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Il cuore é un cacciatore solitario
La vita di una qualunque città dei profondo sud americano sembra un giorno trovare il suo protagonista in un muto e tranquillo orologiaio. Ciascuno, interpretando a suo modo i silenzi e le cortesie di John Singer, lo erede partecipe dei propri pensieri: così il dottor Copeland, il nero evoluto che si batte per i diritti della sua gente; cosi Biff Brannon, l’oste vedovo e solitario; così Mick, la bambina ghiotta di caramelle e di Bach; cosi gli altri bambini, gli operai delle fabbriche, gli ebrei delle botteghe, gli oratori dei comizi. La vita della cittadina sembra legata al sordomuto Singer, alla sua discreta solidarietà, in un miracoloso equilibrio, fragile e precario. Il segreto profondo e prezioso degli amori senza ragione e senza conclusione, delle solitarie e disperate avventure del cuore è il motivo ricorrente nelle pagine di questo romanzo che ha conosciuto un’ininterrotta fortuna sin dal suo primo apparire e che dette all’autrice un’immediata e duratura fama.
Carson McCullers nacque nel 1917 a Columbus, in Georgia. Al Sud degli Stati Uniti rimase sempre legata e vi ambientò la maggior parte dei suoi scritti, facendone, come Faulkner e la O’Connor, il luogo metaforico della solitudine. Tra le sue opere si ricordano, apparse presso Guanda, La ballata del caffè triste senza lancette e Riflessi in un occhio d’oro. Morì nel 1967.
TEA – Tascabili degli Editori Associati s.r.l., Milano, 1994, pp.276. Nelle migliori librerie. rc047 (2004)
Il cuore è un cacciatore solitario
di Antonio Tripodi
Nel romanzo della narratrice americana Carson McCullers il sordomutismo è uno dei motivi dominanti. Partendo da questo testo è possibile avanzare alcune considerazioni su come sia mutata la situazione dei sordi negli Stati Uniti dagli Anni ’30 e come oggi, sia pure tra le difficoltà, una persona con deficit uditivi gravi possa comunque emergere e realizzarsi.
In questo numero andremo ad esaminare un’opera in cui il protagonista principale è un disabile, un sordo. Ma nella storia tutti i protagonisti sono sommersi dalla solitudine e dall’ossessione del silenzio, indipendentemente dalle loro capacità fisiche e sensoriali.
Il romanzo Il cuore è un cacciatore solitario (The Heart is a Lonely Hunter) della narratrice americana Carson McCullers (1917 – 1963), scritto nel 1940 a soli ventitré anni, merita un’ampia discussione in una rivista che si occupa di disabilità. Questo per vari motivi. Innanzitutto perchè il protagonista è un sordo. In secondo luogo perché anche gli altri protagonisti e comprimari della storia sono, direttamente o di riflesso, investiti da limitazioni fisiche. In terzo luogo perchè la stessa autrice fu menomata dalle febbri reumatiche da cui fu affetta durante l’adolescenza e sopportò, per tutta la vita, parziale cecità e paralisi.
Nel profondo Sud
Per contestualizzare il racconto bisogna sapere che la McCullers nacque a Columbus, in Georgia. Il suo romanzo è pertanto intriso delle atmosfere del profondo Sud degli Stati Uniti. Le stesse atmosfere che hanno poi trovato rispondenza in numerose opere cinematografiche e in particolare nelle splendide opere in bianco e nero di Jim Jarmusch (Stranger than Paradise, 1984; Daunbailò, 1986).
Lo scenario è dunque un paesino sperduto e senza molte speranze nel Sud opprimente, cupo e razzista della fine degli Anni ’30. La vicenda inizia mentre si sta concludendo la torrida estate del 1938. L’arco temporale della narrazione, della durata di un anno, si concluderà nell’agosto dell’anno successivo.
L’afa estiva rende l’atmosfera ancora più soffocante e ossessiva di quanto non lo sia già. I fascismi e i nazismi che proliferano ovunque nel Vecchio Continente sono avvertiti con ansia e preoccupazione. In Europa è stato appena firmato il patto di Monaco, che pare scongiuri una nuova guerra. Ma le notizie che giungono non sono comunque confortanti.
