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Papa sulla conferenza Effatà. La persona sorda nella vita della chiesa (Newsletter della Storia dei Sordi n.744 del 20 novembre 2009)

PAPA SULLA CONFERENZA “EFFATÀ! LA PERSONA SORDA NELLA VITA DELLA CHIESA” (Promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute)

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 20 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza i partecipanti alla XXIV Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute sul tema: “Effatà! La persona sorda nella vita della Chiesa”.

Cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di incontravi in occasione della XXIV Conferenza Internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari su un tema di grande rilevanza sociale ed ecclesiale: Effatà! La persona sorda nella vita della Chiesa. Saluto il Presidente del Dicastero, l’Arcivescovo Zygmunt Zimowski, e lo ringrazio per le sue cordiali parole. Il mio saluto si estende al Segretario ed al nuovo Sotto-Segretario, ai Sacerdoti, ai Religiosi e ai Laici, agli Esperti e a tutti i presenti. Desidero esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per il generoso impegno da voi profuso in questo importante settore della pastorale.
Numerose, infatti, e delicate sono le problematiche riguardanti le persone non udenti, che sono state fatte oggetto di attenta riflessione in questi giorni. Si tratta di una realtà articolata, che spazia dall’orizzonte sociologico a quello pedagogico, da quello medico e psicologico a quello etico-spirituale e pastorale. Le relazioni degli specialisti, lo scambio di esperienze tra chi opera nel settore, le testimonianze stesse di non udenti, hanno offerto la possibilità di un’analisi approfondita della situazione e di formulare proposte e indicazioni per un’attenzione sempre più adeguata a questi nostri fratelli e sorelle.
La parola “Effatà”, posta all’inizio del titolo della Conferenza, richiama alla mente il noto episodio del Vangelo di Marco (cfr 7,31-37), che costituisce un paradigma di come il Signore opera verso le persone non udenti. Gesù prende in disparte un uomo sordo e muto e, dopo aver compiuto alcuni gesti simbolici, alza gli occhi al Cielo e gli dice: “Effatà!”, cioè: “Apriti!”. In quell’istante, riferisce l’evangelista, all’uomo fu restituito l’udito, gli si sciolse la lingua e parlava correttamente. I gesti di Gesù sono colmi di attenzione amorosa ed esprimono profonda compassione per l’uomo che gli sta davanti: gli manifesta il suo interessamento concreto, lo toglie dalla confusione della folla, gli fa sentire la sua vicinanza e comprensione mediante alcuni gesti densi di significato. Gli pone le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua. Lo invita poi a volgere con Lui lo sguardo interiore, quello del cuore, verso il Padre celeste. Infine, lo guarisce e lo restituisce alla sua famiglia, alla sua gente. E la folla, stupita, non può che esclamare: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (Mc 7,37).
Col suo modo di agire, che rivela l’amore di Dio Padre, Gesù non sana solo la sordità fisica, ma indica che esiste un’altra forma di sordità da cui l’umanità deve guarire, anzi da cui deve essere salvata: è la sordità dello spirito, che alza barriere sempre più alte alla voce di Dio e del prossimo, specialmente al grido di aiuto degli ultimi e dei sofferenti, e rinchiude l’uomo in un profondo e rovinoso egoismo. Come ho avuto modo di ricordare nell’omelia della mia visita pastorale alla Diocesi di Viterbo, il 6 settembre scorso, “Possiamo vedere in questo ‘segno’ l’ardente desiderio di Gesù di vincere nell’uomo la solitudine e l’incomunicabilità create dall’egoismo, per dare volto ad una ‘nuova umanità’, l’umanità dell’ascolto e della parola, del dialogo, della comunicazione, della comunione con Dio. Un’umanità ‘buona’, come buona è tutta la creazione di Dio; una umanità senza discriminazioni, senza esclusioni… così che il mondo sia veramente e per tutti ‘campo di genuina fraternità’…” (L’Oss. Rom., 7-8 settembre 2009, pag. 6).
Purtroppo l’esperienza non sempre attesta gesti di solerte accoglienza, di convinta solidarietà e di calorosa comunione verso le persone non udenti. Le numerose associazioni, nate per tutelare e promuovere i loro diritti, evidenziano l’esistenza di una mai sopita cultura segnata da pregiudizi e discriminazioni. Sono atteggiamenti deplorevoli e ingiustificabili, perché contrari al rispetto per la dignità della persona non udente e alla sua piena integrazione sociale. Molto più vaste, però, sono le iniziative promosse da istituzioni e da associazioni, sia in campo ecclesiale che in quello civile, ispirate ad un’autentica e generosa solidarietà, che hanno apportato un miglioramento delle condizioni di vita di molte persone non udenti. A tale proposito, è significativo ricordare che le prime scuole per l’istruzione e la formazione religiosa di questi nostri fratelli e sorelle sono sorte in Europa, già nel settecento. Da allora sono andate moltiplicandosi, nella Chiesa, opere caritative, sotto l’impulso di sacerdoti, religiosi, religiose e laici, con lo scopo di offrire ai non udenti non solo una formazione, ma anche un’assistenza integrale per la piena realizzazione di se stessi. Non è possibile, però dimenticare la grave situazione in cui essi vivono ancora oggi nei Paesi in via di sviluppo, sia per la mancanza di appropriate politiche e legislazioni, sia per la difficoltà ad avere accesso alle cure sanitarie primarie; la sordità, infatti, è spesso conseguenza di malattie facilmente curabili. Faccio appello, quindi, alle autorità politiche e civili, nonché agli organismi internazionali, affinché offrano il necessario sostegno per promuovere, anche in quei Paesi, il dovuto rispetto della dignità e dei diritti delle persone non udenti, favorendo, con aiuti adeguati, la loro piena integrazione sociale. La Chiesa, seguendo l’insegnamento e l’esempio del suo divino Fondatore, continua ad accompagnare le diverse iniziative pastorali e sociali a loro beneficio con amore e solidarietà, riservando speciale attenzione verso chi soffre, nella consapevolezza che proprio nella sofferenza è nascosta una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una grazia particolare.
Cari fratelli e sorelle non udenti, voi non siete solo destinatari dell’annunzio del messaggio evangelico, ma ne siete, a pieno titolo, anche annunciatori, in forza del vostro Battesimo. Vivete quindi ogni giorno da testimoni del Signore negli ambienti della vostra esistenza, facendo conoscere Cristo e il suo Vangelo. In quest’Anno Sacerdotale pregate anche per le vocazioni, perché il Signore susciti numerosi e buoni ministri per la crescita delle comunità ecclesiali.
Cari amici, vi ringrazio per questo incontro e affido tutti voi qui presenti alla materna protezione di Maria Madre dell’amore, Stella della speranza, Madonna del Silenzio. Con questi voti, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo alle vostre famiglie e a tutte le associazioni che attivamente operano nel servizio dei non udenti.

