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Quando la sordità è del figlio (Newsletter della Storia dei Sordi n. 562 del 14 ottobre 2008)
Quando la sordità è del figlio. Il caso di Daniela Rossi *
La sordità di un figlio irrompe nella vita dei genitori come una dolorosa assurdità.
I bambini sono voci squillanti, domande e filastrocche. Sordo potrebbe essere un nonno, questo ci si aspetta. Invece capita che proprio tuo figlio non riesca a sentire le parole d’amore, la ninna nanna, i richiami. Io l’ho scoperto quando Andrea aveva un anno. Ho raccontato il nostro percorso verso serenità e pienezza, nel libro “Il mondo delle cose senza nome” (Fazi ed. presto in ristampa presso Bompiani tascabili), divenuto trasposizione cinematografica per la RAI con Elena Sofia Ricci, ed ora anche un adattamento teatrale e ballo scritto ed interpretato da Annarita Chierici, di scena in questi giornia Roma. All’argomento è dedicato anche il primo capitolo del mio nuovo libro “Il sacerdote e il kamikaze”(Salerno ed.) il cui protagonista è un otorinolaringoiatra. Il destino dei neonati non udenti è nelle mani di questi specialisti. Si tratta di medici validissimi ma che per formazione non sono tenuti ad avere idea della psicologia dell’età evolutiva o di come nasca il linguaggio. L’equipe che li appoggia dipende dalla loro autorità e tende a spostare l’attenzione sull’apparato uditivo inteso come parte difettosa da riparare. L’impianto cocleare, un tempo indicato solo per sordità quasi totali e mai per bambini piccoli, oggi viene applicato sempre più spesso anche ai lattanti. Si tratta di un apparato complesso che richiede un’operazione chirurgica, controlli, manutenzione, ed è costituito da una parte interna e da una esterna. La prima può rompersi per una semplice pallonata in testa rendendo necessaria una nuova operazione, la seconda va tolta ogni volta che si rischia di danneggiarla o di esserne impediti nei movimenti. Mi domando se negli ospedali italiani i genitori ricevano realistiche informazioni sull’esistenza di apparecchi acustici ad alta tecnologia, vanto della ricerca italiana, che hanno salvato mio figlio ed almeno altri mille bambini. Valorizzano al massimo i residui uditivi, sono minuscoli, pesano pochi grammi e non costituiscono impedimento per alcun genere di sport, calcio, judo e lotta compresi. Sono persino in versione impermeabile per nuotatori e velisti. La nascita del linguaggio, la maturazione di un individuo sereno e dotato di autostima sono favorite non poco da un rapporto spontaneo e naturale con il proprio corpo e il prossimo. Portare l’impianto cocleare non è il massimo né per un bambino né per un adolescente.
Il rispetto dell’integrità dei bambini sordi è un argomento che sta molto a cuore ad una persona eccezionale che ho avuto modo di conoscere in questi anni. È il professor Gitti, direttore dell’istituto CRO di Firenze, che ha iniziato il suo percorso con Don Milani e da 40 anni insegna a parlare ai bambini sordi. È autore di varie pubblicazioni e di un libro particolarmente emozionante “La sordità non ha colore” frutto della sua appassionata esperienza con i bambini non udenti del Congo. Per loro ha attrezzato un centro diagnostico, ha fornito apparecchi acustici e insegnato ai genitori come comunicare con i loro piccoli.
Al suo libro è abbinato un prezioso dvd (per info 800327078 www.lasorditanonhacolore.it).
* Autrice di “Il mondo delle cose senza nome”
Fonte: repubblica.it (salute) – nw562
Newsletter della Storia dei Sordi n. 562 del 14 ottobre 2008