Iscriviti: Feed RSS

25 Aprile. Festa della Liberazione (Newsletter della Storia dei Sordi n.232 del 24 aprile 2007)

È la data del “cessate il fuoco”: 25 aprile 1945. La storia dei Sordi desidera commemorare questa ricorrenza, proclamata quindi Festa della liberazione, rendendo un particolare significato non solo per la somma degli insegnamenti che racchiude, ma perché ha avviato nuove vie per la ripresa della vita italiana in maniera di democrazia e per il rinnovamento e lo sviluppo della società nazionale, anche della comunità sorda.
Ci è quindi caro qui ricordare nel sessantaduesimo anniversario della “liberazione” dall’invasore tedesco, dal nazismo e dalla dittatura, che riporta il commovente racconto di un Sordo “partigiano”  (Edgardo Carli, n.d.r.) pubblicato su Rinascita nel lontano 1946 in occasione del primo anniversario della Liberazione.
I Sordi di oggi non devono dimenticare i sacrifici dei partigiani e anche dei Sordi partigiani per la libertà e la pace.

«La storia d’Italia è ricca di nomi, di fatti e date gloriosa della giornata del 25 aprile 1945; nessuna è più cara e vicina al cuore del popolo italiano di questa.
La più bella ed eroica gioventù italiana che sui monti aveva lottato senza mai piegare di fronte ai sacrifici, alle privazioni, al combattimento, ai feroci rastrellamenti, alle torture, scendeva in città per l’ultima battaglia. Capelli lunghi fino alle spalle, barbe incolte, volti smagriti, occhi ardenti, divise lacere e sporche: “Che importa se ci chiaman banditi, il popolo conosce i suoi figli”.
Già da una settimana vi era un’atmosfera di attesa e di preparazione. Da qualche frase sfuggita ai comandanti avevamo compresa che l’ora decisiva si avvicinava, tanto più che si erano fatti vasti spostamenti verso la pianura mentre i distaccamenti posti ai lati della strada nazionale avevano ricevuto l’ordine di impegnare più a fondo il nemico con attacchi in forza.
La “febbre della città” aveva preso tutti i partigiani mentre Comandati e Commissari studiavano le cartine topografiche con viso serio ed attento e le staffette arrivavano e partivano senza riposo, ed il telefono trillava continuamente.
Alla sera si andava nelle case e nelle osterie ove funzionava la radio ad ascoltare le notizie dei vari fronti e specialmente da quelle italiano. Si smontavano e pulivano armi, si faceva il tiro a segno. Tom ci dimostrò ancora una volta come sapesse sparare facendo centro ad ogni colpo guadagnandosi una lavata di capo tremenda e la minaccia di peggiori e più gravi sanzioni. Ecco quel che faceva quel mattacchione: fingendo di attaccare il nemico di essere solo contro… cento, si rotolava in terra e magari con le gambe all’aria sparava; si rialzava, faceva una giravolta e sparava, cadeva di nuovo e sparava; insomma quattro polli della Rosa rimasero dai colpi infallibili di Tom, ed il comando Brigata dovette pagare.
L’attesa cominciava a farsi troppo lunga, qualcuno già borbottava contro gli Alleati e contro la Missione Inglese che non dava mai l’ordine di attaccare, quando finalmente la radio trasmise il segnale tanto atteso: “Patrioti italiani! Attaccate il nemico su tutti i fronti, tagliate le sue vie di comunicazione ostacolate i suoi movimenti, non dategli tregua!”.
Ci guardammo in viso quasi senza respirare. Fu un attimo, poi la gioia esplose soffocando la commozione.
Feci i pochi chilometri che mi separavano dalla casa ove erano mia moglie e la mia bambina volando sulla bicicletta. Un abbraccio unico ci strinse.
Rifeci la strada fino al comando, ricevetti le istruzioni e partii con Remo e Volpe ed altri cinque compagni, tutti in bicicletta.
Le Brigate erano già in movimento. Era una cosa meravigliosa vedere l’ordine e la rapidità dei movimenti; si vedeva la grande  e precisa preparazione dei Comandi, mentre la disciplina degli uomini mostrava ancora una volta l’alto grado di responsabilità di ogni partigiano.
Avanti verso la città.
Si avanzava lentamente perché prima di una data ora non si doveva giungere in vista della città. Noi in bicicletta si andava avanti e indietro , a volte ci si staccava di qualche chilometro dal grosso dei partigiani e poi si ritornava, per poi ancora scendere verso la città ove il cuore avrebbe voluto già essere. In una piccola frazione ci fermammo ad attendere le Brigate.
Vogliamo vederle sfilare. Ecco che giungono. Tutti gli abitanti: uomini e donne giovani e vecchi, sono ai bordi della strada con mazzi di fiori, pane bianco e salume, anche bottiglie di vino già stappate offrono. Da tutte le finestre sventola il tricolore o magari soltanto una salvietta bianca.
Passano i Volontari della Libertà fra applausi e baci. Siamo commossi, li guardiamo passare come se fosse la prima volta che li vediamo.
Nessuna esaltazione, ma forse mai come in quel momento sentimmo e comprendemmo nel suo significato più profondo la parola Patria. Il cuore mi ballava in petto. Pensavo alle grandi parate tipo “imperiale” e confrontavo con questa; in quelle nulla di umano neppure nei volti; qui invece tutto spirava umanità; là tutto meccanico e meccanizzato, qui tutto umano e spontaneo.
Là un’Italia artificiale, contraffatta, gonfiata, qui l’Italia vera.
Avanti, ancora, la città attende, i nostri fratelli attendono, l’Italia attende. Ancora una volta ci siamo staccati; è già il crepuscolo quando finalmente vediamo profilarsi i campanili e le torri della città. Istintivamente ci fermiamo togliendo la sicura alle armi. Una casa di contadini, poco lontana, fra i campi sembra deserta; bisognava andarvi per chiedere informazioni; in quel mentre ci raggiunge un motociclista portaordini; “le Brigate devono fermarsi sulle posizioni raggiunte, investiranno la città domani alle prime ore del mattino. Voi otto dovete tornare indietro”. Ci guardiamo: noi otto andremo avanti; sarò la prima ed ultima volta che ci mostravamo indisciplinati. Purtroppo ci penseranno le mitragliatrici nemiche a rimandarci indietro perché sotto il loro fuoco incrociato non si passa.
Solo l’indomani mattina alle ore riusciamo ad entrare in città. Nella notte i tedeschi ed i compari fascisti sono suggiti sotto la pressione dei patrioti e del popolo insorto. Quando arriviamo noi vi sono soltanto le retroguardie tedesche che, vista tagliata la ritirata si arrendono: più di 7000 prigionieri ed un numero incalcolabile di armi e vettovaglie. Piccoli nidi di resistenza in alcune caserme e case della città. Breve scaramuccia contro un nido di franchi tiratori e poi arrivo a casa da mia madre.
I partigiani entrano in città fra il tripudio della popolazione. Si inizia il rastrellamento: questa volta noi che rastrelliamo!!! Dopo alcune ore arrivano gli Alleati, tutto è in ordine, gli impianti e gli stabilimenti industriali sono salvi, i servizi funzionano, la folla sembra impazzita dalla felicità; qualche colpo di fucile qua e là, ma ormai è finita, la vittoria è completa.
La bandiera italiana che l’amore e l’eroismo degli italiani migliori ha riabilitato all’onore del mondo civile sventolo simbolo di libertà».

Nel corso della seconda guerra mondiale, la Resistenza italiana (chiamata anche Resistenza partigiana o più semplicemente Resistenza) sorse dall’impegno comune di individui, partiti e movimenti che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la conseguente invasione dell’Italia da parte della Germania nazista, si opposero – militarmente o anche solo politicamente – agli occupanti e alla Repubblica Sociale Italiana, fondata da Benito Mussolini sul territorio controllato dalle truppe germaniche.
Il movimento resistenziale – inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza all’occupazione nazista – fu caratterizzato in Italia dall’impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici). I partiti animatori della Resistenza, riuniti nel CLN, avrebbero più tardi costituito insieme i primi governi del dopoguerra.
L’Assemblea costituente, eletta nel 1946 contestualmente allo svolgimento del referendum istituzionale, fu in massima parte composta da esponenti dei partiti del CLN che, in tale veste, elaborarono la Costituzione della Repubblica Italiana, ispirata ai principi della democrazia e dell’antifascismo. (Fonte: Wikipedia)

nw232


Newsletter della Storia dei Sordi n.232 del 24 aprile 2007

«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it.
“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini

Canali Tematici

Archivio Articoli

Articoli recenti

Articoli più popolari

Tag