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Il gene per restituire l’udito (Newsletter della Storia dei Sordi n. 543 del 17 settembre 2008)
Utilizzandolo si riesce a ripristinare un gruppo di cellule specializzate dell’orecchio. Il gene per restituire l’udito.
Per ora solo esperimenti su animali, ma la scoperta potrebbe avere importanti prospettive.
La terapia genica rappresenta una promessa per la cura della sordità (Grazia Neri)
Secondo il mensile Nature, come riporta oggi Bbc, un team di ricercatori statunitensi della Oregon Health and Science University ha scoperto che utilizzando un gene particolare, l’Atoh 1, si riesce a ripristinare il corredo di cellule ciliate della coclea. Queste ultime sono le cellule deputate a convertire lo stimolo sonoro proveniente dall’esterno in segnali elettrici che, attraverso il sistema nervoso, raggiungono il cervello per essere decodificati e catalogati. In Italia i sordi sono circa settantamila e questa cifra comprende sia coloro che lo sono dalla nascita che chi lo è diventato; tra questi molti sono quelli che hanno perso progressivamente l’udito a seguito di fenomeni di morte delle cellule ciliate dovuti a un naturale invecchiamento biologico.
LO STUDIO – Al momento la tecnica viene utilizzata solo su animali da laboratorio e prevede l’impianto dell’Atoh1 in cellule normali utilizzando un virus innocuo come veicolo per il gene. Le nuove cellule che si vengono a formare funzionano esattamente come quelle ciliate della coclea, restituendo l’udito alle cavie. Questo risultato viene definito dagli stessi ricercatori un «primo passo cruciale» nel delineare terapie su basi genetiche che possano portare alla risoluzione del problema delle sordità. La sperimentazione di questa tecnica sugli umani è ancora piuttosto lontana e a tutt’oggi l’unica possibilità per chi ha perso l’udito è quella di ricorrere a impianti cocleari che bypassano le cellule ciliate danneggiate e provvedono a stimolare direttamente il nervo acustico. Va detto che in questo modo non viene ripristinato un udito normale ma viene soltanto data la possibilità di avere la sensazione dei suoni esterni. Il mondo scientifico ha accolto questa notizia con molta attenzione e, senza rinunciare alla scontata prudenza, con un certo ottimismo. Anche in questo caso, quindi, ci troviamo di fronte a una promessa da parte della genetica di riuscire a curare una patologia laddove, finora, chirurgia e farmacologia hanno fallito.
PROSPETTIVE E CAUTELE – Il professor Bruno Dallapiccola, già presidente della Società Italiana di Genetica Medica, commentando la scoperta scientificaa Corriere.it ha sottolineato con molta convinzione la cautela necessaria in questi casi e la pericolosità di paragonare con disinvoltura i topi da laboratorio agli esseri umani. «Innanzitutto bisogna vedere quanto il virus utilizzato come veicolo per il gene sia effettivamente innocuo, soprattutto considerato un lungo periodo – ha dichiarato Dallapiccola – inoltre bisogna ricordare sempre che attualmente non esiste alcuna terapia per patologie che abbiano a che fare con il sistema nervoso (di cui l’udito fa parte)». Insomma, pur essendo un importante passaggio, la scoperta dei ricercatori dell’Oregon riguarda comunque gli animali, secondo il genetista, e il trasferimento dell’efficacia di una qualsiasi scoperta sull’uomo è tutta da verificare. I«Si tratta di una scoperta importante relativamente alla conferma formale del ruolo del gene Atoh1 nella formazione delle hair cells dell’orecchio interno», ha invece sottolineato Claudio Bordignon, dell’ospedale San raffaele di Milano e uno dei pioneri della terapia genica in Italia. «Un’importante addizionale evidenza è quella che una procedura di trasferimento genico di questo rilevante gene (la terapia genica) può efficacemente correggere il difetto quando trattato in fase prenatale o perinatale. Si tratta anche di un’importante nuova prospettiva per la fattibilità futura di questa terapia nell’uomo. Naturalmente prima che questo modello possa essere trasferito ai pazienti saranno necessari diversi anni, oltre all’allestimento di procedure e tecnologie adattabili ai pazienti».
Emanuela Di Pasqua – 28 agosto 2008 Fonte: Corriere.it
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Newsletter della Storia dei Sordi n. 543 del 17 settembre 2008