I protagonisti
Tra i numerosi protagonisti, tutti ben caratterizzati dalla McCullers, quattro emergono sugli altri. John Singer è il perno del romanzo. È un giovane sordomuto, apparentemente sereno, che lavora in un laboratorio di oreficeria. Nel suo intimo è però tormentato da un terribile cruccio. Il suo migliore e unico amico con cui ha convissuto per dieci anni, Antonapoulos, sordo anche lui, a seguito di alcune crisi di demenza, susseguite a una malattia, è stato rinchiuso in un ospedale psichiatrico.
Mick è la figlia dei Kelly, la famiglia che si procura da vivere affittando le camere della propria casa. Tra gli ospiti dei Kelly c’è anche John Singer. Mick è una ragazzina quattordicenne con uno spiccato talento per la musica. Come tutti nel romanzo, è attratta dalla figura di John Singer.
Benedict Mady Copeland è un anziano nero che ha dedicato l’intera vita all’emancipazione della sua gente. Nonostante i problemi fisici che lo tormentano continua a praticare la professione di dottore al servizio della sua comunità. La rigidità della sua ideologia marxista lo ha allontanato dalla sua famiglia e vive in una casa da solo. Ma la solitudine che davvero lo fa soffrire è costituita dal profondo distacco ideologico con la sua gente.
Jake Blount è la figura di un sanguigno, passionale, confuso, anarchico socialista. Incline all’alcol, spesso si lascia soggiogare da scoppi d’ira furibondi. Il suo sogno di cambiare il mondo non può rimanere che tale dal momento che proprio l’individualismo non gli consente di comunicare agli altri le proprie idee e di comprendere i punti di vista degli altri. Per questo i due incontri con il dottor Copeland si riveleranno disastrosi. Entrambi vogliono le medesime cose, perseguono ideologie compatibili ma la solitudine interiore impedisce loro di comunicare.
I sordi negli Stati Uniti
Questo libro si rivela come una utile cartina al tornasole per esaminare la situazione dei sordi negli Stati Uniti di ieri e di oggi. Ciò che può sorprendere è l’alto livello di integrazione di Singer nella comunità americana della fine degli anni Trenta. Singer è un sordo segnante che sa leggere il labiale e comunica con gli altri tramite un blocco note che si porta dietro. Lungi dall’essere considerato menomato dagli altri è anzi un punto di riferimento per tutti.
Non bisogna dimenticare che gli Stati Uniti furono fra i primi Paesi a istituire scuole ed istituti di educazione per sordi in cui era insegnata la lingua dei segni. Sin dal 1815, quando il reverendo Thomas Gallaudet, del Connecticut, fece un viaggio presso l’istituzione fondata dall’abate de l’Epee a Parigi e convinse Laurent Clerc, un insegnante sordo, ad accompagnarlo in America per fondare una scuola ad Hartford.
La lingua dei segni francese di Clerc, mescolata con i segni dei nativi d’America e con il dialetto usato a Martha’s Vineyard (dove esisteva una numerosa comunità di sordi) andò a formare l’American Sign Language. I sordi scrissero libri, entrarono nella vita pubblica, ebbero successo. Poi, dopo il 1880, quando prevalse la scelta oralista, le scuole per sordi chiusero anche in America.
Negli anni Sessanta William Stokoe scoprì che la lingua dei segni è un linguaggio completo, con una propria grammatica interna e la potenzialità di esprimere con i segni qualunque cosa possa essere espressa con le parole. Da quel momento i sordi negli Stati Uniti hanno avuto un momento di riscossa che li ha portati a costituire, a partire degli anni Ottanta, un vero e proprio movimento di rivendicazione della propria identità culturale, chiamato Deaf Pride.
In effetti è proprio un film, più volte citato su queste pagine, Figli di un dio minore (Children of a Lesser God, USA 1986, di Randa Haines, con William Hurt e Marlee Matlin), a normalizzare l’anormalità inserendo la vicenda sentimentale di una ragazza sorda nel vasto immaginario hollywoodiano.