Benedetto XVI

VANGELO E SOCIETÀ  «Effatà», così la Chiesa si apre ai non udenti
Per tre giorni, a partire da domani, la lingua dei segni si affiancherà nell’Aula del Sinodo, in Vaticano, alle altre traduzioni simultanee. Anzi, non una sola lingua, ma ben quattro: inglese, inglese angloamericano, spagnolo e italiano. Accadrà durante la XXIV Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, che quest’anno avrà per tema Effatà! La persona sorda nella vita della Chiesa. Il particolare servizio linguistico predisposto dagli organizzatori sarà un impegno che, come ha detto monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del dicastero vaticano simile a un ministero della salute, «è quasi paragonabile ad una piccola olimpiade».

La Conferenza è stata presentata ieri nella sala stampa vaticana, insieme a una serie di dati che segnalano l’estensione di questa particolare patologia nella società contemporanea. «Nel mondo sono oltre 278 milioni le persone con deficit uditivo e tra esse oltre 59 milioni sono affetti da sordità totale – ha ricordato monsignor Zimowski –. Nella Chiesa cattolica si stimano circa un milione e 300 mila sordi. A loro, ai loro problemi umani, sociali e spirituali vuole guardare la nostra Conferenza internazionale, i cui partecipanti saranno anche ricevuti dal Papa».

