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5 mila non udenti per festeggiare il nuovo Santo Smaldone

Papa/12 mila pellegrini domenica, 15 ottobre 2006, a Roma per il Santo dei Sordi. Anche 5 mila non udenti per festeggiare il nuovo santo.
Città del Vaticano, 11 ott. (Apcom) – Saranno oltre 12 mila i pellegrini che domenica prossima si raduneranno in piazza San Pietro per partecipare alla canonizzazione di Filippo Smaldone, l’apostolo dei sordi. Il sacerdote, che verrà elevato agli onori degli altari da Benedetto XVI, è nato nel 1848 a Napoli e morto a Lecce nel 1923 ed ha fondato la Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori.
Cinquemila i fedeli sordi, che saranno presenti a Roma per la canonizzazione di Smaldone apostolo e benefattore dei non udenti. Per loro verrà assicurato il servizio di interpretariato durante la canonizzazione e la visione, sui grandi schermi, in finestrella dell’interprete, perchè la cerimonia religiosa sia accessibile a tutti.
“La sua esistenza – spiega Suor Maria Longo, superiora generale delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori – è trascorsa sotto il segno della carità e dello zelo apostolico, quello di Filippo Smaldone, era orientato sin da giovane alla vita missionaria. La scelta del sacerdozio è legata ad una drammatica coincidenza: l’incontro in Chiesa di un bambino sordomuto, disperato e inconsalabile tra le braccia della madre. Don Smaldone intuisce che la sua missione doveva esplicitarsi nei confronti dei più deboli, dei sordi in particolare”.
Fonte: Alice.it


