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Aspetti fisiognomici di labiolettura nel sordo nell’attività scolastico-apprenditiva
Questa comunicazione vuole portare l’attenzione (e la relativa riflessione) sugli aspetti fisiognomici delle labbra e dell’apparato buccale dell’interlocutore dei sordo o del suo insegnante. La strutturazione dell’apparato labiobuccale influenza sempre, in meglio o in peggio, la labiolettura delle parole e, in questo contesto, finirà per ripercuotersi sull’attività didattica e il profitto nell’àmbito del curriculo scolasticoapprenditivo.
PAROLE CHIAVE
Apparato labiobuccale, fisiognomica, labiolettura, movimenti e “gesti” labiali.
L’ INTRODUZIONE
É noto che con la definizione “labiolettura” ci riferiamo ad una tecnica o abilità (non solo nel sordo) di decodificare o riconoscere i movimenti dell’apparato labiobuccale e fonatorio nel momento in cui vengono emessi parole e fonemi.
L’ identificazione dei movimenti è compiuta dall’occhio del “1ettore” sordo. 1 movimenti labiobuccali saranno tanto più comprensibili quanto più il sordo è a conoscenza della lingua con cui l’interlocutore si esprime e abbia fruito, sin dalla prima infanzia, di un’idonea educazione visiva e di “1ettura espressiva” del volto.
La labiolettura per il sordo può significare tanto o poco per l’interrelazione col mondo circostante secondo le seguenti considerazioni:
a) per il sordo grave basare l’istruzione e/o la comunicazione sulla sola labiolettura, principale scelta degli oralisti, potrà significare anche accumulo di stress o umiliazione quando il non udente sarà costretto a comunicare con persone che non hanno pazienza o che possiedono una conformazione labiobuccale d’impossibile distinzione di fonemi;
b) occorre concordare la parola letta sulle labbra (soprattutto nei bambini sordi) al significato o al referente preciso che la stessa parola ha nell’àmbito sociale. La parola è una “merce” di scambio. Ha un valore determinato nel mondo della comunità di appartenenza. L’interlocutore ‘commerciante’ deve conoscere la preziosità della parola-moneta perché sappia regolarsi su ciò che dice e come lo dice. Il sordo fa ogni sforzo per decodificare i codici vocali emessi dalle labbra di chi parla, talvolta però gli sfugge i significati degli stessi sia a livello semantico che significativo/sociale. Anche se lo scolaro sordo dimostrerà una momentanea conoscenza della parola labioletta, facendo inorgoglire genitori e insegnanti oralisti, alla lunga gli resterà ben poco di quanto “letto” sulle labbra per il fatto che, pur avendo memorizzato i movimenti labiobuccali dei vari fonèmi, questi – come è noto sono pronunciati in modo personale da individuo a individuo rendendo così molto spesso inutili gli sforzi del sordo di leggere le labbra;
c) occorre che gli insegnanti, che basano tutto sulla comunicazione labiale, possiedono un apparato labiobuccale normale; e devono abituarsi a parlare senza fretta né pianissimo (come succede spesso).
Parlare al sordo è molto difficile, e parlargli bene implica negli insegnanti, genitori e logopedista a leggere loro stessi le labbra del sordo perché, se non si è in grado di decodificare i segni labiali del bambino, sarebbe vano chiedergli di interpretare i nostri, perché non siamo all’altezza di mostrarglieli sufficientemente chiari sulle nostre labbra. Lafon ha ammesso che i “gesti” delle labbra sono quelli maggiormente visibili e sono equivalenti a quelli “prodotti” dalle mani. Anche Birch e Stucklcss notarono che c’era una relazione tra movimenti delle mani e movimenti delle labbra (Pigliacambo, 1987, p. 44).
2. INSEGNAMENTO DELLA LABIOLETTURA
L’interrogazione “La lettura labiale si può insegnare’?” è legittima, direi fondamentale per chi preferisca l’istruzione per mezzo della comunicazione vocale.
Le informazioni visive nel sordo – quando le stesse informazioni nell’udente sono basate sull’emissione di codici vocali – subiscono spesso gravi limitazioni per le difficoltà di decodificazione degli articolemi dovuti proprio al modo di parlare di ciascuno di noi (M. Nigra Orgero, 1991, p. 13). Pertanto è opportuno educare il “labiolettore” a leggere le proprie labbra davanti allo specchio. Il bambino sordo sarà posto davanti ad uno specchio e, mostrandogli un oggetto, verrà impostata la relativa parola. Questo esercizio deve avvenire soprattutto per le parole omologhe o d’impostazioni di consonanti più o meno simili ‘T’ –> “d”; “b” – “p”; “e” —-g” e così via. L”autolabiolettura permetterà al bambino sordo di addestrare l’occhio alle piccole variazioni segniche labiobuccali dalle quali avvengono le diversificazioni fonemiche.
Non dobbiamo infine dimenticare che il bambino sordo – perché entri nella lingua parlata dalla maggioranza deve prima scoprire sulle sue labbra tale lingua che dovrà poi labioleggere sulle altrui labbra. La labiolettura sarà tanto più efficace quanto più il non-udente sarà scaltro di farsi “aiutare” nella decodificazione dall’espressività dei volto dell’interlocutore.
