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Lascia ai Sordomuti una tenuta…

Ricchi & famosi: il più chiacchierato fu il conte che si dimise da sindaco per una nevicata e seppe essere generoso quanto strambo. Quel filantropo a singhiozzo. Non paga la campana al prete ma lascia ai sordomuti una tenuta.
Sindaco, dottore, conte: quelli che contavano, e magari una sola persona univa le tre qualifiche. Fortunato Campagnari da Ca’ Longa, ai Lumini, fu sindaco dal 1910 al 1914. Una delibera di saluto stilata dalla sua giunta il 28 giugno 1914, scovata nell’archivio comunale da Alessandro Martinelli, spiega che sotto il suo mandato arrivarono «la grandiosa strada Lumini-Prada-Bocca Naole», la posta e l’elettricità.
Giuseppe Zanetti, classe 1889, fu alla guida del Comune dal 1945 al 1950 e dal 1954 al 1957, anno in cui morì. Era un commerciante di legname, proprietario degli alberghi La Quercia e Al Sole. Durante la guerra forniva legname all’esercito e con la scusa del lavoro riuscì a risparmiare a molti la chiamata alle armi. Fu tra i promotori, insieme ai personaggi più in vista di San Zeno, di un società di mutuo soccorso per i poveri. Nel 1948 fece sistemare il camposanto e nel maggio 1949 scoprì le grotte di Val Trovai, dopo Prada. Fu lui a lanciare l’idea di un caseificio, avviato nel 1954 e attivo fino agli anni Settanta. Ma Giuseppe Zanetti fu soprattutto «il sindaco dell’acqua»: la sua grande opera fu l’acquedotto che da sopra Caprino arrivava fino a San Zeno, progettato dall’ingegner Zambonini di Caprino e realizzato interamente a colpi di pala. L’acqua arrivò a San Zeno il 7 giugno 1949, mentre il 21 agosto dello stesso anno avvenne l’inaugurazione ufficiale alla fontana di piazza San Francesco, la «piassa de soto», alla presenza di Guido Gonella, ministro veronese.
Benedetto Lenotti, uomo di cultura, collaboratore di riviste letterarie e scrittore di libri, tra cui Le leggende del Garda, fu sindaco dal 1960 al 1965. In località Val Masson nel 1968 fu costruita su sua idea la nuova piazza, su terreno donato dalla famiglia Megighian. Fratello di monsignor Giuseppe Lenotti, vescovo per vent’anni anni a Foggia, fu un sindaco lungimirante: risale al suo mandato il progetto della strada panoramica per Malcesine, di cui fu realizzato però soltanto il tratto fino a Castelletto. Il conte Gaetano Bonoris fu uno dei più importanti possidenti e sindaco, per breve tempo, nel 1914. Nato nel 1861 da Achille e dalla nobildonna bresciana Marianna Soncini, fu fatto conte nel 1890 da Re Umberto I e si fece costruire a Montichiari un castello in stile sabaudo. Con l’immensa tenuta Cervi il conte salì alla ribalta a San Zeno nei primi decenni del Novecento, dando lavoro a molti uomini del paese, che evitarono così di emigrare all’estero. «Di lui», spiega il giovane storico del paese Alessandro Martinelli, «rimane il ricordo di un uomo combattivo che impedì la costruzione di un centro per malati di tubercolosi voluto dal dottor Schena. Memorabili anche le sue dimissioni». Narra la leggenda che per un’incomprensione fu lasciato ad attendere gli assessori sotto la neve. Si offese e lasciò il posto. Aveva un bel caratterino, in verità. «Nel 1922», ricorda lo storico, «promise a don Faccio che avrebbe elargito una cospicua donazione alla parrocchia per pagare le nuove campane, a patto però che la più grande, venisse messa nella cella in vista della sua tenuta. La cosa non si poté fare e Bonoris non diede più nessun contributo. Alla sua morte, nel 1923, il Bonoris ordinò di bruciare tutto il suo vasto archivio privato e di donare la tenuta, dopo cinque anni dalla sua scomparsa, all’istituto sordomuti Antonio Provolo. E così fu fatto».
Negli stessi anni del conte, Alessandro Schena, medico, fu l’altra personalità di spicco in paese. «Fu sempre presente e attivo, anche se la sua idea di una casa di cura per malati di tubercolosi naufragò, osteggiata dal conte Bonoris e da altri concittadini, portando alla creazione dell’albergo Jolanda», racconta Angelo Perotti. Figlio di Angelo e di Camilla Agosti, Alessandro Schena era nato a Boi di Caprino nel 1854. Nel 1880 si laureò in medicina e chirurgia a Pavia e poi si sposò con Ludovica Carteri, da cui ebbe i quattro figli Camilla, Itala, Ernestina e Angelo. Diventò medico a Malcesine, condotta difficile per la mancanza di strade. Copriva pure il territorio di Limone: lì una volta fu chiamato per un parto difficile; al ritorno, in barca, incappò in una tempesta improvvisa e si salvò per miracolo. In seguito vinse la condotta a Villafranca e là nel 1915 divenne primario chirurgo all’ospedale Morelli Bugna».
Medico condotto di San Zeno per un quarantennio fu invece Arturo Giusto, scomparso nel 1941. Da Ca’ Sartori, dove abitava con moglie e tre figli, Regina, Maria e Bortolo, che morì soldato nella Grande Guerra, «el dotor» andava dovunque ci fosse bisogno di lui. Sempre disponibile e gentile con tutti, chiese per primo che in municipio una stanza venisse riservata all’ambulatorio. Nel 1928 Giusto chiese l’ampliamento del cimitero, divenuto troppo piccolo; dopo la sua morte, avvenuta a Verona, la popolazione ottenne che venisse seppellito a San Zeno.
Fonte: Camilla Madinelli, Martedì 4 Aprile 2006,
www.larena.it (Verona)


 

Per le altre notizie sull’Istituto Antonio Provolo. nw022 (2006)


Newsletter della storia dei sordi n.22 del 28 aprile 2006

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