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Attuazione della normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili. Interrogazione parlamentare (Newsletter della Storia dei Sordi n.180 del 9 febbraio 2007)
Interrogazione a risposta immediata in Assemblea della Camera dei Deputati presentata da Luciano D’Ulizia, martedì 6 febbraio 2007 nella seduta n.104
D’ULIZIA. – Al Ministro della solidarietà sociale. – Per sapere – premesso che:
la legge 12 marzo 1999, n. 68, ha rappresentato un importante traguardo legislativo, riformando organicamente la normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili ed introducendo una disciplina ispirata al concetto di «collocamento mirato», ovvero individualizzato in rapporto alla concreta capacità lavorativa del singolo soggetto disabile, permettendone la valorizzazione delle professionalità e delle capacità psicofisiche;
la citata legge n. 68 del 1999 prevede, tra l’altro, la possibilità che vengano stipulate, tra il datore di lavoro e gli uffici competenti, convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali della legge medesima, nonché la possibilità che gli uffici competenti stipulino, con i datori di lavoro privati soggetti all’obbligo di assunzione, con le cooperative sociali e con liberi professionisti disabili, anche se operanti in ditta individuale, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento temporaneo dei disabili presso le stesse cooperative sociali o i liberi professionisti;
un ulteriore strumento per rafforzare l’inserimento lavorativo delle persone disabili è contenuto nell’articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003, recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30», meglio nota come «legge Biagi»;
il citato articolo 14, difatti, prevede la stipula di apposite convenzioni quadro su base territoriale da parte degli uffici regionali, competenti riguardo alla programmazione, attuazione e verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati e di quelli disabili, nonché all’attuazione del collocamento mirato, con le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale e le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela delle cooperative, di cui all’articolo 1, comma l, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e con i relativi consorzi;
tali convenzioni quadro devono essere «validate» dalla commissione provinciale del lavoro, hanno per oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali da parte delle imprese aderenti o associate alle associazioni datoriali firmatarie e devono disciplinare taluni aspetti espressamente individuati dal comma 2 del citato articolo 14, tra cui le modalità di adesione da parte delle imprese interessate, l’individuazione dei lavoratori da inserire al lavoro, la promozione e lo sviluppo delle commesse a favore delle cooperative sociali ed i limiti di percentuali massime ai fini della copertura della quota d’obbligo che le imprese devono osservare in merito all’assunzione di soggetti disabili;
la modifica intervenuta con la cosiddetta «legge Biagi» rispetto al disposto di cui all’articolo 12 della menzionata legge n. 68 del 1999, consiste, dunque, nel fatto che, mentre ai sensi di quest’ultima disposizione le convenzioni stipulate dai datori di lavoro per l’inserimento lavorativo dei disabili all’interno delle cooperative sociali non erano ripetibili per lo stesso soggetto e avevano limiti prefissati (1 lavoratore disabile per imprese fino a 50 dipendenti, fino al 30 per cento dei disabili in quota per imprese con più di 50 dipendenti), la norma di cui all’articolo 14 del decreto legislativo attuativo della cosiddetta «legge Biagi» consente di definire direttamente all’interno delle convenzioni quadro il numero dei disabili da inserire, in rapporto alle commesse conferite alle cooperative -:
quale sia il numero delle convenzioni quadro ad oggi stipulate e validate ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003, per quanti soggetti disabili la disposizione contenuta nell’articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003 abbia trovato applicazione dalla sua entrata in vigore e, in caso di risposta negativa, quali siano stati i motivi di impedimento della sua attuazione.
(3-00605)
“… PRESIDENTE. L’onorevole D’Ulizia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00605. Ricordo all’onorevole D’Ulizia che ha un minuto di tempo a disposizione.
LUCIANO D’ULIZIA. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, la mia interrogazione si riferisce a due atti legislativi, cioè alla legge n. 68 del 1999, recante norme sul collocamento dei disabili e delle persone svantaggiate, e al decreto legislativo n. 276 del 2003, recante norme di attuazione della cosiddetta legge Biagi, che prevede convenzioni quadro validate per inserire nel mondo del lavoro chi sia stato meno fortunato di noi, cioè disabile e svantaggiato.