Viene pure detto che, per una buona labiolettura, è necessario “prendere la misura alle labbra” di chi parla al sordo: e questo è tanto più valido quanto più le labbra e la struttura buccaledentale non siano normali.
Ci sono tuttavia dei sordi così abitudinari e accorti di labiolettura che, spesso, lasciano perplessi persino gli interlocutori sulla loro sordità.
Ma dobbiamo ricordare che una buona predisposizione di lettura labiale non dipende soltanto dai movimenti delle labbra come, del resto, una buona audizione non dipende solo dalla parola udita ma da un “insieme” complesso di tonalità e ritmi che, il parlante, è capace di imprimere proprio alla parola nella segnicità del dialogo anche visivo del volto.
Leggere bene significa dunque anche interpretare la fislognomica del soggetto che parli. Il sordo che ha una buona labiolettura, di solito è altrettanto bravo nella percezione dei segni manuali quando è esposto agli stessi. In questa complessità di percezione visiva il sordo di nascita è predisposto a leggere, non solo le labbra, ma tutto l’apparato corporeo che osserva come un vero e proprio panorama di comunicazione dell’individuo col quale è in relazione. Il sordo pertanto cerca continuamente, nell’interlocutore, l’espressione comunicativa del volto, l’armonia e la coordinazione nel e dei movimenti, lo sguardo “che dice e non dice” nell’assistenza all’emissione del “segno” sia vocale che manuale. E come l’udente che gradisce una buona tonalità tentando di “interpretare” una persona da ciò che ode e ,-odendo alla tonalità di una “voce intonata”, ugualmente il sordo preferisce un “volto dialogante” nelle espressioni segniche caratterizzanti il significato delle parole.
1 fisiognomisti hanno considerato dodici forme di bocche e labbra. Osserviamole insieme nelle seguenti nrimagini.
BOCCA CON GLI ANGOLI RIVOLTI ALL’INSO
BOCCA CON LABBRO SUPERIORE SOLLEVATO DA UN LATO
BOCCA CON LABBRO INF£RIORE SPORCENrE
BOCCA CON LABBRA CARNOSE
BOCCA CON GLI ANGOLI RIVOLTI ALL’INGIO
BOCCA CON LABBRO SUPERIORE DEBORDANTE
BOCCA CON LABBRO SUPERIORE SPORGENTE
BOCCA CON LABBRA SOTTILI
BOCCA CON LABBRA SERRATE
BOCCA CON LABBRA SOCCHIUSE
(Immagini tratte da C. Baldi, Conte intuire il carattere del volto, De Vecchi, Milano, pp. 99-105)
In tutti i casi indicati il sordo ha più o meno difficoltà di labiolettura. Il sordo ricerca sempre un apparato labio-buccale il più possibile normale e, con ciò, si intende bocca e labbra che non abbiamo disordini e/o deviazioni fisiognomiche ostacolanti l’occhio alla comprensione dei movimenti fonemici. Per esempio bocca e labbra della seguente immagine sono di facile comprensione per la lettura di parole e frasi.
In questa realtà dobbiamo riflettere (raramente è stato fatto in passato) sugli aspetti fisiognomici dell’Idoneità delle labbra dell’interlocutore (logopedista soprattutto insegnante, genitore, ecc.) attraverso le quali, il sordo vede i veicoli (i codici linguistici) che sono “ponte di cultura” e sarà allora difficile educare e insegnare allo scola ro sordo se non avrà chiarezza del morfema labioletto (soprattutto per chi imposti tutta la lezione, come avviene nella scuola ordinaria di oggi dove è inserito lo scolaro sordo). E quando il sordo ha scarso profitto nell’attività apprenditiva abbiamo il dovere di verificare se c’è trasparenza di comunicazione tra l’alunno e l’insegnante sopra tutto nell’apparato labiobuccale del docente.
Renato Pigliacampo
Bibliograria
BALDI, C., Come intuire il carattere dal volto, De Vecchi, Milano 1986
JACOBSON, R., Il.farsi e il disfarsi del linguaggio, Einaudi, Torino, 1971
LENNEBERG, E., I fiondamenti biologici del linguaggio, Boringhieri, Torin 1971
NIGRA ORGERO, M., La lettura del linguaggio nei bambini e negli adolescenti sordi, Masson Editori, Milano, 1991
PIGLIACAMPO, R., Lo Stato e la diversità. Aspetti dell’inseriniento dei sordi nella scuola ordinaria, Armando, Roma, 1983
PIGLIACAMPO, R., Appunti di semiotica. Un’indicazione teorica della Iingua italiana dei segni, Il Sordudente Edizioni, Porto Recanati, 1985
PIGLIACAMPO, R., Sociologia dei linguaggi alternativi, Jonica Editrice
PIGLIACAMPO, R., Sociopsicopedagogia del bambino sordo, Quattro Venti Urbino, 1991
PIGLIACAMPO, R. Handicappati e pregiudizi, Armando, Roma, 1993
PIGLIACAMPO, R., Thulcandra – La città del silenzio, Transeuropa, Ancon 1993
PIGLIACAMPO, R., Lingua e linguaggio nel sordo, Armando, Roma 1998
PIGLIACAMPO, R., Il genio negato. Giacomo Carbonini psicolinguisia sordomuto del XIX secolo, Cantagalli ediz., Siena 2000.