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Dell’Epée Carlo Michele. Benefattore dell’umanità. (Newsletter della Storia dei Sordi n.211 del 26 marzo 2007)
Uno straordinario documento cita la “parola” della lingua dei “segni” dal giornalista de L’illustrazione popolare rispetto ai grandi educatori dei sordi nell’ottocento commentando solitamente il termine “mimico-gestuale” fino a quando gli studiosi e ricercatori sulla lingua dei sordi attorno agli anni 80 evidenziarono il giusto termine “segni” parafrasando quello citato già dal 1871.
«Fra i benefattori principali dell’uman genere vuolsi annoverare, senza dubbio, il celebre abate Carlo Michele dell’Epée nato il 25 novembre 1712 a Versaglia, morto il 23 dicembre 1789 a Parigi. Suo padre era architetto del re e di buon’ora il giovane dell’Epée si senti tratto al sacerdozio nel quale sperava trovar modo di soddisfare la sua ardente carità. Egli aveva compiuto di studi teologici e stava per pigliar gli ordini quando, datogli a firmare il Formulario, specie di dichiarazione molinista, ricusò e gli fu mestieri rinunciare agli ordini sacri.
Allora si diete alla giurisprudenza e di avvocato al parlamento di Parigi. Lo stato ecclesiastico però parevagli sempre la sua vocazione ed avendogli il vescovo di Troyes, nipote del grande Bossuet, offerto un canonicato nella propria diocesi, l’Epée fu finalmente ordinato. Rapitogli dalla morte il suo protettore, fece ritorno a Parigi ove le sue attinenze con Scanen fecero pronunziare contro di lui l’interdetto dell’arcivescovo di Beaumont. Costretto a lasciare le funzioni del suo stato, il giovane abate cercò un altro ufficio e si diede a tutt’uomo all’istruzione dei sordomuti.
Il caso gli aveva fatto conoscere due giovani sordomuti cui un prete della dottrina cristiana, il P. Vanini, aveva tentato trarre dall’ignoranza in cui li aveva immersi la natura per mezzo di stampe combinate per l’istruzione. L’Epée si offri a surrogare questo caritatevole religioso rapito dalla morte. Fu questo il principio di quella carriera luminosa ch’ei percorse con tanta sua gloria e tanto vantaggio d’una parte non piccola dell’umanità travagliata.
In quei torno Pereira era in gran dominanza a Parigi pei successi ottenuti mediante metodi misteriosi fra quali annoverasi l’invenzione dell’alfabeto manuale. L’Abate dell’Epée ha dichiarato nulla aver mai saputo del metodo del suo competitore né d’altri, per guisa che egli sarebbe giunto di per sé soltanto ai risultati importanti che tutti sanno. «La istruzione dei sordomuti, dice egli consiste a far entrare mediante gli occhi nel loro intelletto, quel ch’è entrato nel nostro mediante le orecchie.»
Per mezzo del disegno e dell’alfabeto manuale ei giunse a fissare nello spirito dell’allievo la nomenclatura grammaticale e ad esprimere, mediante segni naturali, la relazioni semplici degli oggetti; ma rimaneva a creare una grammatica per segni convenzionali che potesse servire ad esprimere la diversità dallo spirito il numero infinito delle relazioni onde la combinazione delle idee rende suscettibili gli oggetti, quest’ultima parte del compito toccò però ad un altro, all’abate Sicard.
Il metodo dall’abate dell’Epée, consiste ad impadronirsi dei segni di cui la natura ha insegnato l’uso ai sordomuti e che servono loro per comunione ai loro prossimi; a perfezionarli, e farne un vero linguaggio, espressivo e fecondo: e questo linguaggio dei segni metodici, perfezionato di poi dall’abate Sicari, è veramente creazione dell’abate dell’Epée. L’inglese Wallis l’aveva presentito; ma qui, come in tutto l’onore dell’invenzione appartiene a colui che l’applica e la pone in pratica.
L’abate dell’Epée cominciò a porre in pratica il suo metodo e giunse in poco tempo ad ammaestrare alcuni sordomuti. Incoraggiato dal successo, li tolse con sé sotto il proprio tetto per poter meglio sorvegliare la loro educazione. Egli aveva 7000 lire di reddito le quali a breve andare più non bastarono; egli si rivolse allora ad alcune persone ricche e filantropiche, soprattutto al duca di Panthévre e poté continuare ed allargare il suo stabilimento, cui però non poté porre sotto il patronato del governo. Egli ricusò le offerte più brillanti dall’estero; e, respingendo i donativi di Caterina II di Russia, la chiese in prova di benevolenza un sordomuto da ammaestrare. A Giuseppe II, ch’ erasi recato a visitarlo durante la sua dimora in Francia, rispose che se voleva bene ai sordomuti, bisognava porsi all’opera stessa. Per soddisfare questo desiderio l’imperatore gl’invio un ecclesiastico il quale dopo essere stato da lui ammaestrato, divenne a Vienna il direttore del primo stabilimento nazionale di quella città a vantaggio di quegl’infelici.
L’eccesso del suo zelo trasse addosso dall’abate dell’Epée alcuni impicci, fra i quali citeremo il lungo e dispendioso piato a prò del muto Solar. Dopo aver visto sorgere in ogni dove istituzioni analoghe alla sua, sotto la direzione di persone da lui stesso ammaestrato, l’abate dell’Epée mori in mezzo à suoi diletti allievi ricevendo l’assicurazione consolante che il governo non avrebbe lasciato andare a male il suo beneficio istituto. Il re lo mise in fatti sotto la sua protezione, e l’Assemblea costituente fondò nel 1791 l’Istituto nazionale dei sordomuti a Parigi. Pubbliche onoranze furono rese alla memoria di questo grande filantropo e l’Assemblea nazionale dichiarò ch’egli aveva ben meritato della patria e dell’umanità.
L’abate dell’Epée compose alcune opere concernenti la educazione dei sordomuti fra le quali citeremo l’Istituzione dei sordi e muti raccolta di esercizi fatti dà suoi allievi dal 1771, con quattro lettere in cui tratta dei punti principali del suo metodo Istituzioni dei sordi e muti mediante i segni metodici, che è la stessa opera con nuovi sviluppi, quale sarebbe il getto di una lingua universale mediante segni naturali sottomessi ad un metodo artificiale. La vera maniera d’ammaestrare i sordi e i muti confermata da una lunga esperienza, che e sempre la stessa opera, ma con l’aggiunta di una polemica con Heinicke che aveva impugnato il suo metodo dei segni metodici.
L’abate dell’Epée attese lungamente a comporre un Dizionario generale dei segni adoperati nella lingua dei sordomuti, ma questo lavoro non fu compiuto che dal suo successore l’abate Sicard.
Nel 1838 furono trovate in uno scavo in una cappella le ossa di questo benefattore dell’umanità; e gli fu rizzato un monumento con un busto in bronzo nella chiesa di S. Rocco a Parigi, e un altro nella sua città natale Versaglia».
Fonte: L’autore G. Straffonello da “L’Illustrazione popolare” n.39 del 16 marzo 1871.
Segnalato: Giuseppe Bolzoni (2007) – nw211
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“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini