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Santuario della Beata Vergine di Paitone (Brescia)
Dove l’arte illuminata dalla fede, produsse capolavori: la madonna del sordomuto.
Narrano i libri esistenti negli archivi della Chiesa di Paitone: «Traeva stentata la vita con le fatiche dello sue mani un povero giovane della terra di Paitone, chiamato Filippo Viotti, il quale, fino dalla sua nascita privo dell’uso di favellare, temeva però Dio e, con atti di cristiana pietà, lo venerava e obbediva.
In un giorno dell’anno 1532, mentre nel parco suo vivere questo buon fanciullo raccoglieva sopra una collina acerbi frutti, detti more, dagli spinosi cespugli gli apparve all’improvviso, assisa sopra di un sasso, la Santissima Madre di Dio, ammantata di bianca veste e coperta di velo brunato, la quale, riempiendo il di lui cuore d’insolita gioia, significogli di voler essere Ella la Protettrice del popolo di Paitone. Onde volesse egli avvisare i Reggenti di quel Comune perché colà fabbricassero a di Lei onore un tempio, dal qual sortir dovevano larghi doni della sua misericordia.
Confuso nel suo contento il buon giovane, dimostro con cenni di essere per la sua mutolezza inabile ad eseguire il comando. Ma la potentissima Vergine, nelle di cui mani Dio ha posto la Salute di ogni infermità snodò tosto la di lui lingua acciò questo miracolo servisse a confermare la verità dei di lui detti. Allegro per la ottenuta grazia, il contadino corse a compiere il comando della Madre di Dio. Né potevano i Reggenti negare fede alla prodigiosa voce di un mutolo, che giammai aveva proferito sillaba per lo addietro; onde, bramosi della celeste protezione a loro promossa, diedero in mano con sollecitudine alla casa fabbrica, che tosto si ridussero a perfezionare sullo stesso luogo ove avvenne l’Ammirabile Apparizione” .
Il Santuario
Venne in tal modo eretto uno splendido Santuario in onore della Vergine. L’altare, tutto in marmo, posa proprio sulla pietra ove posò i piedi la Gran Madre di Dio; pietra che è dato di vedere ad ogni devote.
La Madonna e il Piccolo sordomuto
Un secondo miracolo
« Perché in più espressiva maniera ai posteri restasse la memoria del grande avvenimento, ordinarono i Rettori ad Alessandro Bonvicino, detto il ‘‘Moretto’’, celebre pittore di quei tempi, di rappresentarlo in ben ideata pittura: locché diede occasione ad un nuovo miracolo.
Ricercò l’artefice valentissimo dal semplice contadino la narrazione dell’avvenuto miracolo nelle più particolari circostanze, ma, non potendo ritrarne che rozze e malforme risposte trovassi talmente confuso, che sentendosi mancare l’aiuto dell’arte umana, volle con saggio consiglio ricorrere all’assistenza celeste.
Premessa adunque la Sacramentale Confessione dé suoi falli e pasciutosi dell’adorabile Eucaristia, imploro reverente l’aiuto e la protezione di Maria Santissima, la quale, benignamente esaudendo le sue umili preghiere, se gli diede a vedere in sogno, nella notte seguente, imprimendo altamente nella di lui fantasia l’intera idea della sua miracolosa comparsa.
Svegliato dunque nella seguente mattina, diede tosto mano con tal facilità al lavoro che al primo vederlo il risanato contadino esclamò tutto giulivo tale appunto ed in tale abito essergli apparsa la Madre di Dio allorché sciolse i lemmi della di lui lingua”.
Il quadro del « Moretto »
Si sa che il pittore Alessandro Bonvicino (1498-1544), eletto il « Moretto fu uno dei più celebri del Rinascimento. Animo verginale, intatto del sensualismo di un secolo corrotto, portò nei suoi quadri sacri dei motivi, alle volte, tanto arditi da essere ripresi financo dal Caravaggio.