Essere sordo oggi in America vuol dire niente altro che appartenere ad una delle numerose comunità culturali di cui questo Paese si fa orgoglio e che pure suscitano perplessità. Preoccupa infatti la forte tendenza alla frammentazione del Paese, nella logica di un multiculturalismo estremo, in numerose comunità o gruppi di interesse che non condividono un obiettivo comune ma sono, al contrario, spesso divisi e ostili.
La normalizzazione
La normalizzazione della sordità negli Stati Uniti è rappresentata anche dall’elezione di Heather Whitestone McCallum come Miss America 1995. Dopo la sua elezione la McCallum è diventata modella, ma ha anche scritto un paio di libri sulla sua storia personale.
La McCallum è stata invitata al talk show di Oprah Winfrey insieme a Marlee Matlin, l’attrice sorda che per l’interpretazione in Figli di un dio minore vinse un premio Oscar, proprio per rispondere a domande sul libro della McCullers e su come sia cambiata la situazione dei sordi dagli anni Trenta ai nostri giorni. La Matlin, commentando il testo, ha espresso stupore per come l’autrice sia riuscita a parlare della sordità in un altro tempo e a un’altra generazione. “È riuscita a cogliere l’essenza della sordità – dice la Matlin – sicuramente non nei termini di adesso, ma in maniera estremamente precisa, considerato il luogo e il periodo in cui scriveva”.
La McCallum invece ha posto l’accento su come le situazioni, la solitudine e l’isolamento vissuti da lei nell’infanzia fossero simili a quelli del protagonista del libro. Secondo la modella, al giorno d’oggi molto di più si sta facendo per i sordi anche grazie alle nuove scoperte tecnologiche. In conclusione entrambe hanno manifestato soddisfazione per come hanno vissuto la loro vita senza essere, di fatto, condizionate dalla loro menomazione. In particolare la Matlin ha ribadito come l’handicap, per un sordo, non sta nelle orecchie, ma nella testa.
E nella società, si potrebbe aggiungere, evidenziando come nel libro della McCullers l’handicap è diffuso fra tutti i protagonisti, ma non è un handicap fisico quanto piuttosto un handicap culturale che deriva dall’emarginazione sociale. Più volte su queste pagine abbiamo visto come la società abbia inventato la figura del diverso, del mostro, nonché l’idea di invalidità, di deformità, di handicap.
Abbiamo visto come il marchio attribuito alla menomazione anziché limitarsi all’aspetto fisico lo valicasse e fosse esteso anche all’aspetto morale della persona. La diversità, si riteneva, aveva marchiato la persona anche nell’animo. Abbiamo potuto assumere come tali pregiudizi, lungi dall’essere legati a verità biologiche, fossero il frutto di processi storici condotti da forze sociali.
Questo emerge anche nel libro della McCullers dove i veri emarginati sono coloro che appartengono a quella categoria su cui si riversano i più profondi pregiudizi sociali e razziali, cioè i neri. La figura di Singer, sordo, che pare l’unico capace di ascoltare tutti nel suo profondo silenzio, è in questo contesto emblematica dell’incapacità dell’uomo di ascoltare se pure le sue orecchie sono funzionanti.
Sul grande schermo
Il romanzo della McCullers è divenuto un film nel 1968 (The Heart is a Lonely Hunter, L’urlo del silenzio, regia di Robert Ellis Miller). Il film stravolge la storia originale puntando molto sul rapporto tra l’adolescente Mick e il sordo Singer. In effetti il film non rende un buon servizio allo spirito originale del testo, in quanto risolve le problematiche nel rapporto interpersonale tra udenti e sordi descrivendo questi come persone tristi, chiuse in se stesse e introverse.
Un film che invece rispecchia molto bene l’atmosfera del romanzo, pur non ispirandosi direttamente, è Lorna (USA 1964, regia di Russ Meyer). Il regista, annoverato forse ingiustamente tra i mestieranti di un cinema erotico spazzatura, riesce invece in questa opera a fornirci un quadro profondamente vero del Sud della Grande Depressione degli Anni ’30.
Un film assolutamente diverso dalla retorica hollywoodiana che rappresenta con spietato realismo, servendosi di una splendido bianco e nero, una società intimamente sola, razzista, avida, disperata.
Fonte: www.mobilita.com