Ai lavori prenderanno parte circa 500 persone tra presbiteri, religiosi e laici, di cui 89 sorde, in rappresentanza di 67 Paesi del mondo. «La sordità è presente in uno ogni mille bambini nati nei Paesi ad alto reddito – ha aggiunto il presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari – ma raddoppia nelle zone del pianeta meno economicamente avanzate dove, oggi, ritroviamo ben l’80 per cento del totale delle persone non udenti. Ciò è dovuto alla mancanza di interventi sanitari di prevenzione e di cura tempestiva. Nel caso della ipoacusia, che è una disabilità non appariscente – ha sottolineato, infatti, Zimowski –, ci si accorge di una persona sorda spesso in età più avanzata e quando è più difficile intervenire».

Anche monsignor Jean-Marie Mpendawatu, sotto-segretario del Pontificio consiglio, ha messo in evidenza la gravità del problema. «Nei paesi più poveri la situazione è seria e molto preoccupante – ha detto –. C’è un numero impressionante di ragazzi e ragazze sordi, ma spesso non ci sono leggi di tutela e di integrazione socio-sanitaria. Anche il clero locale è pressoché del tutto impreparato a rapportarsi con i sordi: nella mia diocesi nella Repubblica del Congo, su 120 preti non ce n’è uno che conosca la lingua dei segni».

Il quadro è complesso anche sotto il profilo psicologico. «A differenza di altre menomazioni, la sordità ingenera stati di vergogna e isolamento perché il malato non si sente capito nelle sue difficoltà e spesso viene ignorato», ha fatto notare monsignor José Redrado, segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. «Il caso più famoso è quello di Ludwig van Beethoven, che iniziò all’età di 24 anni ad avvertire la diminuzione dell’udito, fino a divenire del tutto sordo nel giro di pochi anni. Ebbene – ha detto Redrado – le sue biografie narrano che il grande compositore visse questa condizione con grande dolore, vergogna e senso di isolamento e abbandono, rifiutando di incontrare le persone per timore che capissero la sua condizione, fino al punto di meditare il suicidio. Ma, poi, si mise sulla nuova via dell’accettazione interiore di questo dolore e arrivò a comporre le sue opere forse migliori». Una testimonianza forte che fa il paio con quella dei nostri giorni, proveniente da padre Cyril Axelrod, presbitero sordo-cieco, che sarà presente alla Conferenza e racconterà la sua esperienza.
Mimmo Muolo. Fonte L’avvenire.it

Effeta

Conferenza internazionale in Vaticano sulla persona sorda nella vita della Chiesa. Mons. Zimowski: spezzare l’isolamento dei non udenti
Si è aperta, stamani in Vaticano, la Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari sul tema “Effatà. La persona sorda nella vita della Chiesa”. Oltre 500 i partecipanti provenienti da 67 Paesi, che si confronteranno fino a sabato prossimo su una realtà che riguarda oltre 278 milioni di persone. Gli interventi dei relatori alla Conferenza verranno tradotti nel linguaggio dei segni. L’evento si è aperto, stamani, con una relazione dell’arcivescovo Zygmunt Zimowski. Proprio al presidente del dicastero per la Pastorale degli Operatori Sanitari mons. Zimowski, Romilda Ferrauto, responsabile della nostra redazione francese, ha chiesto di illustrare il tema della Conferenza:

R. – Affronteremo il problema della prevenzione e della cura della sordità, delineando le principali cause e le questioni legate ai possibili ausili, quali le protesi acustiche esterne ed interne. Questo dal punto di vista medico. Ma vogliamo soprattutto far vedere anche quella dimensione religiosa, cioè la cura pastorale dei sordomuti dal punto di vista della Chiesa. E noi nella presentazione del programma abbiamo scritto che gli interventi che si svolgeranno in aula si propongono di affrontare il profilo sociologico, psicologico, medico, familiare e soprattutto pastorale. Un’occasione privilegiata per esaminare le esperienze nei diversi ambiti e delineare gli elementi di successo e le piste utili alla piena integrazione di tutti coloro i quali sono affetti da questa ipoacusia.

D. – Il titolo della Conferenza prende spunto dal passo evangelico in cui Gesù guarisce il sordomuto dicendogli “Effatà”, Apriti! Perché questa scelta?
R. – Tale racconto evangelico può assumersi come l’icona di tutta la problematica: il Dio fatto uomo è talmente vicino alla sofferenza che la tocca con mano e la supera. Oltre questa sordità fisica, ci può anche essere una sordità spirituale. E’ necessario aprire l’orecchio alla Parola di Dio che sentiamo specialmente ogni domenica. Sono sicuro che il Santo Padre Benedetto XVI parlerà anche di questa sordità del mondo odierno.