Il Frizzoli che studiò il quadro della Madonna di Paitone con singolare amore, lo definisce “ una delle creazioni più delicate e più intimamente sentite” e ponendole a confronto con l’altro, più noto, di Santa Giustina di Vienna, osserva giustamente, che mentre quello “di Vienna risponde all’espressione di un volto signorile e ad aristocratica provenienza, quello dell’agreste Santuario è invece un ex voto eminentemente popolare.
Certamente l’aspetto maestoso e gentile della Madonna, l’atteggiamento devoto del sordomuto, quella velatura argentina di tutto il quadro, tenuto volutamente sui torni delicati e sommessi, sono espressione dell’anima religiosa, dolcemente malinconica del Moretto”.
Ricorrenza annuale: 15 agosto
Il Miracolo viene ricordato ogni anno al 15 agosto, nel giorno del Beatissimo Transito di Maria Santissima. La verità dell’Apparizione venne confermata da grazie senza numero, da favori speciali, da prodigi inauditi, che si susseguono incessantemente.
A proposito della pregevole tela del « Moretto » esposta alla venerazione dei fedeli nella Chiesa di Paitone, e che rappre¬senta l’apparizione della Vergine al sordomuto, ci piace di ripro¬durre dal “Parla” di Brescia un articolo dovuto a un dotto cul¬tore di arte bresciana il nob. cav. Pietro da Ponte: “sopra un fondo di campagna montuosa Maria sì mostra, nella bellezza di una di una gioventù matura, con aspetto dignitoso e gentile, in bianca veste, onde meglio risalta la maestà della persona.
Intorno alla testa e al collo un velo trasparente di color grigio, scuro: ondeggiando al vento i lembi di una candida fascia che cinge i fianchi. Posta di fronte, col piede sinistro in avanti, le braccia raccolte al petto, incrocia l’una sull’altra le mani ed abbassa il volto serio ma benigno verso il fanciullo che le sta di fianco a destra. Questi, collo sguardo intento alla divina Madre, par che abbia le parole legate alla lingua, tanto al vivo è resa la fisionomia del povero sordomuto.
Egli ha nude le braccia e le gambe da una vesticella bruna escono le maniche bianche, e rimboccate della camicia. Quasi in atto di promessa alza la sinistra al petto e colla mano destra porge un canestro di frutta. Nel terreno e nello pietre giallognole, nel castagno e nei folti cespugli circostanti, nei monti che degradano ad un cielo azzurro carico, si vede che il pittore volle ricordare col suo quadro anche il luogo dell’Apparizione, che, secondo notizie di cronisti, sarebbe avvertita nel 1533, mentre in quel paese infieriva una pestilenza.
La stessa cronaca dice che il “Moretto”, dovendo eseguire il quadro a domanda del Comune, colla preghiera e col digiuno si preparò alla religiosa composizione. Questo quadro, che è uno dei più belli dei ‘Moretto’’, è ricordato in molti scritti d’arte”.
Da Giovanni De Carlis nell’opera di Santuari Mariani legati alla storia dei sordomuti (1971)
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Concreto, come un miracolo
di Stefania Falasca. Fonte: 30giorni
Nella chiesetta del santuario di Paitone campeggia la grande tela del Moretto che descrive l’apparizione della Madonna a un bambino sordomuto nel 1532. Un quadro con una storia particolare: fu eseguito dal pittore sotto la dettatura del piccolo testimone oculare dell’apparizione
Più vera di così! Sembra quasi di poterla toccare. Concreta com’è, con quel velo scuro portato in capo con disinvoltura a mo’ di chador, la veste bianca senza fronzoli e il viso pienotto di giovane mamma. Una figura morbida, solida, che si staglia sullo sfondo di un paesaggio rupestre (vero anche quello) e riempie quasi tutto lo spazio. Grande proprio come la vedrebbero gli occhi di un ragazzino. Proprio come la vede quello che le sta lì accanto, col suo cestello di more in mano, sbracciato e scalzo, che dal basso la guarda, un po’ sorpreso.
