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Autismo (Newsletter della Storia dei Sordi n. 648 del 17 febbraio 2009)
L’autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione dell’integrazione sociale e della comunicazione, attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione. Più precisamente si dovrebbe parlare di Disturbi dello spettro dell’autismo. Rientra nei disturbi pervasivi dello sviluppo. L’incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000, colpisce prevalentemente i soggetti maschili e si manifesta quasi sempre entro i primi 3 anni di vita.
Prima del ventesimo secolo non esisteva il concetto di autismo, fu John Langdon Down, lo scopritore della Sindrome di Down nel 1862, a diagnosticato più volte quel disordine nei casi da lui studiati.
Il termine autismo come si intende oggi è stato utilizzato per la prima volta nel 1938, e oggi lo si intende come sindrome patologica di “autismo infantile precoce”.
Il “Disturbo autistico” è un termine tecnico facente parte di una categoria più generale, i “Disordini generalizzati dello sviluppo” ed è diagnosticato in base alla presenza di un certo numero di indicato-ri comportamentali presenti nelle aree dello sviluppo. Costituiscono fattori di rischio il degrado urbano, ma soprattutto episodi familiari di disordini pervasivi dello sviluppo. Altro rischio si mostra quando il bambino nasce prematuramente e con un peso, alla nascita, notevolmente sotto la media, a volte associato ad altri disturbi che alterano la normale funzionalità del Sistema Nervoso Centrale.
Il 50% dei soggetti autistici non è in grado di comunicare verbalmente e si esprimono, in molte occasioni, spesso ripetendo parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia).
L’ecolalia può essere immediata (ripetizione di parole o frasi subito dopo l’ascolto), oppure ecolalia differita (ripetizione a distanza di tempo di frasi. Anche se le capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno notevoli difficoltà ad impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo e mostrano carenza di interesse relazionale con gli altri, e altre apparenti limitatezze.
Gli autistici hanno difficoltà nell’ iniziare una conversazione o a rispettarne i turni, difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo vengano inizialmente sottoposti a controlli per verificare una sospetta sordità, dal momento che non mostrano apparenti reazioni, proprio come se avessero problemi uditivi, quando vengono chiamati per nome.
La gravità e la sintomatologia dell’autismo variano molto da individuo a individuo e tendono nella maggior parte dei casi a migliorare con l’età. Alcune persone autistiche possiedono per esempio una straordinaria capacità di calcolo matematico, sensibilità musicale o altri talenti in misura del tutto fuori dell’ordinario, come realizzare ritratti o paesaggi molto fedeli su tela senza possedere nozioni di disegno o pittura.
La psicoanalisi è stata accusata di colpevolizzare le figure genitoriali, in particolare quella femminile, definita madre frigorifero, attribuendo la causa della sindrome ad un disturbo dei rapporti primari con chi assume il ruolo di accudimento (caregiver), giungendo a pro-porre il distacco dal nucleo familiare, la cosiddetta parentectomia, come terapia riabilitativa. Tale modello esplicativo e terapeutico è stato poi bersaglio di critiche e ostracismi, prima in America e poi in Europa, anche per via della progressiva maggiore diffusione di teorie biologiche nell’etiopatogenesi dei disturbi mentali rispetto alle teorie psicogene e ambientali che avevano dominato il campo in precedenza.
Una quantità di ricerche ha mostrato come l’ambiente familiare influenzi grandemente lo sviluppo e le caratteristiche dei figli, malati e non, e come le dinamiche familiari e le relazioni genitori-figli possano essere soggette a distorsioni e fonte di malesseri e gravi disagi. Nel caso dell’autismo viene oggi vissuta in modo estremamente conflittuale l’osservazione del funzionamento delle dinamiche familiari, coll’effetto talvolta di impedire interventi potenzialmente utili, se non indispensabili. La diagnosi di autismo sembra allora eliminare d’ufficio ogni coinvolgimento dei genitori, a differenza di quanto accade nel rimanente campo dei disturbi mentali e dell’handicap.
In effetti in tutti i paesi, sia in USA che in Gran Bretagna che in Italia ecc. gli psicoanalisti sono tuttora coinvolti nell’intervento nelle situazioni di autismo: non tanto e non solo per intervento diretto col bambino, ma anche nell’aiuto alla famiglia a diminuire possibili aspetti disfunzionanti, nel lavoro in collaborazione con educatori, riabilitatori, insegnanti per accompagnare bambino e famiglia nello sviluppo possibile, in una situazione che resta tutto-ra poco conosciuta in tanti aspetti.
Riassunto di Marco Luè da “Wikipedia, l’enciclopedia libera.
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Newsletter della Storia dei Sordi n. 648 del 17 febbraio 2009