D. – Un documento fondamentale per comprendere la pastorale dei malati è l’Enciclica “Salvifici Doloris” di Giovanni Paolo II…
R. – La “Salvifici Doloris” oltre a sottolineare il valore salvifico della sofferenza sollecita poi noi tutti ad essere come il Buon Samaritano che soccorre la persona ferita, in difficoltà, e con particolare riferimento al mondo dei non udenti, al mondo del silenzio, spezzando così l’isolamento cui molti fra loro sembrano essere tuttora condannati.

D. – Qual è il suo auspicio per questa Conferenza sulla realtà dei non udenti?
R. – L’auspicio è che possa essere un seme pronto a germinare e a trasformarsi in un albero carico di frutti. Vorrei dire che alla fine della conferenza ci sarà una cosa molto bella, l’affidamento alla Madonna del Silenzio, a tutto il mondo del silenzio, perché veramente Dio aiuti questi nostri fratelli non udenti. Affidiamo alla Madonna anche noi stessi, in modo da ascoltare meglio la Parola di Dio che Gesù Cristo ci offre.
Fonte: Radiovaticana.it

Effatà. Apriti!

L’integrazione della persona sorda nella vita della Chiesa. XXIV Conferenza del Consiglio per gli Operatori Sanitari di Mario Ponzi

Nel mondo ci sono duecentosettantotto milioni di persone con difetti di udito e quasi sessanta milioni completamente sorde. Oltre un milione e seicento sono cattoliche:  di queste, tredici sono i sacerdoti, ma esiste un solo seminario per la formazione di presbiteri non udenti. Evidentemente il fenomeno della sordità rappresenta, per la Chiesa, ancora una sfida pastorale da raccogliere. Il Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari comincia con il convocare la sua annuale Conferenza internazionale, la XXIV, proprio sul tema della sordità:  “Effatà! La persona sorda nella vita della Chiesa”. A partire da giovedì 19 mattina, sino a sabato 20 novembre, nell’aula nuova del Sinodo in Vaticano esperti di tutto il mondo cercheranno proprio di offrire alla Chiesa l’opportunità di valorizzare l’apporto che i non udenti possono dare ai diversi campi dell’apostolato. L’arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio, monsignor Zygmunt Zimowski, ne parla in questa intervista rilasciata al nostro giornale.

Come mai la Chiesa, dopo aver a lungo delegato la formazione e l’assistenza religiosa delle persone sorde a piccoli gruppi di operatori – sacerdoti e suore – oggi le dedica addirittura una conferenza internazionale di tale livello?

Innanzitutto desidero sottolineare come la Chiesa sia sempre una e una sola, composta da sacerdoti e suore, oltreché dai fedeli laici. Le realtà con le quali la comunità ecclesiale interagisce possono presentare aspetti e problematiche diversificate, nella forma e nel raggio d’azione, ma non nella sostanza, a seconda che si tratti di una parrocchia, di una diocesi, di una conferenza episcopale o della Santa Sede.
Il mondo nel quale viviamo, del resto, è profondamente mutato per il diffondersi dei mezzi di comunicazione che hanno fra l’altro reso evidenti, nella loro reale ampiezza, diverse sfide a carattere planetario. Tra queste consideriamo la piena integrazione delle persone sorde nella Chiesa così come nella società civile e il problema, per costoro, dell’accessibilità alla prevenzione e alle cure sanitarie da parte di tutti e in tutto il mondo. Si calcola infatti che dei 278 milioni di persone affette da ipoacusia, ben l’80 per cento viva nei Paesi a basso e medio reddito.
Il totale dei cattolici non udenti è stimato in un milione e trecentomila e dedicare la XXIV Conferenza internazionale del nostro dicastero a questo tema costituisce un’evoluzione naturale dell’impegno ecclesiale nei confronti della disabilità e in particolare dell’ipoacusia. Se una forma di lingua dei segni era già in uso molti secoli fa tra i monaci che avevano fatto voto di silenzio, sono stati due consacrati a favorire la comunicazione con i sordi:  il monaco spagnolo Pedro Ponce de León, che nel XVI secolo ha introdotto il metodo orale, e l’Abbé de L’Epée che, nel XVIii, ha compreso la possibilità di supplire, in modo sistematico, all’assenza di suono con la gestualità.

