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Geni e linguaggio (Newsletter della Storia dei Sordi n. 643 del 9 febbraio 2009)

Geni e linguaggio

Il linguaggio umano si è evoluto troppo velocemente perché si manifestassero processi coevolutivi con i geni, suggerendo che esso sia formato e diretto dalla cultura e non dalla biologia

Il linguaggio si sarebbe evoluto culturalmente e non geneticamente: lo afferma una ricerca condotta da studiosi dell’University College di Londra

 che hanno sviluppato un modello sulle modalità con cui eventuali geni del linguaggio avrebbero potuto evolversi in parallelo all linguaggio stesso. Dallo studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), risulta che l’adattamento genetico al linguaggio sarebbe estremamente improbabile dal momento che le convenzioni culturali cambiano molto più rapidamente dei geni.

Secondo i sostenitori dell’ipotesi dell’esistenza di geni del linguaggio, questi si sarebbero potuti evolvere attraverso il cosiddetto effetto Baldwin, un meccanismo per cui alcune caratteristiche sviluppatesi nel corso della vita potrebbero, nel corso di molte generazioni, venire gradualmente a essere codificate nel genoma perché i soggetti con una più forte predisposizione a sviluppare quei tratti godrebbero di un vantaggio selettivo rispetto agli altri. Un esempio dell’effetto Baldwin è lo sviluppo delle callosità sternali e sottocaudali dello struzzo, originariamente sviluppatesi in risposta ad abrasioni. Nel corso delle generazioni la selezione naturale avrebbe favorito gli esemplari che sviluppano tali callosità più rapidamente portando infine a selezionare quelli che le sviluppano anche in assenza dello stimolo ambientale.

Lo studio in questione, diretto da Nick Chater, ha modellato i modi in cui geni codificanti proprietà specifiche del linguaggio avrebbero potuto coevolvere col linguaggio stesso, scoprendo che ciò sarebbe potuto avvenire solamente in un contesto linguistico fortemente stabile. “L’ambiente linguistico è invece in continuo cambiamento, e a una velocità di gran lunga troppo rapida per i cambiamenti genetici. Così, l’intero gruppo linguistico indoeuropeo si è differenziato in meno di 10.000 anni”, ha detto Chater.

Questa conclusione è rafforzata dall’osservazione che se un simile adattamento fosse avvenuto nel corso della storia evolutiva dell’uomo, il processo sottostante avrebbe operato indipendentemente sulle popolazioni umane moderne da quando di sono diffuse dall’Africa nel resto del mondo 100.000 anni fa. E in tal caso le diverse popolazioni avrebbero dovuto coevolvere con i loro propri gruppi linguistici portando a moduli del linguaggio differenti e mutuamente incompatibili. Ma le popolazioni australasiane rimaste notevolmente isolate per 50.000 anni non mostrano dificoltà ad apprendere i linguaggi europei.

“Il linguaggio è unicamente umano. Ma questa unicità deriva dalla biologia o dalla cultura? La questione è centrale per la nostra comprensione di ciò che significa essere umani, e ha implicazioni fondamentali sui rapporti fra geni e cultura. Il nostro lavoro svela un paradosso al cuore delle teorie sull’origine evolutiva e sulle basi genetiche del linguaggio: anche se è evidente che abbiamo una predisposizione genetica per il linguaggio, il linguaggio umano si è evoluto decisamente troppo velocemente perché i nostri geni potessero recepirlo, suggerendo che esso sia formato e diretto dalla cultura e non dalla biologia”, ha osservato Chater. (gg)

Fonte: repubblica.it

nw643


 

Newsletter della Storia dei Sordi n. 643 del 9  febbraio 2009

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