Ho la sensazione che molte di queste persone che, se me lo consentite, definirei nostri fratelli meno fortunati, non possano esplicare la loro iniziativa e la loro volontà lavorativa, perché queste due leggi sono largamente disattese.
Noi abbiamo la possibilità di dare una risposta ai disabili e alle persone svantaggiate attraverso la cooperazione sociale.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO D’ULIZIA. Concludo, chiedendo al ministro a che punto siamo per venire incontro a questi nostri lavoratori-non lavoratori, al fine di dare una risposta concreta in senso evolutivo.
PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, intanto ringrazio l’interrogante per il problema sollevato, che è di grande rilevanza.
Nello specifico, ci troviamo davanti ad una doppia normativa. L’articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha un carattere sperimentale ed è rimessa al Ministero del lavoro, con i soggetti individuati dallo stesso articolo, la verifica degli effetti prodotti dalla norma.
Dal punto di vista degli effetti di questa norma prevista nel decreto legislativo n. 276 del 2003, la situazione è la seguente. Risultano essere state sottoscritte venti convenzioni quadro provinciali concentrate al nord, soprattutto in Lombardia e in Veneto. Evidentemente ci troviamo davanti ad una limitata, per certi versi limitatissima, diffusione di questa stipula. Si valuta che uno degli elementi che ha
Pag. 45funzionato poco è che la procedura concertativa territoriale abbia reso determinante il giudizio politico degli attori sul dispositivo stesso e, quindi, ne abbia reso assai difficile l’estensione.
Per quanto riguarda il numero di persone coinvolte, risultano essere circa 130 i disabili inseriti all’interno di queste convenzioni, rispetto ai quali i percorsi sono risultati positivi. Però, certamente la quantitàè assolutamente irrisoria.
Questi sono i dati che emergono da un lavoro svolto da «Italia lavoro», incaricata dal precedente ministro del welfare di monitorare questa sperimentazione. Da questa stessa analisi emerge come, invece, l’articolo 12 della legge n. 68 del 1999 determini sostanzialmente circa 30 mila avviamenti annuali di persone con handicap o svantaggiate.
Quindi, dovendo riassumere, direi che la normativa derivante dal decreto attuativo della legge n. 30 del 2003 ha sostanzialmente evidenziato una grande inefficacia, mentre l’attuazione dell’articolo 12 della legge n. 68 del 1999 ha una sua importanza.
Concludo affermando che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (che è quello più direttamente interessato a questo tema rispetto al Ministero della solidarietà sociale) ha attivato un tavolo con le parti sociali, che sta tentando di verificare sia gli elementi che emergono da questa indagine, sia come occorra modificare la normativa al fine di renderla più efficace.
PRESIDENTE. L’onorevole D’Ulizia ha facoltà di replicare.
LUCIANO D’ULIZIA. Signor Presidente, signor ministro, mi dichiaro soddisfatto della risposta fornita dal ministro Ferrero. Vorrei solo osservare che dai dati emersi è evidente che la mancata attuazione delle convenzioni quadro ha frenato la capacità di impiegare i disabili e gli svantaggiati.
La questione è duplice. Quando un disabile, uno svantaggiato si impegna in un lavoro, lo fa con una passione ed un’intensità talmente importanti, che riesce a dare una maggiore produttività. Questo si può desumere dall’esperienza delle cooperative sociali. Lo Stato, quindi la nostra economia non possono e non debbono rinunciare al valore del lavoro dei disabili e delle persone svantaggiate. Tuttavia, abbiamo ancora una platea vastissima di persone svantaggiate e disabili che vorrebbero offrire il loro contributo alla società, ma non lo possono fare, perché le imprese profit preferiscono pagare una sorta di multa per il mancato utilizzo di tali soggetti. L’interesse dello Stato e dell’economia è, invece, quello di produrre lavoro qualificato ed ottenere anche un risultato di tipo sociale, che veda i disabili inseriti in attività produttive e socialmente valide.
Sono soddisfatto, pertanto, di quanto affermato dal ministro Ferrero. Ovviamente, il Parlamento dovrà tornare su tale tematica per dare un ulteriore impulso e sviluppo a queste iniziative…” dal resoconto della seduta n.105 del 7 febbraio 2007.
nw180
Newsletter della Storia dei Sordi n.180 del 9 febbraio 2007