Quali sono i problemi principali che, per la Chiesa, si presentano nell’approccio con le persone sorde?

I problemi sono in effetti molti. Innanzitutto la sordità è un handicap fisico non appariscente, ma il più difficile da integrare, ad esempio, nella pratica religiosa. Nel caso della cecità, il problema può essere risolto con il semplice accompagnamento in alcuni percorsi, così come si può fare per il paraplegico laddove sussistano delle barriere architettoniche. Privo di un ausilio specifico, come ad esempio la traduzione nella lingua dei segni, il sordo rimane invece isolato, circondato da un invisibile quanto impenetrabile muro di silenzio. Servono dunque dei supporti specifici e soprattutto dei sacerdoti o degli agenti di pastorale appositamente formati e in grado di fare da ponte. Un contributo essenziale, come già dimostrato da numerose esperienze in tutto il mondo, è quello dell’inserimento degli stessi non udenti in questo, così come in tutti gli altri ministeri della vita ecclesiale. È inoltre ancora difficile, per molti consacrati, poter essere adeguatamente formati nella comunicazione con i sordi. Per ora vi è un unico seminario, in California, dedicato alla formazione di non udenti. Ci sono però molti istituti religiosi e diverse diocesi che stanno operando con impegno in questo settore. A livello internazionale vi è la International catholic foundation for the service of the deaf persons, la cui casa madre è in Inghilterra ma ha diverse diramazioni negli Stati Uniti d’America.

Si fa abbastanza nelle parrocchie per accogliere ed evangelizzare i non udenti?

Vi sono numerose parrocchie che si sono efficacemente attivate e si avvalgono di persone in grado di accogliere i fedeli sordi e, se necessario, di essere loro di ausilio. In diversi casi tali operatori sono essi stessi afflitti da ipoacusia. Oggi come oggi, nel mondo vi sono solo tredici sacerdoti non udenti:  otto negli Stati Uniti d’America, uno in Corea del Sud, due in Gran Bretagna, uno in Congo e uno in Brasile. La maggior parte di loro sono impegnati in altrettante parrocchie. Vi sono però numerosi diaconi e catechisti sordi. Certamente rimane ancora molto da fare. Paolo VI, ad esempio, autorizzò, presso gli istituti della Piccola missione per i sordomuti, di anticipare la celebrazione della liturgia eucaristica domenicale al mercoledì perché molti dei loro allievi non erano in grado di partecipare pienamente alla messa festiva celebrata nelle rispettive parrocchie. Nel giubileo del 2000, Giovanni Paolo II esortò a trovare “lo spazio per i disabili”. Durante il suo recente viaggio in Giordania, Benedetto XVI ha ribadito ancora una volta la necessità di continuare a promuovere l’integrazione delle persone afflitte da handicap.

In quale modo la Conferenza internazionale affronterà la problematica di una corretta pastorale dei non udenti?

Vi partecipano diversi esperti internazionali, dunque siamo certi che offriranno un prezioso contributo testimoniando le conoscenze e le esperienze sin qui acquisite. Importante è poi la presenza dei miei predecessori alla guida del dicastero, i cardinale Javier Lozano Barragán e Fiorenzo Angelini; quelle del vice ministro italiano per la salute Ferruccio Fazio, di monsignor Patrick A. Kelly, arcivescovo di Liverpool e presidente della International catholic foundation for the service of the deaf persons, di Silvio Paolo Mariotti, esperto di cecità e sordità all’Organizzazione mondiale della sanità di Ginevra, di Marco Radici, primario otorinolaringoiatra all’ospedale Fatebenefratelli di Roma. Di particolare rilievo, anche in considerazione dell’Anno sacerdotale in corso, sarà l’intervento di padre Cyril Axelrod, presbitero sordo-cieco impegnato a Londra proprio nelle attività pastorali. La Conferenza sarà dunque un autentico laboratorio dal quale certamente scaturiranno i fattori che possono determinare la riuscita del processo di integrazione e alcune linee programmatiche per l’impegno futuro. Da un punto di vista logistico, proprio per permettere la piena partecipazione di tutti, udenti e non, per la prima volta in un appuntamento di questo livello i lavori saranno tradotti ufficialmente e simultaneamente in 4 lingue dei segni:  inglese, inglese angloamericano, spagnolo e italiano.

