli appartengono alla loro famiglia, alla loro cultura, alla stessa territorialità dettata dalle proprie radici».
«Oggi – sottolinea ancora la presidente della FIADDA – grazie alla scienza medica, alla tecnologia avanzata, allo screening neonatale effettuato al terzo giorno dalla nascita, i nostri figli – molti oramai uomini – possono parlare, scrivere, leggere nella lingua del nostro Paese: l’italiano. Lo Stato Italiano, pertanto, non può imporre una presunta lingua e una presunta identità sociale a dei cittadini, discriminandoli sulla base della loro disabilità. Il Linguaggio dei Segni (LIS) è già tutelato dalla normativa vigente e la FIADDA non si oppone per coloro che non possono utilizzare altra modalità comunicativa, ma al tempo stesso non possiamo permettere che questa lingua assuma un ruolo di egemonia assoluta rispetto ai protocolli ri/abilitativi oralisti, per fornire a chi è colpito dalla disabilità uditiva il diritto alla parola. Né possiamo accettare la definizione di LIS come di “lingua dei sordi”, mentre, in realtà, essa è solo uno strumento di comunicazione utilizzato da alcuni gruppi che, se si definiscono di cultura differente o addirittura di “appartenenza etnica diversa”, dovrebbero rientrare nel riconoscimento delle “lingue minoritarie”».
«Infine – evidenzia Silvana Baroni – non esiste solo l’ENS [Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi, N.d.R.] a tutela della persona sorda che possa avanzare richieste e favorire la promulgazione di un siffatto Disegno di Legge, ma anche la FIADDA, che raccoglie giovani, famiglie di minori con sordità e che si oppone e confida che gli oneri che andrebbero a favorire impegni di spesa ormai obsoleti e non utilizzabili, vengano impiegati per l’apertura di servizi ambulatoriali di terapia ri/abilitativa alla parola, purtroppo assenti nella maggior parte del nostro pur avanzatissimo Paese. E anche per le protesi acustiche, indispensabili per una persona sorda». (S.B.)
Riconoscere la Lingua dei Segni significa garantire libertà di espressione
Lo afferma Ida Collu, presidente dell’ENS (Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi), rispondendo a una precedente nota ripresa dal nostro sito, ove riferivamo delle posizioni espresse da Silvana Baroni, presidente della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), riguardanti un Disegno di Legge sui “Diritti delle persone sorde e il riconoscimento della lingua dei segni italiana”, in discussione al Senato
In riferimento al testo da noi pubblicato qualche giorno fa, intitolato Il linguaggio gestuale non può diventare la lingua di tutti i sordi (disponibile cliccando qui), ove riportavamo le posizioni espresse da Silvana Baroni, presidente della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), sulla discussione in corso in Senato, relativa a un Disegno di Legge sui “Diritti delle persone sorde e il riconoscimento della lingua dei segni italiana”, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo il seguente intervento di Ida Collu, presidente dell’ENS (Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi), associazione direttamente chiamata in causa in quel testo.
Egregio Direttore, ho letto sul vostro sito un articolo dal titolo Il linguaggio gestuale non può diventare la lingua di tutti i sordi, che riporta la posizione della Signora Silvana Baroni, presidente della FIADDA, in merito al riconoscimento della Lingua dei Segni (LIS), il cui Disegno di Legge è attualmente in discussione dinanzi alla I Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Ritengo essenziale fornire qualche informazione al riguardo, per mettere un po’ di ordine nella confusione che si è ingenerata. Vorrei poter fugare i timori della FIADDA, che leggo tra le righe dei suoi comunicati, rassicurandola circa il fatto che questo Disegno di Legge di certo non ha la pretesa di risolvere tutte le problematiche relative alla disabilità uditiva: riconoscere una lingua non significa precludere percorsi di abilitazione logopedica, opporsi alla diagnosi precoce, alle protesi acustiche o all’impianto cocleare.
Il Disegno di Legge attualmente in discussione non sancisce affatto «l’egemonia assoluta della Lingua dei Segni rispetto agli altri percorsi riabilitativi», anche perché si tratta di una lingua, non di uno strumento terapeutico, né tanto meno considera le persone sorde come “facenti parte di un’etnia”, come fossero Boscimani o Tuareg.
Il provvedimento si limita a riconoscere la LIS e a promuoverne l’uso, senza per altro prevedere alcun onere di spesa per lo Stato. La prospettiva è esattamente opposta: o vietiamo l’utilizzo della LIS da parte di chiunque decida di utilizzarla oppure garantiamo che questa libertà venga garantita e tutelata a norma di legge. Proprio perché già migliaia di persone – sordi e udenti – ogni giorno utilizzano la Lingua dei Segni Italiana (LIS), riconoscerla significa non solo garantire libertà di espressione, di accesso alle informazioni, di comunicazione, ma vedere finalmente delineati percorsi formativi omogenei e di qualità e profili professionali ben definiti.
Un’ultima precisazione. Cerchiamo di utilizzare i termini corretti, evitando di aggiungere confusione a confusione: l'”entità” di cui parliamo non si chiama né linguaggio gestuale, né pantomima, né mimica, né linguaggio mimico-gestuale, ma – come è consuetudine consolidata da oltre mezzo secolo in tutto il mondo – Lingua dei Segni, come chiaramente affermato anche nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Per completezza di informazione, rispetto a quanto scrive la presidente dell’ENS, riteniamo opportuno riportare alcuni brani della citata Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità:
«Articolo 2 – Definizioni. Ai fini della presente Convenzione […] per “linguaggio” si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di espressione non verbale; […]
Articolo 21 – Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta, come definito dall’articolo 2 della presente Convenzione, provvedendo in particolare a: […] (b) accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità, alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta; […] (e) riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni. […]
Articolo 24 – Educazione. […] 4. Allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, gli Stati Parti adottano misure adeguate nell’impiegare insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nella lingua dei segni e o nel Braille e per formare i dirigenti ed il personale che lavorino a tutti i livelli del sistema educativo. Tale formazione dovrà includere la consapevolezza della disabilità e l’utilizzo di appropriati modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, e di tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità».
nw748
Newsletter della Storia dei Sordi n.748 del 30 novembre 2009