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Aiutare i sordi? Una missione (Newsletter della Storia dei Sordi n. 584 del 13 novembre 2008)

Aiutare i sordi? Una missione.
In cortile, dopo pranzo, i bambini si rincorrono sotto un sole inaspettato e rassicurante. Lanciano gridolini di gioia, prima si spintonano e subito dopo fanno la pace, spiegandosi le rispettive ragioni con la lingua dei segni. Poco distante, nel «Laboratorio zero», gli attori continuano le prove per l’ultimo spettacolo «tradotto», mentre nella stanza dell’Associazione silenziosa di scacchi, cavalli e regine si danno rispettosamente battaglia.
Sono fusi insieme in un’armonia inconsueta, quasi religiosa, i microcosmi che danno vita all’Istituto statale dei sordi di Roma. E nell’ex convitto di via Nomentana, poco distante da Porta Pia, tutto funziona talmente bene da sembrare frutto di un artificio. Ma non è così: a rendere possibile un piccolo miracolo feriale è uno staff che le motivazioni le trova nella propria storia o in altre storie che, per empatia, finisce per fare proprie: «Qui vengono persone con un parente o un figlio sordo, giovani che desiderano diventare interpreti e semplici amatori, che si appassionano alla lingua dei segni», ci viene spiegato mentre assistiamo a una lezione tenuta da un insegnante non udente. Perché qui la Lis, questa la sigla italiana dell’idioma, la si insegna e la si utilizza tutti, da sola o accompagnata con le parole. Nelle classi, dal nido specializzato alla scuola media, dove ci sono esempi tangibili di integrazione, con bambini «normali» che studiano gomito a gomito con i loro coetanei sordi.

Nell’angolo della ricerca, con l’istituto di Scienze e tecnologie della cognizione del Cnr, e in quello dell’approfondimento, la biblioteca specializzata con oltre 3mila volumi storici.
È vero, nell’edificio l’umidità tormenta i muri e il mobilio di alcune stanze ha sopportato l’eco di due guerre mondiali, ma nell’istituto il «progresso» è pragmatico, arriva sotto altre forme. All’interno della mediateca per esempio, tra dvd e video nella lingua dei segni e software didattici. O negli spazi di ascolto per le famiglie e i loro piccoli, dove i genitori ricevono consigli da un educatore, mentre i figli hanno la possibilità di giocare in uno spazio attrezzato e stringere nuove amicizie. Ancora, c’è uno sportello sulla sordità per consulenze psicologiche e un gruppo di incontro per adolescenti e pre-adolescenti sordi.

«Operiamo come un centro servizi e stiamo aspettando dal presidente della Repubblica un decreto che ci conferisca ufficialmente tale ruolo», spiega il traghettatore verso questa fase più matura, il commissario straordinario e sociologo Ivano Spano. Che, mettendo da parte gli eufemismi, definisce «ridicoli» i finanziamenti ricevuti fin qui dallo Stato («sono saliti a 44mila euro l’anno, solo il riscaldamento ne costa 50mila») e, contemporaneamente, sottolinea la forza dell’istituto di andare avanti da solo, con i propri mezzi e l’entusiasmo di chi lo popola tutti i giorni. «È un incessante andirivieni – assicura – gli stimoli non ci mancano mai».

Fonte: il giornale.it  – nw584


Newsletter della Storia dei Sordi n. 584  del 13 novembre 2008

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