Sarà dedicata anche un’attenzione particolare alla famiglia dei non udenti?

Certamente. Abbiamo previsto un ampio spazio per la famiglia. Ci sarà una tavola rotonda in programma nella giornata di venerdì sul ruolo e sulla realtà della famiglia per i non udenti. Tre coppie di coniugi con figli e legate in modo diverso alla sordità porteranno la loro testimonianza e si tratterà certamente di testimonianze fondamentali.
Mario Ponzi. Fonte: zammerumaskil.com

Effatà (2)

I SORDI POSSONO PERCEPIRE E ANNUNCIARE NEL SILENZIO LA CHIAMATA DI DIO. Intervista a María Antonia Claveria, otorinolaringoiatra
di Carmen Elena Villa

CITTÀ DEL VATICANO, mercoledì, 16 dicembre 2009 (ZENIT.org).- La persona sorda nella vita della Chiesa. È stato questo il tema centrale di un congresso organizzato dal Pontificio Consiglio per la salute, dal 19 al 21 novembre scorso.

Attraverso conferenze, tavole rotonde e un’udienza con il Papa Benedetto XVI, si è cercato di comprendere meglio la persona sorda, nei suoi molteplici aspetti, con particolare riguardo a quelli religiosi e spirituali.

ZENIT ha intervistato la dottoressa spagnola María Antonia Clavería, specializzata in otorinolaringoiatria, che ha partecipato come relatrice a questo evento. Il suo lavoro quotidiano consiste nell’assistere e coordinare i diversi gruppi educativo e sanitario che si occupano dei bambini con problemi di udito.

“La partecipazione alla Conferenza ha suscitato in me molti interrogativi sull’adeguata e necessaria attenzione verso questi bambini, nelle rispettive famiglie, a livello religioso e spirituale, nelle diverse fasi della vita, nelle loro parrocchie e quando stanno per ricevere i sacramenti”, ha detto Clavería a ZENIT.

Come considera i pregiudizi e le discriminazioni di cui soffrono i sordi nella società attuale?

María Antonia Clavería: Sono frutto della scarsa conoscenza sociale della persona affetta da sordità, delle sue ripercussioni e delle sue necessità. Alla semplice vista non è possibile identificare una persona sorda e ancora di più possiamo sbagliarci nel giudicarla sulla base della sua comunicazione. Questo fatto può essere motivo di desensibilizzazione da parte della società. Una persona cieca genera, alla semplice vista, sentimenti di compassione e per questo riceve solitamente aiuto da chi la circonda. La persona sorda invece non porta con sé un bastoncino che la identifica, né si muove con la sedia a rotelle, e né porta un apparato ortopedico. Ma non sente, o non sente bene, e questa difficoltà non è palpabile, non è apprezzabile e non sensibilizza.

In che modo crede che possano essere superati?

María Antonia Clavería: Vincere la discriminazione richiede un impegno per riuscire ad armonizzare la convivenza tra la società denominata udente con quella non udente, attraverso la comunicazione nella lingua dei segni, con quella non udente attraverso la comunicazione orale, con quella che ha difficoltà uditive (e in questo gruppo è compresa praticamente l’intera umanità anziana) e con quella non udente con difficoltà uditive associate ad altri problemi. Tutti questi gruppi di persone formano parte della stessa società, una società plurale che ha bisogno di un’intima unione per una giusta integrazione sociale della persona umana.

Per questo motivo, l’inizio di questa sensibilizzazione risiede nel miglioramento della base pedagogico-educativa sociale, assistita professionalmente da esperti sanitari e appoggiata dalle istituzioni politiche di ogni colore ideologico e da associazioni, enti e organismi nazionali e internazionali.

Come si può fare in modo che i sordi godano di una maggiore partecipazione nella vita sociale e pastorale?

María Antonia Clavería: Si tratta di normalizzare l’integrazione delle persone con deficit uditivi, dagli aspetti più lievi a quelli più gravi, nella vita sociale e di conseguenza anche nella pastorale. Per questo occorre lavorare intensamente perché l’intera società, civile e religiosa, sia informata su ciò che significa avere un deficit uditivo nei suoi diversi gradi e su quali siano le ripercussioni sociali, religiose e spirituali, nelle diverse fasi della vita, e gli aiuti terapeutici disponibili. Tutto ciò consentirà di comprendere, considerare e aiutare le persone con difficoltà uditive, nei loro diversi aspetti. Un lavoro difficile che inizia da una base pedagogico-educativa e sanitaria, assistita professionalmente da esperti di entrambi gli ambiti, in stretta collaborazione e coordinamento. Ma in tale contesto è necessario che le persone interessate partecipino, collaborino e lottino per ottenere questa normalizzazione della loro integrazione sociale.

Che ostacoli può incontrare una persona sorda, nel suo cammino di crescita nella fede?

María Antonia Clavería: La fede è un dono di Dio che si trasmette, per una parte importante, attraverso la famiglia e attraverso la comunicazione, il dialogo aperto e sempre attraverso l’esempio.

Se la comunicazione spontanea nella famiglia è resa difficile perché un membro è portatore di un deficit uditivo, si deve iniziare da un’adeguata conoscenza dello stesso, a partire dalle origini, dalla sua accettazione e dall’informazione sulle possibilità di aiuto terapeutico precoce, tenendo conto di tutte le possibilità offerte dal contesto. Ciò nonostante, il “muto esempio” esisterà sempre e sarà sempre motivo di incoraggiamento e rafforzamento, qualsiasi sia la forma di comunicazione utilizzata.

La crescita e la maturazione nella fede dipendono in gran parte dall’inquietudine personale, favorita dalla stessa famiglia, ma anche dall’ambiente educativo, sociale e religioso-spirituale, nel quale la persona vive, si interrelazione e cresce in tutte le sue dimensioni.

E in che mondo la persona sorda può sfruttare questa limitazione per avvicinarsi alla fede?

María Antonia Clavería: Direi che la sordità, in tutta la sua magnitudine, non dovrebbe essere considerata una limitazione, ma una situazione di disuguaglianza rispetto a ciò che viene considerato normale nella nostra società. Peraltro, ciò che è normale, molto spesso non è la cosa migliore. Mai una disuguaglianza dovrebbe essere utilizzata per un fine. Ma riconosco che le persone di fede cristiana posseggono il “privilegio gratuito della fede”, per affrontare il cammino della vita. La persona affetta da sordità può vedersi nella necessità di cercare ciò che io chiamo il “privilegio della fede”, per affrontare la sua diversità e con questa inquietudine avvicinarsi ad essa. Questo fatto non lo considero uno sfruttamento della limitazione, ma una crescita nella maturità personale.

In che modo, concretamente, una persona con questo tipo di disuguaglianza può convertirsi in discepolo e missionario di Cristo nel nostro tempo?

María Antonia Clavería: Qualunque persona può essere discepolo e missionario di Cristo, sempre che riceva sin da piccolo, o che ricerchi e trovi nel corso della sua vita, un’adeguata catechesi. Con l’aggettivo adeguata, in questo caso, mi riferisco alla deficienza uditiva e alla necessità di incorporare, nella pastorale che non ne disponga, un sostegno e un’assistenza pedagogico-catechetico specializzato per le persone con deficit uditivo nelle diverse tappe della vita, soprattutto nell’infanzia, durante il processo di sviluppo verso l’età adulta, nell’età media della vita e nella vecchiaia, fino alla morte.

Mi domando quindi: potrebbe essere più opportuno, dal punto di vista della catechesi e dell’evangelizzazione, utilizzare il termine pastorale delle persone con difficoltà uditive, al posto di pastorale dei sordi?

Che elementi ritiene che non possano mancare in una buona terapia integrale per le persone con deficit uditivo?

María Antonia Clavería: L’applicazione dei valori dell’uguaglianza e del rispetto, insieme ad un’adeguata educazione familiare, socio-pedagogica in ogni aspetto e un’idonea assistenza sanitaria della sordità. Tutti questi elementi uniti ed estesi all’intera umanità sono necessari per ottenere una buona terapia integrale delle persone affette da sordità.