È la fotografia di un attimo. Il fotogramma di una circostanza. Accaduta in un agosto di cinque secoli fa. Quando a quel bambino, tal Filippo Viotti, sordomuto dalla nascita, mentre era intento a raccogliere more su quei monti appena sopra Paitone, un paesino della provincia bresciana, apparve la Madonna. Sì, proprio Lei. Anno Domini 1532.
Se il pittore bresciano, Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, non ci avesse lasciato l’immagine vivida di quell’attimo, dipingendolo come fosse stato egli stesso presente, i contorni esatti di quella soprannaturale circostanza sarebbero forse sfumati nel tempo. Quel fatto invece è ancora lì. Nitido. Non una retorica evocazione. Reale. In questa grossa tela, che non ha nulla a che vedere con quelle accademiche, aleggianti e sagomate rappresentazioni di maniera. Campeggia fisicamente, è proprio il caso di dire, sull’altare del santuario di Paitone come un enorme ex voto pronto a tirarti adesso dentro a quel fatto. E non potrebbe essere altrimenti. «Un’apparizione, ma concreta, fatta di fiducia terrena e scevra da ogni allucinamento», ebbe a dire il noto storico dell’arte Roberto Longhi riguardo a questo, che è, a tutti gli effetti, considerato il capolavoro del Moretto; e non esitò, proprio per il realismo della composizione, a metterlo in parallelo con la Madonna di Loreto che appare ai due vecchi popolani nella celebre tela della Madonna dei pellegrini di Caravaggio.
L’immagine dell’apparizione dipinta dal Moretto è il cuore di questo candido santuario che s’affaccia silenzioso sull’orizzonte aperto delle valli della Lombardia orientale. Entrare qui e soffermarsi ad osservarla è tutt’uno. E davvero non si finirebbe mai di guardarla e riguardarla, proprio come là fuori lo sguardo resta preso da quell’orizzonte aperto. Già, perché la singolare bravura del pittore precaravaggesco non dice tutto. O meglio, c’è dell’altro. Se vogliamo entrare nel vivo della storia e se vogliamo dar credito alle cronache del tempo.
Raccontano le antiche cronache che il piccolo Viotti, risanato dalla Madonna dal suo handicap, andò subito a riferire l’accaduto alle autorità del luogo, così come Maria gli aveva detto di fare, affinché venisse eretta sopra quel monte una chiesa in Suo onore. Nessuno, è facile immaginarlo, di fronte alle parole dette da un bambino sordomuto, mise in dubbio la veridicità di quel celeste incontro. Il vescovo di Brescia, Matteo Ugoni, diede perciò immediatamente l’autorizzazione per la costruzione del santuario, dispose che la pietra sulla quale aveva poggiato i piedi la Vergine venisse incastonata sotto l’altare ed incaricò uno dei più famosi pittori lombardi di dipingere l’apparizione: il Moretto appunto. Si dice che il pittore, ascoltato il racconto del ragazzino, si mise al lavoro seguendo tutte le sue indicazioni. Ma per quanto zelo mettesse nell’aderire alle descrizioni del bambino, non gli riusciva di dar forma ai tratti di Maria. Ogni volta, infatti, che il pittore mostrava al ragazzino l’immagine da lui dipinta, questi per tutta risposta scuoteva il capo dicendo che non era affatto somigliante a quella che aveva veduta. Una notte, si racconta ancora, il Moretto vide in sogno la Madonna, tale e quale era apparsa al pastorello, e il mattino seguente andò a confessarsi e a comunicarsi. Rimessosi allora al lavoro, non si mosse dal quadro finché non l’ebbe terminato. Chiamato di nuovo il Viotti per mostrargli l’opera compiuta, il piccolo, questa volta, finalmente esclamò: «Oh sì, adesso sì, è questa qui, è proprio Lei!».
