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Tutela giudiziaria delle persone con disabilità.
Con la legge 1 marzo 2006, n.67, pubblicata nella Gazzetta ufficiale, n. 54, del 6 marzo 2006, entra in vigore una nuova normativa riguardante “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”.
Si tratta di una legge che, mentre risponde a precise direttive dell’Unione Europea sulla parità di trattamento fra le persone ed estende alcuni strumenti di procedura giudiziaria già adottati per altri aspetti discriminatori alle persone disabili, intende promuovere (com’è detto nell’art. 1) la piena attuazione del principio di parità e delle pari opportunità nei confronti delle persone disabili, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.
Di particolare importanza è la distinzione e definizione (contenuta nell’art. 2) dei comportamenti che attuano una forma di discriminazione:
– tutti quei comportamenti per cui una persona, per motivi connessi alla sua disabilità, è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una non disabile in una situazione analoga (discriminazione diretta);
– tutti quei comportamenti apparentemente neutri, che attraverso una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, mettono una persona disabile in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone (discriminazione indiretta);
– tutti quei comportamenti indesiderati che, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, violano la dignità e la libertà di una persona disabile, o creano un clima di intimidazione ostile e degradante nei suoi confronti (il cosiddetto mobbing).
Tutela giurisdizionale e legittimazione ad agire
Nel disporre sanzioni per i comportamenti discriminatori a danno delle persone disabili la nuova legge riprende alcune disposizioni di tutela giurisdizionale già previste dal “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero sull’immigrazione” (art. 44 del decreto legislativo n. 268/1998), nonché quelle previste dal Codice Civile (art. 2729, primo comma).
In base all’art. 3, il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, può dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti. Con il provvedimento che accoglie il ricorso, il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio, e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l’adozione di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
In base all’art. 4, infine, la persona disabile può farsi rappresentare in giudizio, con delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, da associazioni o enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Tali associazioni ed enti possono altresì:
– intervenire nei giudizi per danno subito dalle persone disabili e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone stesse;
– agire anche quando eventuali comportamenti discriminatori assumano carattere collettivo.
Fonte: www.governo.it
Rafforzate le tutele per i disabili
E’ stato approvato oggi dalla camera dei Deputati il disegno di legge governativo sulle “Misure di tutela giudiziaria per i disabili vittime di discriminazioni” presentato dal Ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo.
“L’unanimità con cui il Parlamento ha varato il provvedimento – sottolinea il Ministro Prestigiacomo – è il segnale positivo dell’attenzione e dell’impegno delle istituzioni nel completare e rafforzare il quadro degli strumenti di tutela che il nostro Paese offre ad una componente gravemente svantaggiata della popolazione. Questo disegno di legge infatti garantisce alle persone disabili la piena parità di trattamento in ogni settore della vita sociale, garantendo a coloro che vengono discriminati, per motivi di handicap, quella particolare tutela – celere e spedita – finora prerogativa solo di chi è stato discriminato, per gli stessi motivi, nel mondo del lavoro. La tutela giurisdizionale garantita da questo disegno di legge si fonda su una procedura veloce e snella. Infatti, accanto agli strumenti processuali ordinari, la persona disabile, o l’associazione legittimata ad agire, può attivare la procedura prevista all’articolo 44 del Testo Unico sull’Immigrazione e, beneficiando degli effetti della cosiddetta “prova presuntiva”, ottenere dal giudice il risarcimento del danno non patrimoniale e la rimozione degli effetti del comportamento discriminatorio.
Estendendo l’ambito di tutela accordato ai disabili – afferma ancora il Ministro – il provvedimento offre una efficace risposta ad una forte aspettativa. Sono convinta che la ampia adesione su questo provvedimento manifestata da tutti i gruppi consentirà una sollecita e definitiva approvazione del disegno di legge al Senato prima della fine della legislatura”. Roma, 30 novembre 2005. Fonte: http://www.pariopportunita.gov.it/
LEGGE 1 marzo 2006, n.67
Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilita’ vittime di discriminazioni. (GU n. 54 del 6-3-2006)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
P r o m u l g a
la seguente legge:
Art. 1. – (Finalita’ e ambito di applicazione)
1. La presente legge, ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione, promuove la piena attuazione del principio di parita’ di trattamento e delle pari opportunita’ nei confronti delle persone con disabilita’ di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.
2. Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio delle persone con disabilita’ relative all’accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parita’ di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
Art. 2. – (Nozione di discriminazione)
1. Il principio di parita’ di trattamento comporta che non puo’ essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilita’.
