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I segni? Ora sono materia scolastica

Crescere bilingue: bambini sordi e udenti in classe insieme grazie alla Lis, la Lingua dei segni italiana. E’ il progetto adottato in alcune scuole italiane e che ha coinvolto anche i ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Roma.
“La filosofia alla base delle scuole bilingue è molto semplice”, spiega Elena Tomasuolo dell’Istc-Cnr, “integrare il più precocemente possibile bambini udenti e sordi, insegnando loro entrambe le lingue, l’italiano e la Lis”.
Non più quindi, come suggerito da precedenti teorie, singoli bambini sordi inseriti in classi di udenti ma classi miste di udenti e non, a partire già dalla scuola d’infanzia.
Due le esperienze seguite da vicino dai ricercatori del Cnr, la scuola materna ed elementare di via Nomentana a Roma e il circolo didattico di Cossato (Bi). “Dai risultati dei nostri studi, che miravano a valutare le abilità comunicative e linguistiche dei ragazzi sordi”, dice Tomasuolo, “possiamo dire di aver riscontrato nei ragazzi che frequentano le scuole bilingue un livello prestazionale decisamente superiore, sia nella produzione e comprensione lessicale sia nello sviluppo del linguaggio, rispetto agli alunni sordi inseriti singolarmente in classi ordinarie. Ed è stato anche interessante notare che i bambini sordi nelle scuole bilingue ottengono complessivamente dei risultati paragonabili a quelli ottenuti dai loro coetanei udenti”.
“Le lingue dei segni”, aggiunge Virginia Volterra, dirigente di ricerca dell’Istituto, “sono lingue visivo-gestuali vere e proprie, con una loro grammatica e una loro sintassi diversa in ciascuna nazione, in grado di soddisfare qualsiasi bisogno comunicativo, cognitivo ed espressivo come, per esempio, conversare o discutere, giocare o recitare poesie o fare teatro. Per un bambino sordo è fondamentale poter acquisire sin da piccolo questa lingua così come è estremamente importante apprendere l’italiano. Se a queste necessità aggiungiamo poi quella di poter incontrare e frequentare i propri coetanei, il modello di scuola bilingue diventa uno strumento privilegiato e indispensabile per lo sviluppo evolutivo dei piccoli alunni”.
E non solo per i non udenti. “Da una ricerca condotta presso una scuola di Guidonia, vicino Roma, dove bambini udenti imparano la Lis come seconda lingua anche se non ci sono alunni sordi”, prosegue Volterra, “abbiamo verificato che imparare questa lingua potenzia e accresce le abilità cognitive, di attenzione e di discriminazione visiva in tutti i bambini”.
Senza tralasciare il divertimento e la facilità con cui viene appresa la lingua dei segni. “Entrando in una scuola bilingue”, conclude Elena Tomasuolo, “molto spesso non si riesce a distinguere quali siano gli alunni udenti e quali gli alunni sordi: entrambi sono in grado, chi meglio chi peggio, di utilizzare i diversi codici, il parlato, la lingua dei segni, il labiale, la dattilologia (alfabeto manuale), la lingua scritta. Una grande esperienza di integrazione, di rispetto e di pari opportunità nell’accesso scolastico”.
Anna Capasso
Fonte: Elena Tomasuolo, Virginia Volterra, Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr, Roma, tel. 06/44161525, e-mail: virginia.volterra@istc.cnr.it  (Almanacco della Scienza, a cura dell’Ufficio Stampa CNR n.14, 20 settembre – 3 ottobre)
sp007 (2006)


 

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