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Educatori Sordi dell’Ottocento (Newsletter della Storia dei Sordi n. 557 del 7 ottobre 2008)
Gli Educatori Sordi dell’ottocento. Dal libro della storia delle «Fondazioni dei Complessi Scolastici per i Non Udenti» di F.Zatini, edito a Firenze nel 1991, ho rilevato che a Venezia la scuola per i sordomuti iniziò nel 1861, con un fatto importante della storia dei sordi che “c’era un maestro sordomuto Francesco Bellaschi proveniente dalla scuola milanese”.
Quindi sarebbe questo uno dei primi Educatori Sordi dell’ottocento.
Per questo è da approfondire chi era questo personaggio; di recente (nell’estate 2007) mi rivolsi alla Biblioteca Storica della Casa del Sordoparlante di Milano per aver avere qualche informazione della conferma dell’esistenza del Bellaschi, che frequentò la scuola speciale di Milano prima che diventasse “maestro dei sordi”.
La ricercatrice Angela Cavallini della Biblioteca citata, impegnatasi con la sua lunga ricerca certosina, vengono emerse altre notizie utili oltre a questo Educatore Sordo che risultò essere di cognome: Belluschi (non Bellaschi) che frequentò le classi del Pio Istituto Sordomuti poveri di Campagna diretto dal celebre maestro sac. Giulio Tarra, quindi considerato uno dei primissimi allievi (24 in tutto) del costituendo Istituto medesimo, come risulta dall’elenco dei sordomuti “ricoverati a cura della Commissione promovitrice l’educazione de’ Sordo-Muti poveri in Milano al 30 giugno 1855”. Fu lui (Francesco Belluschi) considerato uno dei primi educatori sordi come quelli di Giuseppe Minoja, Felice Carbonera, Antonio Renoldi, ecc.
Francesco Belluschi
Gli altri rendiconti della suddetta “commissione promovitrice” hanno confermato la presenza di Belluschi nel suddetto Istituto nei seguenti anni: 1855, 1856, 1858.
In particolare sull’allegato rendiconto, si citano “delle composizioni fatte degli Allievi durante l’esame sopra tempi propositi all’atto dello stesso, dal Cav. Giuseppe Sacchi” (Sacchi udente maestro dei sordomuti, della classe che frequentò il Belluschi, n.d.r.) in cui si trascrive la lettera di Belluschi indirizzata al Rettore Giulio Tarra, dove racconta del suo viaggio a Bergamo per la visita al Pio Istituto Sordomuti dell’omonima città nel 1858.
«Molto Reverendo Signor Rettore (Giulio Tarra, n.d.r.). Oh! mio amabile padre! Le scrivo questa letterina perché amo di narrarle un bel viaggetto da me fatto, purchè cioò le piaccia: ma siccome io penso che Ella ama assai di sapere le mie nuove, così io voglio descriverle quel mio divertimento fatto col mio compagno Giovanni Lucini. Mi permetta quindi che io glielo narri.
Un giorno, io, avendo ricevuto il permesso dai miei genitori di fare una gita, né fui contento in segreto: pure a me dispiacque di farla solo; lande io mandai una letterina al mio caro compagno Giovanni per invitarlo a venire meco. Questi acconsentitovi, si affrettò ad arrivare al mio paese. Poi io con lui, mi recai colla mia sedia alla stazione del vapore che va a Venezia, perché noi desideravamo di farci trasportare a Bergamo, onde ritrovare il signor Rettore dei sordo-muti chiamato Antonio Mangili, che ci ama assai, e per vedere quei miei fratelli di sventura. Arrivativi, noi smontati dal vapore, salimmo sul monte per giungere a quella città; ciò ci fece assai rallegrare con piacere, poiché vedemmo la bella città sul monte, molte case, che vi ci sembravano molte pecorelle sdraiate. Il tempo era bello e sereno comne il lago tranquillo. Poi noi mentre proseguivamo a salire, sentimmo tanta sete, per il che ci facemmo dare del latte da un pastore, che custodiva le pecore che pascolavano, e lo bevemmo con piacere.
Giunti a Bergamo l’attraversammo ed arrivati allo stabilimento di D. Antonio Mangili, appena vi entrammo, egli corsoci incontro in un batter d’occhio ci abbracciò come pietosa madre. Allora io e Lucini gliene rendemmo mille grazie, e poi condottoci alla sua stanza, nella quale ci disse le più dolci cose che ci fecero consolare, ci permise di fermarci nel suo stabilimento per una settimana: allora noi contenti ammirammo la sua bontà. Ivi noi discorremmo cogli altri sordo-muti intorno alla nostra istruzione ed alla nostra educazione: però dopo una settimana noi li salutammo con gran dispiacere, perché essi sono i nostri compagni d’infortunio, e riverimmo con tante lagrime dolorose D. Antonio, che pianse con gran dolore di separarsi da noi, perciò ci diede un bel libro di Storia Sacra per memoria di lui: poi dopo di avergli baciata la mano, la salutammo con tante lagrime dispiacenti per doverci dividere da lui e da tutto lo stabilimento, ritornammo verso il vapore con profonda tristezza come gli austriaci vinti, quando abbandonarono Milano. Arrivativi ci recammo col vapore verso Milano per ritornare a Desio.
Oh! caro mio signor Rettore! le domando scusa di non essere entrato nell’istituto per riverirla: perciò Ella pensa forse che io sia ingrato? No, no, perché io aveva bisogno di assistere i miei vecchi genitori, che stavano aspettandomi ansiosamente ma invece fra alcuni giorni io le prometto di venire a ritrovarla per riverirla ed onde sapere sue notizie.