In che modo l’uomo di oggi può combattere la “sordità spirituale” di cui ha parlato il Papa nell’udienza che ha concesso ai partecipanti a questo evento?

María Antonia Clavería: Attraverso il sostegno del pilastro cristiano fondamentale dell’amore verso il prossimo, vincendo l’egoismo del benessere personale in favore di coloro che soffrono per diverse cause, nel caso nostro della sordità. Non si tratta di ottenere cose impossibili e quindi di fallire, ma di fare il possibile: quel poco o tanto che è alla nostra portata. Trattare e rispettare il prossimo come piacerebbe a noi stessi essere trattati e rispettati. Compito non facile, considerata la fragilità umana, ma sicuramente un granello di sabbia per costruire un mondo migliore.

XXIV CONFERENZA INTERNAZIONALE – Effata! La Persona Sorda nella vita della Chiesa

RACCOMANDAZIONI FINALI
Per una piena integrazione delle Persone Sorde nella vita della Chiesa, questa assemblea propone:

1. Che ci sia un ufficio centrale della Chiesa, a livello nazionale, che curi e coordini la pastorale per le persone sorde.

2. Che ogni diocesi abbia almeno un sacerdote con le necessarie competenze nel campo specifico perché sia il punto di riferimento delle persone sorde per i sacramenti (la penitenza-in particolare), la liturgia e la catechesi.

3. Che per i seminaristi ci sia un corso di orientamento verso questa pastorale speciale e che siano incoraggiati ad approfondire la conoscenza del mondo dei sordi ed eventualmente anche la lingua dei segni, per coloro che dimostrino interesse per la stessa.

4. Che ci sia una maggiore attenzione da parte dei vescovi al problema dei sordi, facendo sì che nel piano pastorale e catechetico della diocesi trovi spazio anche la catechesi e la pastorale per e con i sordi e che del gruppo possa fare parte anche qualche persona sorda.

5. Che nelle grandi città sia identificata una chiesa/parrocchia dove la liturgia permetta la partecipazione attiva delle persone con problemi uditivi.

6. Che nella programmazione della pastorale parrocchiale e diocesana, ci sia una particolare attenzione alle persone sorde e alle loro famiglie. Sarebbe opportuna la presenza di una persona sorda, e dei genitori che possano collaborare alla stesura della stessa.

7. Ci dovrebbe essere un sito cattolico dove vengono trattati i temi di attualità della nostra fede. Nel sito dovrebbe essere possibile anche seguire la Messa con l’omelia e quando capita, capire meglio le questioni etiche con rilevanza politica

8. Che sia data anche alle persone sorde la possibilità di partecipare ai corsi di scienze religiose organizzati a livello diocesano.

9. Per venire incontro alle necessità delle persone sorde che non conoscono la lingua dei segni, a quelli diventati sordi, o alle persone adulte colpite da sordità, si raccomanda ai pastori d’anime di attrezzare gli ambienti per la liturgia con schermi.

10. Che siano individuate, al livello nazionale strutture idonee per la promozione delle vocazioni e la formazione dei candidati sordi alla vita religiosa e sacerdotale.

11. Che le diocesi abbiano un registro per gli interpreti certificati a potere svolgere il lavoro in chiesa.

12. Così come ha sottolineato il Santo Padre, occorre rimuovere ogni ostacolo alla piena integrazione sociale delle persone sorde implementando innanzitutto appropriate leggi, convenzioni e protocolli che mirino a creare quelle condizioni giuridiche atte ad agevolare l’inserimento delle persone sorde sia nei circuiti formativi che in quelli lavorativi, cosicché anch’esse possano mettere a frutto i loro talenti (Mt 25,14-30) e contribuire a tutti i livelli, ciascuno secondo le proprie doti e capacità, al bene dell’intera società.

L’esperienza di queste tre giornate, mentre da una parte ci da gioia e speranza, dall’altra ci sprona a lavorare sempre più e sempre meglio perché il gemito, anzi, il grido di Gesù- EFFATA’ – Apriti, risuoni nei cuori di tutti i sordi che ci sono accanto o che sono sparsi per il mondo.

Vaticano, 19-20-21 novembre 2009 – nw744


Newsletter della Storia dei Sordi n.744 del 20 novembre 2009

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