«È proprio Lei». È proprio la stessa sorpresa che il pittore ha impresso negli occhi del ragazzino. La solida pienezza della figura di Maria, unita alla commossa delicatezza dell’intera composizione, è da ritenersi già un piccolo prodigio in questo dipinto considerato una delle creazioni più intimamente sentite dell’artista e senza dubbio, come affermano gli storici, un’indicazione suggestiva per leggerlo è la fedeltà del pittore al racconto del bambino. Si può infatti immaginare, visto il risultato di assoluta verosimiglianza, con quanta cura il Moretto prendesse appunti per poi non scostarsi neanche di un centimetro da quel dettato. Come altrimenti dar conto della nuda, semplice essenzialità che la distingue dalle tante rappresentazioni di visioni, della grande libertà dell’immagine, veramente senza riscontro nell’iconografia sacra, e della particolarità dei dettagli, dal canestrino di more al velo nero della Madonna? Ma è altresì vero che, nella figura della Vergine, come osservava Giovanni Testori, «a furia di far vero, il pittore arriva all’enormemente presente, all’ingrandimento non fotografico ma fisico e sentimentale». A rivelare, infatti, inequivocabilmente che anche la storia del quadro ha del soprannaturale è proprio quell’evidente sproporzione tra la figura del bambino e quella ingigantita della Madonna. Sproporzione che non solo comunica deferenza e venerazione, ma fa del pastorello il punto di osservazione, come se il pittore stesso avesse guardato Maria con gli occhi del bambino. Con gli occhi sorpresi del bambino. Quando si dice miracoli.
Tutta la storia del santuario del resto è un concatenarsi di fatti prodigiosi. Basta guardare gli innumerevoli ex voto appesi alle pareti e basta sfogliare quei vecchi libricini di preghiere per sentire il suono di quel salmodiare che parla di secolare devozione, di affetto semplice e popolare. «Ricordatevi, o Piissima Vergine Maria» recitano le antiche preghiere rivolte alla Madonna «che non si udì mai, partisse dal Vostro santuario sconsolato, chi, con fiducia Vi supplicò del Vostro aiuto e del Vostro patrocinio. […] Ricordatevi, Vergine Pietosissima, che apparendo su questo monte avete promesso la Vostra protezione, […] avete promessa l’abbondanza dei Vostri doni. […] e dopo d’avervi servita degnamente in terra, Vi amiamo eternamente in Cielo». Basta mettersi in cammino e salire quassù il 15 agosto, giorno dell’Assunta, il giorno della festa del santuario, quando migliaia di persone affollano il sagrato della chiesa fin dalle prime ore dell’alba.
Affetto e devozione. In fondo Maria non aveva chiesto altro. Apparendo, su questi monti a ridosso dell’orizzonte, proprio a quel ragazzino. Ha chiesto solo la devozione dei suoi figli e non ha mancato alle sue promesse, qui come in tutti gli altri luoghi a lei dedicati. E sono tanti, tantissimi, in questa regione. La provincia bresciana, in particolare, ne è letteralmente costellata. Se ne contano più di duecento. E non sono pochi quelli legati ad apparizioni. In un’epoca come il Cinquecento e il Seicento, la presenza e il conforto di Maria si sono manifestati con favori e grazie particolari. Valga allora per il santuario mariano di Paitone e per tutti gli altri quello che è scritto in latino nell’atrio di una chiesina dedicata alla Madonna in Val Chiavenna: «Entra volentieri, tu che sei qui nell’atrio della chiesa. Sappi che in questa chiesa tutto parla della Madre di Dio. Si ricordino gli alieni (discant alieni, cioè quelli che non la invocano, ndr) che avendo Maria come protettrice non saranno mai dei disperati. Coloro che non la pregano con affetto come avvocata trascurano se stessi».
PER SAPERE DI PIU’
Alessandro Bonvicino detto il Moretto
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«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
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“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini