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Rocco Ruffini. Artista fotografico Sordo
I clic di Rocco Ruffini. Un libro fotografico appena uscito, curato da Clementina Santi, studiosa prestata all’amministrazione pubblica, ci restituisce la vita e i volti della Vetto dei tempi precedenti l’ultima guerra. “Della sua storia mi è piaciuto tutto”
Un libro fotografico può insegnare molto. Molto più, talvolta, che la pagina scritta.
Con un impatto e un’immediatezza che la descrizione forse faticherebbe parecchio a rendere altrettanto bene.
E’ il caso dell’ultimo libro uscito in Appennino, sull’Appennino reggiano. In particolare su Vetto e i suoi dintorni. Si tratta di una pubblicazione che presenta alcune delle belle foto contenute nell’ultimo archivio fotografico scoperto, dopo quelli già noti di un Amanzio Fiorini, di un Paul Scheuermaier, di un Teogene Lodi.
E’ quello di Rocco Ruffini, nato a Sole di Vetto nel 1899 (il 16 agosto, festa di S. Rocco, da cui il nome, secondo l’usanza contadina, come ci ricorda la Santi… ) e spirato a Vetto nel 1988, esattamente il 29 febbraio. In un anno bisestile come
quello che abbiamo appena iniziato.
Alcune brevi pagine di debita introduzione sono di Clementina Santi, assessore alla cultura della nostra Comunità montana (“L’Appennino e la sua memoria” e “Rocco Ruffini: la voce dei sali d’argento”), di Benedetto Valdesalici, noto medico psichiatra e curioso intellettuale (“Un ventennio di fotografia naïf”), di Paolo Maria Ruffini, nipote del fotografo (“Il mio ricordo”).
“Della storia di Rocco Ruffini mi è piaciuto tutto”, scrive la Santi. “Mi ha commosso la sua vita di bambino, sordomuto a causa di una malattia oggi curabilissima; il racconto di una macchina fotografica che veniva dall’America portata dal fratello; una curiosità intelligente per gli uomini e le cose, che lo porta a diventare fotografo”. Il “fotografo di Vetto”.
Aiutano il giovane don Archimede Mabilli, sacerdote del seminario di Reggio che si trova a Vetto per un periodo di riposo, Guido Ficcarelli, fotografo di Castelnovo ne’ Monti, e Francesco Manfredi, farmacista del capoluogo montano, che gli prepara i reagenti per lo sviluppo.
Un altro pezzo di storia, di “memoria visiva” – un “bene per la collettività” – della nostra montagna viene così ad aggiungersi a quelli, più sopra detti, che già possediamo. Un altro tassello per avanzare nella costruzione di quel mosaico che è un po’ il progetto dichiarato dell’assessore Santi: un grande archivio che conservi tutte le immagini della nostra montagna.
“Rocco fotografa tutto il suo mondo”, afferma Benedetto Valdesalici, “il paese [di Vetto] è mappato con costanza etnografica, comeun sito archeologico: motociclisti, biciclisti e triciclisti; il prete, il falegname, il soldato, la guardia, le adunate oceaniche, i figli della lupa, i Balilla, gli avanguardisti, le camicie nere, le massaie rurali del fascismo imperante. E poi le madri, i padri, i nonni, la nuora, la suocera, i figli e le figlie: un paese è fatto di famiglie che costituiscono un’unità collettiva e sono un microcosmo che riflette tutto il macrocosmo montanaro del ventennio”. I ritratti dei vecchi: “I bellissimi vecchi e le vecchie che l’ottocento ci aveva consegnato, vecchi matildici come purtroppo non se ne vedono quasi più: fieri, tenaci, dai tracci francesi, dai nasi asburgici, le orecchie longobarde, le fronti liguri, gli sguardi umili e ironici, balsamici”.
Paolo Maria Ruffini, infine, di getto e con slancio d’affetto: “Sono proprio felice che le lastre dello zio abbiano conosciuto una nuova, fresca e giovane stagione di popolarità e che tutto questo materiale venga conservato e tramandato”.
Villa Minozzo / Presentazione del libro di Rocco Ruffini
Sabato 26 aprile, alle ore 21, presso la Bottega culturale “I Mantellini”, si è tenuta la presentazione del libro “Rocco Ruffini, un fotografo sull’Appennino”.
La storia di questo fotografo è molto particolare. Rocco Ruffini, nato nei primi anni del ‘900 a Vetto e sordomuto fin dall’infanzia, aveva ricevuto in regalo all’inizio degli anni ’20 dal fratello, emigrato negli Stati Uniti, una macchina fotografica. In breve tempo era diventato il fotografo di tutta la comunità locale dell’area che va da Castelnovo ne’ Monti fino alla parte parmense della Val d’Enza. Fotografando luoghi, persone, situzioni e ed eventi è diventato testimone per la montagna di un’intera epoca a cavallo fra le due guerre.
Il nipote Paolo Ruffini, con la collaborazione di Benedetto Valdesalici che ha introdotto il volume, ha voluto valorizzare questo patrimonio fotografico proponendo alla Comunità montana dell’Appennino reggiano, nella figura dell’assessore alla cultura Clementina Santi, la pubblicazione di una raccolta di forografie estratte dalle circa 2000 lastrine fotografiche in possesso degli eredi.
La casa editrice Elytra ha raccolto volentieri l’invito della Comunità montana di partecipare al progetto, e nel dicembre del 2007 è stato pubblicato il libro. La casa editrice, che ha fra le sue finalità quella di valorizzare scrittori e opere dell’Appennino reggiano, ha inserito il volume nella raccolta “Terre e genti” dedicata proprio alla cultura locale.
Fonte: RedAcon (si ringrazia per la gentile concessione) – ps080 (2008)
«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
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“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini