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Valori e pedagogia dell’esistere. Roberto Di Mario, un sordo speciale (Newsletter della Storia dei Sordi n. 486 del 7 maggio 2008)
Valori e pedagogia dell’esistere. Roberto Di Mario, un sordo speciale.
Consigliere presso la Sezione provinciale dell’ENS di Latina e strenuo difensore dei diritti dei sordi italiani.
Ad una anno dalla morte una cerimonia religiosa in Santa Chiara a Latina.
La figlia Maria Civita, noto personaggio televisivo, lo ricorda con parole commoventi e gesti commossi. Sta in piedi al lato dell’altare dove don Daniele Della Penna celebra la messa. Usa con impressionante scioltezza il linguaggio gestuale, la L.I.S., per comunicare e interagire con la folta comunità dei sordi presenti, con i familiari, i tanti amici, i fedeli. Traduce le preghiere, il vangelo, la colta omelia di un parroco che è anche il responsabile per la pastorale giovanile della Diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, (tre cattedre medievali e una moderna a sincresi di una nuova, più grande diocesi). E Gesù disse: ”Io sono la via, la verità e la vita” nel vangelo secondo S. Giovanni (14, 1-12). Occorre un sacerdote colto per spiegarlo bene all’assemblea e lui, infatti, fa riferimenti anche di architettura, alla chiesa di S.Stefano Rotondo in Roma. Ma Don Daniele, non lo dico con la partigianeria sospetta del parrocchiano e dell’amico, è una persona colta, oltre che interiormente convinta della sua missione. E’ anche scrittore, poi, e i diritti d’autore della sua opera prima (a giorni dovrebbe uscire “ La Leggenda della dama splendente” un bel libro di fantasy di cui è coautore nello pseudonimo di D.S.Walker lui e di M.J.Moon il compagno) li ha destinati per la sua parte all’edificazione della nuova chiesa… C’è tutta la famiglia di Roberto, oggi qui presente. La moglie Lucia Zangrillo, i figli Aldo e Maria Civita, i nipoti. Quest’ultima l’abbiamo vista spesso sugli schermi televisivi, minuta con i suoi capelli neri ondulati, ricordare con la L.I.S. agli elettori delle recenti politiche come utilizzare correttamente la scheda, interpretare dal palco i discorsi dei principali leader politici, non soltanto di quelli approdati sul palco di Piazza del Popolo a Latina come Veltroni e Fini. Alla fine suo marito, Aldo Cianchetta, leggerà al microfono un commovente pensiero per Roberto scritto da M.Civita che, intanto, lo sta traducendo nella lingua gestuale dei sordi. Violando il velo della discrezione al termine della cerimonia me li farò consegnare questi tre foglietti manoscritti in fretta. “Caro Papà, è già un anno che sei scomparso. Mi sembra incredibile che sia passato già un anno, eppure siamo qui oggi. Tutti qui riuniti, nonna Velia, Mamma, io, Aldo, zio Luciano, zia Paola, tutti i tuoi amici e quanti ti hanno conosciuto e voluto bene. Per ricordarti. Sei stato un papà speciale, un marito speciale, un uomo speciale e poi, voglio ricordarlo, un… sordo speciale. Sei stato un esempio per tanti giovani sordi, fermo nei tuoi principi e strenuo difensore dei diritti dei sordi italiani. Forse anche per questo ho deciso di diventare interprete, per abbattere quelle barriere della comunicazione che spesso si frappongono tra mondo udente e sordo. E poi non posso dimenticare e non dimenticherò mai i tuoi mille interessi, lo sport, l’atletica, il sollevamento pesi, le tue immersioni in mare, i funghi, la pittura, la scultura come nonno Lorenzo… Ti ricorderò per sempre chino su di un ciocco di legno da lavorare o dietro il cavalletto con il pennello… perché dicevi di aver bisogno di estraniarti da tutto e la cosa ti rilassava…”.Continuando a scrivere ogni giorno su ciò che casualmente mi capita, mi imbatto nuovamente questa mattina, come già l’anno scorso quando avrei voluto scrivere ma poi non lo feci, su questo personaggio significativo della città. Così chiedo a M. Civita (in foto) i suoi appunti, spiego che voglio pubblicarli perché sono importanti, incoraggianti per tanti che vivono la medesima condizione di handicap e non la sopportano con la serenità, gli interessi sportivi e culturali e la forza morale dimostrati da suo padre. “Roberto è una pedagogia che va insegnata”, le dico, ben oltre la L.I.S. che pure è, sicuramente, uno strumento importante di comunicazione. Simbolo di una vita che vale sempre, non la pena, ma la gioia di vivere, di una lotta contro il limite della natura e che si può tentare di pianificare anche nelle sue tremende difficoltà. E i figli belli e sani sono qui davanti a me a testimoniarlo. Questo è, forse, il coraggio di passi che piedi forti non si negano a priori di calcare: “Chi è incerto, titubante, chi ha paura mi segua!” sembra gridare Roberto col suo esempio…Vivere bene è il primo compito che abbiamo, la prima comunicazione che emaniamo, con i gesti prima ancora che con le parole. La comunicazione con i gesti è sicuro, infatti, che “è amore” e non tradisce mai, almeno non così spesso come quella con le parole, a volte pronunciate in fretta e per frode. Autore: Sergio Andreatta – Fonte andreatta.it
La L.I.S., Lingua Italiana dei Segni, è ancora scarsamente e/o superficialmente conosciuta in ambito sociale e scolastico. “I segni come parole” da sempre, fino a diventare naturalmente la lingua dei sordi, un tramite di integrazione tra il loro mondo e il resto della società. Come educatori non possiamo ignorare questa modalità comunicativa (come dirigente scolastico del IV Circolo didattico di Latina mi avvalgo di una di queste specialiste nella scuola primaria di Borgo S. Michele) se vogliamo avvicinarci al mondo dei sordi, interagire con loro, venendo così, ma non pietisticamente, a conoscere le loro più interiori espressioni dell’anima.
nw486
Newsletter della Storia dei Sordi n. 486 del 7 maggio 2008