L’arco di vita di FILIPPO SMALDONE,
che si stende dal 1848 al 1923, fu contrassegnato da decenni particolarmente densi di tensioni e contrasti nei vari campi e settori della vita della società italiana, specialmente nella sua patria d’origine, e della stessa Chiesa. Nacque a Napoli il 27 luglio del 1848, l’anno dei famosi «moti di Napoli ». Quando egli era ragazzo di dodici anni, la monarchia borbonica, alla quale era fortemente attaccata la sua famiglia, conobbe il suo rovesciamento politico, e la Chiesa, con la conquista di Garibaldi, conobbe momenti drammatici con l’esilio del suo Cardinale Arcivescovo Sisto Riario Sforza.
Non erano tempi certamente favorevoli e ben promettenti per il futuro, specialmente per la gioventù, che subiva il forte travaglio del nuovo corso socio-politico-religioso. Ebbene, fu in quella fase di crisi istituzionale e sociale che Filippo prese la decisione irrevocabile di ascendere al sacerdozio e di legarsi per sempre al servizio della Chiesa, che vedeva osteggiata e perseguitata.
E, mentre era ancora studente di filosofia e di teologia, volle già dare un’impronta di servizio caritatevole alla sua carriera ecclesiastica dedicandosi all’assistenza di una categoria di soggetti emarginati, che erano particolarmente numerosi e fin troppo abbandonati in quei tempi a Napoli: i sordi.
In questa sua intensa attività benefica si applicò e si distinse molto più che negli studi, per cui ebbe scarso successo in alcuni esami premessi alla ricezione degli ordini Minori; ciò provocò il suo assaggio dalla arcidiocesi di Napoli a quella di Rossano Calabro, il cui Arcivescovo Mons. Pietro Cilento lo accolse generosamente in considerazione della sua bontà e del suo ottimo spirito ecclesiastico.
Nonostante il cambio canonico di diocesi, — che peraltro durò solo pochi anni, perché in seguito, nel 1876, fu reincardinato a Napoli — con licenza del suo nuovo Arcivescovo, restò a Napoli, dove proseguì gli studi ecclesiastici sotto la guida di uno dei Maestri del celebre Almo Collegio dei Teologi, mentre proseguiva con immutata dedizione la sua opera di assistenza ai sordi. Mons. Pietro Cilento, che lo stimava, volle ordinarlo personalmente a Napoli suddiacono il 31 luglio 1870. Il 27 marzo 1871 fu ordinato diacono e finalmente, il 23 settembre 1871, con dispensa di alcuni mesi dall’età canonica dei 24 anni richiesti, fu ordinato sacerdote a Napoli con indicibile gaudio del suo animo buono e mite.
Appena sacerdote, iniziò un fervido ministero sacerdotale come assiduo catechista nelle cappelle serotine, che da fanciullo aveva frequentato con profitto, come collaboratore zelante in varie parrocchie, specialmente in quella di Santa Caterina in Foro Magno, come visitatore assiduo e ricercato di ammalati in cliniche, in ospedali e in case private. La sua carità raggiunse l’acme della generosità e dell’eroismo in occasione di una forte pestilenza a Napoli, dalla quale restò anche lui colpito e portato in fin di vita, e dalla quale fu guarito dalla Madonna di Pompei, che divenne la sua devozione prediletta per tutta la vita.
Ma la cura pastorale privilegiata di Don Filippo Smaldone era quella per i poveri sordi, ai quali avrebbe voluto dedicare le sue energie con criteri più idonei e convenienti, diversi da quelli che vedeva applicati dagli addetti a quel settore educativo. Gli causava, infatti, grande pena che, per quanti sforzi e tentativi si facessero, l’educazione e la formazione umano-cristiana di quegli sventurati, equiparati ai pagani, di fatto, rimanevano per lo più frustrate.
Ad un certo punto, forse per dare una espressione più diretta e concreta al suo sacerdozio, pensò di partire missionario nelle missioni estere. Ma il suo confessore, che l’aveva guidato costantemente fin dall’infanzia, gli fece conoscere che la sua «missione » era fra i sordomuti di Napoli. Da allora si tuffò interamente in questo tipo di apostolato. Lasciò la casa paterna e andò a vivere stabilmente con un gruppo di sacerdoti e laici, che intendevano istituire una Congregazione di Preti Salesiani senza peraltro venirne mai a capo. Col tempo acquistò una grande competenza pedagogica nel settore e gradatamente andò progettando di realizzare lui stesso, se così al Signore fosse piaciuto, una istituzione stabile e idonea per la cura, l’istruzione e l’assistenza umana e cristiana dei sordi.
Il 25 marzo 1885 partì per Lecce per aprire, insieme con Don Lorenzo Apicella, un istituto per sordi. Vi condusse alcune « suore », che egli era andato formando in precedenza, e gettò così le basi della Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori, che, benedetta e largamente sostenuta dai Vescovi di Lecce, Mons. Salvatore Luigi dei Conti di Zola e Mons. Gennaro Trama, ebbe una rapida e solida espansione.
All’istituto di Lecce, con sezioni femminile e maschile, che ebbe sedi sempre più ampie per il crescente numero degli assistiti fino all’acquisto del celebre ex-convento delle Scalze, che divenne la sede definitiva e Casa Madre, fece seguito nel 1897 quello di Bari.
Poiché il cuore compassionevole del sacerdote Smaldone non sapeva dire di no alle richieste di tante famiglie povere, ad un certo punto cominciò ad ospitare, oltre le sorde, anche le fanciulle cieche e le bambine orfane ed abbandonate. Né dimenticava i bisogni umani e morali della gioventù in genere. Aprì, infatti, diverse case con annesse scuole materne, con laboratori femminili, con  pensioni per studentesse, tra le quali una anche in Roma.
Durante la sua vita, l’Opera e la Congregazione, nonostante le dure prove, cui andò soggetta sia dall’esterno sia dall’interno medesimo, conobbero un discreto allargamento e consolidamento. A Lecce dovette sostenere una furibonda lotta da parte di una Amministrazione Comunale laica e avversa alla Chiesa. All’interno poi conobbe l’amarezza di una delicata e complessa vicenda di secessione da parte della prima Superiora Generale, che provocò una lunga Visita Apostolica. Fu soprattutto in questi due gravi frangenti che rifulsero le virtù esimie dello Smaldone, ed apparve che la sua fondazione era voluta da Dio, il quale purifica con la sofferenza i suoi figli migliori e le opere nate nel suo nome.
Per circa un quarantennio Don Filippo Smaldone fu sempre sulla breccia senza tirarsi mai indietro, prodigandosi in tutti i modi per sostenere materialmente ed educare moralmente i suoi cari sordi, verso i quali aveva affetto e cure di padre, e per formare alla vita religiosa perfetta le sue Suore Salesiane dei Sacri Cuori.
A Lecce, oltre alla universale benemerenza come direttore dell’Istituto e fondatore delle Suore Salesiane, ebbe anche quella di un intenso, molteplice ministero sacerdotale. Fu assiduo e stimato confessore di sacerdoti e seminaristi, confessore e direttore spirituale di diverse comunità religiose, fu fondatore della Lega Eucaristica dei Sacerdoti Adoratori e delle Dame Adoratrici, fu Superiore della Congregazione dei Missionari di San Francesco di Sales per le missioni popolari. Non per nulla fu decorato della Croce pro Ecclesia et Pontifice, annoverato tra i canonici della cattedrale di Lecce, decorato da una Commenda dalle Autorità civili.
Finì i suoi giorni a Lecce, sopportando con ammirata serenità, una diuturna malattia diabetica complicata da disturbi cardiocircolatori e da generale sclerosi. Si spense santamente alle ore ventuno del 4 giugno 1923, dopo aver ricevuto tutti i conforti religiosi e la benedizione dell’Arcivescovo Trama, attorniato da diversi sacerdoti, dalle sue Suore e dai sordi, all’età di 75 anni.
È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996.
Fonte: Vatican.va


 Filippo Smaldone: un santo per i sordi
Tra le quattro figure che Benedetto XVI canonizzerà domani in San Pietro anche il prete che a Lecce avviò la cura fisica e spirituale delle persone non udenti
Di Laura Badaracchi
Vivere sulla propria pelle una disabilità invisibile non è facile. E spesso a questa difficoltà si aggiunge quella di inserirsi in una comunità parrocchiale, in un gruppo giovanile. Quella dei sordi, secondo suor Prisca Corrado, «è una disabilità invisibile, quindi spesso non considerata tale e dimenticata». La religiosa è responsabile a Roma del Centro nazionale per la pastorale dei sordi, aperto nell’anno del Giubileo e intitolato a Don Smaldone, il sacerdote che sarà canonizzato domani in San Pietro (insieme a Rosa Venerini, Theodore Guerin e Rafael Guizar Valencia di cui abbiamo parlato ieri). Filippo Smaldone è il fondatore delle Suore Salesiani dei Sacri Cuori, congregazione da lui voluta e pensata in vista della cura (fisica e spirituale) delle persone non udenti. A piazza San Pietro, domattina, saranno oltre 12mila i pellegrini (e tra loro, ben 5mila sordi) provenienti da tutta Italia e dall’estero per festeggiare questo nuovo santo. Per loro verrà assicurato il servizio di interpretariato durante la canonizzazione e la visione dell’interprete, sui grandi schermi, perché la celebrazione sia accessibile a tutti.
Smaldone nacque a Napoli nel 1848 e scoprì la sua particolare chiamata imbattendosi un giorno, nella chiesa di Santa Caterina in Foro Magno, con una madre che teneva in braccio il suo bimbo sordomuto che continuava a piangere. Da quell’incontro il giovane Filippo comprese che la missione a cui Dio lo chiamava non si trovava in terre lontane ma nei luoghi dove era cresciuto. Ordinato sacerdote il 23 settembre 1871, iniziò proprio nel capoluogo partenopeo il suo apostolato tra i sordomuti, impegnandosi a conoscere mezzi e metodologie efficaci per la loro formazione cristiana e professionale. Approdato a Lecce nella primavera del 1885, nello stesso anno diede il via alla fondazione della congregazione delle Salesiane dei Sacri Cuori, animata dal carisma dell’educazione e dell’istruzione. Spentosi a Lecce nel 1923, don Filippo venne proclamato beato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996. Sei anni dopo fu presentata dal postulatore monsignor Luigi Porsi alla Congregazione delle cause dei santi la documentazione relativa alla guarigione miracolosa di suor Basilide Urbano, salesiana dei Sacri Cuori, avvenuta nel ’99. Un lungo iter, quindi, che ha portato fino alla canonizzazione del fondatore, le cui reliquie sono venerate nella città salentina dove si spense.
«Promozione umana, scolarizzazione e pastorale dei sordi» sono alcuni dei cardini dell’apostolato attuale delle Salesiane dei Sacri Cuori, evidenzia suor Ines De Giorgi, vicaria generale della congregazione, osservando che «questo tipo di deficit sensoriale richiede particolari attenzioni, anche se il problema riguarda una piccola porzione di fedeli. C’è ancora molto da fare per sensibilizzare in questo senso parrocchie e vescovi: non si può partecipare alla liturgia e ad altri momenti della vita ecclesiale senza comprendere il linguaggio e senza poter superare le difficoltà della comunicazione verbale». In tutta Italia, circa 1.200 sordi giovani e adulti vengono affiancati dalle suore in un itinerario di accompagnamento nella fede. Impegnata a tempo pieno su questo fronte anche suor Prisca Corrado, che snocciola i problemi concreti con cui deve fare i conti quotidianamente: «Difficile rintracciare e raggiungere soprattutto i giovani, un po’ per i motivi degli altri ragazzi della loro età; ma i sordi purtroppo si sentono ancora estranei nella Chiesa, non accolti, ad esempio quando devono partecipare agli incontri si presenta la difficoltà di comprendersi. Ci vuole non solo l’interprete Lis (linguaggio dei segni), ma anche l’assistente alla comunicazione che stia accanto ai non udenti: un accompagnamento analogo a quello necessario per i non vedenti. E per le parole scritte non bastano i sottotitoli».
Intorno al Centro don Smaldone ruotano oltre 200 persone sorde ogni mese, ma tra loro i giovani sono ancora pochi, riferisce suor Prisca, che l’estate scorsa ha partecipato alla Gmg di Colonia con un gruppo di 80 giovani non udenti. Quest’anno è stato avviato nella parrocchia di Sant’Ireneo un corso di preparazione alla Cresima, mentre nella basilica di Santa Maria in Trastevere alcune coppie di non udenti si stanno preparando al matrimonio insieme ad altri fidanzati “normodotati”: è questa, secondo la religiosa, la frontiera a cui mirare. Sogna con passione una piena integrazione dei sordi nelle comunità parrocchiali, perché sia possibile anche per loro «una partecipazione piena alla vita della Chiesa».
Fonte: Avvenire, 14 ottobre 2006
nw095 (2006)


 Newsletter della Storia dei Sordi n.95 del 14 ottobre 2006

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