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Spettri di frontiera

Un’armata di cadaveri avanza verso il cuore di una foresta del Texas, sono reduci di una cruenta battaglia tra sudisti e nordisti. Le loro divise, stracciate e sanguinanti sembrano confondere in maniera definitiva gli schieramenti di cui facevano parte. I cadaveri camminano barcollando, qualcuno lascia per terra brandelli di pelle, qualcun altro ha le ossa che si scompongono lungo il selciato. Un ragazzino sordomuto, incrocia, per caso, l’orrenda compagnia di militari e decide di guidarla per gioco al di là del fiume. Ma scoprirà con terrore che anche i suoi familiari sono entrati a far parte delle schiere del terribile esercito dei morti… Quella che vi abbiamo sopra descritto non è la trama di un racconto di zombie estrapolata dall’universo allucinato di Stephen King (magari quello del ciclo della Torre Nera), né tantomento una storia da incubo di Robert Ervin Howard, Algernon Blackwood o Joe Lansdale (tre dei narratori più prolifici nel genere western horror americano) ma uno dei tanti racconti (Chickamagua, per la precisione) dedicati alla Guerra Civile americana da Ambrose Bierce (1842-1913), scrittore che in un tutta la sua produzione fece emergere un amore particolare per il fantastico e che raccontò in maniera singolare la metà oscura del Far West: un territorio sconosciuto, ai confini della realtà, che fin dagli inizi della sua colonizzazione, si dimostrò capace di attrarre ma anche di spaventare i pionieri che sceglievano di abitare quelle favolose terre (così come possiamo desumere dalle cronache del Diciassettesimo secolo dei Padri Pellegrini e da certi racconti del Generale Custer ma anche dal ciclo di “Calza di Cuoio” siglato da James Fenimore Cooper e dal gotico “Edgar Huntly” di Charles Brockden Brown). Un continente da esplorare, scoprire conquistare che ven ben presto accostato nell’immaginario popolare ad altri paesi esotici e oscuri come l’Africa, l’India, la Cina, il Borneo, la Malesia (luoghi fisici e letterari ideali per la nascita di cupe leggende e ricche di spunti per i feuilletons popolari). Fu così naturale per Bierce descrivere nelle pagine dei suoi racconti una prateria popolata da misteriose forze aline, da licantropi, da morti viventi, da donne pantera, da automi impazziti… In particolare la guerra di secessione americana diventerà per lui il territorio ideale in cui ambientare le sue inquietanti Storie di soldati e civili(1891), un territorio d’ombra dove tutto può accadere, dove la morte non è più l’unico degli spettri che domina i campi di battaglia. Campi insanguinati che lo stesso Bierce aveva battuto per un lungo periodo.

 

Dal 1861 sino al 1865 lo scrittore americano aveva infatti combattuto all’interno dell’esercito regolare nordista. E in particolare aveva svolto per lungo tempo il ruolo di ricognitore. Il suo compito era quello di spiare da vicino, senza essere visto, le postazioni strategiche e gli spostamenti sudisti, raccogliere più informazioni possibili, tracciare mappe e quando possibile sabotare gli accampamenti nemici. Questo impegno particolarmente pericoloso, visto che comportava lo sconfinamento quotidiano in territorio ostile e il rischio di essere catturato e condannato immediatamente come spia, aveva da sempre affascinato il giovane Bierce, che preferiva gli appostamenti solitari alle lunghe marce e ai campi di battaglia. Il ruolo di ricognitore gli permetteva infatti di agire in completa solitudine ed autonomia, di osservare con attenzione il mondo che lo circondava e soprattutto solletticava a mille la sua eccezionale fantasia. Nascosto dietro una siepe, appollaiato su una quercia, oppure stazionato sulla cima di un colle Ambrose Bierce poteva dominare campi e valli e scrutare l’essere degli uomini e quello dei suoi avversari in particolare. Dopo aver affrontato illeso le campagne di Chattanooga, Tennessee e Atlanta nel luglio del 1864 il giovane soldato venne però ferito alla testa e rimandato a casa in covalescenza. Guarito Bierce tornò in servizio col grado di maggiore ma la conclusione della guerra nel 1865 lo costrinse al forzato riposo dall’attività bellica, anche se per un altro paio d’anni lo scrittore riuscì a farsi reclutare dal Generale Hazen per svolgere il ruolo di esploratore nei territori considerati ancora a rischio che si estendevano fra Omaha e San Francisco. Conclusa quest’ultima epica impresa il nostro decise di dedicarsi anima e cuore al giornalismo prima scrivendo per l’”Advertiser”, poi per la rivista politica “The Argonaut”, per l’umoristico “The Wasp”, e per “L’Examiner” (dove grazie alla sua ironica verve fece la fortuna del proprietario William Randolph Hearst). Ed in particolare il suo lavoro per “L’Examiner”, dove dette sfogo alla sua capacità sferzante di narrare i malcostumi e la corruzione dei nuovi cittadini americani, gli valse il soprannome di “Bitter Bierce”, ovvero l’amaro Bierce ( ma anche il “nero” Bierce). E la sua vita dopo la guerra non fu certo delle più allegre: uno dei suoi figli fu ucciso nel 1889 durante una rissa; l’altro morì alcolizzato nel 1901; la moglie Molly Day (figlia di un grosso possidente di miniere) lo abbandonò nel 1904. Inoltre i panni del pantofolaio non calzarono mai a pennello al nostro Ambrose che nel frattempo aveva dato alle stampe il suo celebratissimo Dizionario del Diavolo(1911, raccolta di venefici aforismi ancora oggi vendutissima in tutto il mondo) ma anche due sorpendenti raccolte del terrore come “Storie di soldati e civili” (1891) e Possono accadere simili cose (1893) e un’antologia di Favole fantastiche (1911). All’età di sessantasei anni il nostro scelse di ritirarsi in pensione a scrivere in pace ben dodici volumi di memorie, ma il desiderio di nuove avventure lo spinse ad un ultimo grande viaggio. Nel 1913 decise di partire per il Messico dove era da poco scoppiata la rivoluzione di Pancho Villa e qui Bierce sparì all’improvviso senza lasciare alcuna traccia di sé. Molte sono le ipotesi sulla sua tragica fine: suicidio, morte per asma, assassinio da parte di un rivoluzionario americano. Ma la più fantasiosa e forse più calzante ci sembra quella ipotizzata da Pier Francesco Prosperi in una storia di Martin Mystère del 1988 intitolata La cosa da un altro mondo e disegnata da Cassaro. Prosperi ipotizza che Bierce si sia dissolto nel nulla; senza lasciare alcuna traccia di sé, attaccato da quella stessa forza misteriosa ed invisibile extraterrestre da lui descritta nel racconto La cosa maledetta (che influenzerà misteriosamente anche H.P. Lovecraft nella creazione del suo “Il colore venuto dallo spazio”). Una cosa è certa, quando Bierce affermò pubbicamente che nessuno il giorno della sua morte sarebbe stato in grado di ritrovare le sue ossa, aveva già previsto tutto!!! E che la vita del celebre scrittore americano contenga numerosi lati oscuri da esplorare ce lo ricordano anche due pellicole, interamente dedicate ad episodi della sua biografia. In Old Gringo, diretto nel 1989 da Luis Puenzo e tratto dall’omonimo romanzo di Carlos Fuentes, assistiamo in Messico, nel bel mezzo della rivoluzione, agli ultimi giorni di vita di Bierce, interpretato da un incartapecorito Gregory Peck e affiancato da una sfiorita Jane Fonda. Sicuramente più sanguigno per gli appassionati di horror il ritratto del giovane Ambrose che ci viene dato in Dal tramonto all’alba 3 (terzo episodio della saga del diabolico locale Titty Twister ideata da Roberto Rodriguez e Quentin Tarantino) dove il giornalista americano è alle prese con un’orda famelica di vampiri capitanata dalla grande sacerdotessa Quixtla. Questa pellicola è diretta da un fantomatico P.J. Pesce e interpretata da un pool nutrito di caratteristi e si propone come una sano b-movie di intrattenimento in cui il westerne e il fantastico si incontrano e si sposano in maniera coerente così come accade nell’eccellente The Killing Box (1993) di George Hickenlooper, presentato qualche anno fa con grande successo al Dylan Dog Horror Fest e che anche se non direttamente tratto da un racconto di Bierce ne ricalca in pieno le atmosfere, mostrandoci la terribile fine subita lungo le rive del Catum’s Creek dal 51° Reggimento dell’Alabama. I soldati che lo compongono verrano massacrati, mutilati e crocifissi a testa in giù da uno squadrone di zombie sudisti sui quali pesa una terribile maledizione portata nel Nuovo Mondo da un gruppo di schiavi africani. Sul versante televisivo va invece ricordata la celeberrima trasposizione di Accadde sul ponte di Owl Creek realizzata da Robert Enrico per la serie “Twilight Zone” di Rod Serling nel 1963. Lo stesso racconto è stato anche ridotto a fumetti da Archie Goodwin per una storia dello Zio Tibia illustrata da Bob Jenney, e sempre lo stesso Goodwin si è divertito a sfornare sulle pagine dell’arzillo Creepie una tetra versione di “Quella cosa maledetta” per i pennelli di Gray Morrow. E conludiamo in bellezza regalandovi una di quelle piccole favole nere, destinate al dormiveglia e al territorio dell’incubo più che alla buonanotte che Bierce confezionò durante tutta la sua carriera per i suoi affezionati lettori: “Un uomo fu appeso per il collo finché morì. Era il 1893. “Da dove vieni?” gli chiese San Pietro quando l’uomo si presentò alla porta del Cielo. “Dalla California”, rispose il postulante. “Entra, figliolo; rechi notizie gaudiose”. Quando l’uomo scomparve all’interno, San Pietro prese il registro e annotò quel che segue: “Sedici febbraio 1893. La California conquistata dai Cristiani!”. © 2001 Luca Crovi – per gentile concessione dell’autore
Fonte: http://www.drivemagazine.net/lemani.html rc026 (2001)

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