2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilita’, una persona e’ trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.
3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilita’ in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
4. Sono, altresi’, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilita’, che violano la dignita’ e la liberta’ di una persona con disabilita’, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilita’ nei suoi confronti.
Art. 3. – (Tutela giurisdizionale)
1. La tutela giurisdizionale avverso gli atti ed i comportamenti di cui all’articolo 2 della presente legge e’ attuata nelle forme previste dall’articolo 44, commi da 1 a 6 e 8, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, puo’ dedurre in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta nei limiti di cui all’articolo 2729, primo comma, del codice civile.
3. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l’adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
4. Il giudice puo’ ordinare la pubblicazione del provvedimento di cui al comma 3, a spese del convenuto, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato.
Art. 4. – (Legittimazione ad agire)
1. Sono altresi’ legittimati ad agire ai sensi dell’articolo 3 in forza di delega rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a pena di nullita’, in nome e per conto del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunita’, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base della finalita’ statutaria e della stabilita’ dell’organizzazione.
2. Le associazioni e gli enti di cui al comma 1 possono intervenire nei giudizi per danno subito dalle persone con disabilita’ e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti lesivi degli interessi delle persone stesse.
3. Le associazioni e gli enti di cui al comma 1 sono altresi’ legittimati ad agire, in relazione ai comportamenti discriminatori di
cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 2, quando questi assumano carattere collettivo.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 1° marzo 2006
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Prestigiacomo, Ministro per le pari opportunita’
Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Visto, il Guardasigilli: Castelli
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto dall’amministrazione competente per materia, ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e’ operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note all’art. 1:
– Il testo dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n.
104 (Leggequadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e
i diritti delle persone handicappate), pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 1992, n. 39, S.O., e’ il
seguente:
«Art. 3 (Soggetti aventi diritto). – 1. E’ persona
handicappata colui che presenta una minorazione fisica,
psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che e’
causa di difficolta’ di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo
di svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni
stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla
consistenza della minorazione, alla capacita’ complessiva
individuale residua e alla efficacia delle terapie
riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia
ridotto l’autonomia personale, correlata all’eta’, in modo
da rendere necessario un intervento assistenziale
permanente, continuativo e globale nella sfera individuale
o in quella di relazione, la situazione assume connotazione
di gravita’.
Le situazioni riconosciute di gravita’ determinano
priorita’ nei programmi e negli interventi dei servizi
pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e
agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile
dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni
sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste
dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.».
– Il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, reca:
«Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parita’ di
trattamento in materia di occupazione e di condizioni di
lavoro», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 agosto
2003, n. 187.
Note all’art. 3:
– Il testo dell’art. 44, commi da 1 a 6 e 8, del testo
unico delle disposisizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1998, n. 191,
S.O., e’ il seguente:
«Art. 44 (Azione civile contro la discriminazione).
(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42). – 1. Quando il
comportamento di un privato o della pubblica
amministrazione produce una discriminazione per motivi
razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice pero’,
su istanza di parte, ordinare la cessazione del
comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro
provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a
rimuovere gli effetti della discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche
personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore
del luogo di domicilio dell’istante.
3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalita’
non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che
ritiene piu’ opportuno agli atti di istruzione
indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del
provvedimento richiesto.
4. Il pretore provvede con ordinanza all’accoglimento o
al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda emette i
provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto
motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In
tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di
comparizione delle parti davanti a se’ entro un termine non
superiore a quindici giorni, assegnando all’istante un
termine non superiore a otto giorni per la notificazione
del ricorso e del decreto. A tale udienza, il pretore, con
ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti
emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del pretore e’ ammesso
reclamo al tribunale nei termini di cui all’art. 739,
secondo comma, del codice di procedura civile. Si
applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e
739 del codice di procedura civile.
7. (Omissis).
8. Chiunque elude l’esecuzione di provvedimenti del
pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del
tribunale di cui al comma 6 e’ punito ai sensi dell’art.
388, primo comma, del codice penale.».
– Il testo dell’art. 2729, primo comma, del codice
civile, e’ il seguente:
«Art. 2729 (Presunzioni semplici). – Le presunzioni non
stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del
giudice il quale non deve ammettere che presunzioni gravi,
precise e concordanti.».
ln042 (ex nw002)
Newsletter della Storia dei Sordi n.2 del 2 aprile 2006