La riverisco con amore figliale e la prego di dire ai miei compagni, che io li saluto.
Mi creda con eterna riconoscenza.
Di Lei Affez. Ed Umil. Servo
BELLUSCHI FRANCESCO, sordo-muto.»
Poi, nel rendiconto del 1859 si rileva il nominativo degli allievi della classe “II – Maggiore – Anno quinto” di cui il Belluschi assieme ad altri 11 allievi diretta dall’Istruttore Sac. Giulio Tarra (Rettore del Convitto” e in particolare si nota che “il premio seiennale per chi maggiormente si distinse per ingegno ed applicazione nei sei anni di sua dimora nell’istituto” fu assegnato a Belluschi.
Nel documento del 1863-64 del Pio Istituto si indicano per la prima volta i dati del Belluschi: di 18 anni (anno di nascita sarebbe 1845), a Desio nel circondario di Monza, di Giuseppe (suo padre) e di Giuditta Arosio (sua madre).
Metodo educativo
Come dalla testimonianza dei documenti giacenti della Biblioteca Storica della Casa del Sordoparlante di Milano che esistevano già gli Educatori Sordi (Maestri sordi, n.d.r.) prima del Congresso Internazionale degli Educatori dei Sordi (Maestri udenti) a Milano nel 1880 quale si stabilì il divieto dell’uso della lingua dei Segni nell’insegnamento delle scuole dei sordi.
Si evidenzi in quel tempo la metodologia comunicativa in maniera totale come è specificato nell’annuario della Commissione Promotrice dell’educazione dei sordi del Pio Istituto Sordomuti di Milano nel 1865-64 che cita “La scuola s’é formata da sé con metodo tutto proprio, evidente, ovvio e sicuro, basato sullo sviluppo naturale delle idee ed appoggiato ad un ordinato comtempramento e vicendevole sussidio di tutti i mezzi: pantomima, linguaggio manuale, scritto ed articolato, in relazione al fine supremo ch’ è lo svolgimento delle facoltà intellettuali e morali…”.
Sull’esistenza degli Educatori Sordi nelle scuole dei sordomuti dell’ottocento, come è scritta nella relazione del Pio Istituto Sordomuti che segna l’esito positivo metodologico “introdotto e pienamente seguito da molte scuole d’Italia, presso alcune delle quali si trovano degli istruttori, già allievi della nostra istituzione milanese, e fra essi ben sette giovanetti sordo-muti, usciti dalla nostra scuola”.
Gli altri educatori sordi
Dalla relazione del 1864-65 sulla dotazione dei convitti (sezione maschile e quella femminile) dipendenti dalla Commissione del Pio Istituto, si indica il Sordo Felice Carbonera come “Maestro”.
C’è un altro sordo, Francesco Ratti, come “assistente alle scuole per le classi inferiori”, nonché l’educatrice sorda Regina Arosio, che, “destinata da chi presiede alle scuole di Lissone (Scuola Comunale, n.d.r.) ad assistente pei lavori e per la calligrafia, corrisponde all’incarico in modo assai lodevole”.
Ancora, “un’altra delle nostre allieve, pure assai ben istruita ed educata, prese parte nella qualità di assistente presso la scuola di Como: essa è Teresa Villa di Baggio”.
L’orgoglio del Pio Istituto per la sistemazione lavorativa dei sordi adulti è quello che “i 63 sordomuti sortiti dall’Istituto sono quindi occupati come segue: n. 5 assistenti (educatori, n.d.r.) presso i diversi Istituti di Venezia, Bergamo, Lodi, Pavia, Milano, n. 10 falegnami, n.9 tessitori, n.6 sartori, ecc. Infatti progettò il futuro “Patronato”, questo avvenne nel 1874 per opera dei due sordomuti Felice Carbonera e Carlo Triarca appoggiati dai sacerdoti: Giulio Tarra e Eliseo Ghislandi.
L’importante successiva relazione per gli anni 1865-1866 conferma che “fra gli alunni che si spinsero più avanti negli studi, ricorderemo quelli che ottennero d’essere docenti in altre scuole, cioè:
Francesco Radaelli, assistente a Pavia;
Giovanni Tomaso Lucini a Lodi;
Francesco Belluschi a Venezia;
Rachele Spada a Pavia;
Teresa Villa a Como;
Francesco Ratti a Milano;
Regina Barenghi a Milano.
Dopo la decisione del Congresso di Milano del 1880 non sappiamo più la conseguenza degli Educatori Sordi salvo che alcune scuole li tennero come assistenti dei maestri udenti (calligrafista, maestro del disegno, maestro dell’arte: sarto, calzolaio, ebanista, ecc.)
Il termine “educatore sordo” significa (la persona sorda che insegna come un maestro) che fa l’educazione dei sordi, mentre il termine “educatore del sordo” si dice la persona udente che insegna ai sordi.
In conclusione, per merito della ricerca di Angela Cavallini, i nomi citati degli educatori sordi dell’ottocento sono aggiornati oggi nell’apposita enciclopedia “di tutto e di tutti circa il mondo della sordità”, sperando che raccolga altri nomi di educatori sordi oscurati dall’evoluzione delle scuole dopo il citato Congresso. Il materiale è cortesemente fornito dalla Biblioteca storica della Casa del Sordoparlante di Milano.
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Newsletter della Storia dei Sordi n. 557 del 7 ottobre 2008