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La sordità: riflessioni sul libro di Simonetta Maragna
La professoressa Simonetta Maragna, della Redazione di P@role e Segni, e membro del Dipartimento nazionale SEU, Scuola, Educazione, Università, ha dato alle stampe, edito da Hoepli, un volumetto dal titolo esemplificativo: “La sordità – Educazione, scuola, lavoro e integrazione sociale”, con cui l’autrice intende rispondere alle richieste che molte persone le hanno rivolto in occasione di seminari, lezioni e incontri cui essa sovente partecipa, di avere il titolo di una pubblicazione che dia un quadro d’insieme sulla sordità, con l’obiettivo di offrire ai genitori, ai logopedisti, agli insegnanti, agli operatori del settore, ma anche a tutti coloro che si avvicinano per la prima volta al complesso mondo dei sordi, una chiave di lettura che permetta una chiara visione delle diverse circostanze implicite.
La sordità. Educazione, scuola, lavoro e integrazione sociale di Simonetta Maragna (Milano, 2000, Hoepli Editore, pp.200)
La Maragna mette subito in evidenza, sin dalla prefazione, che in Italia esistono due correnti di pensiero, differenti sull’approccio alla sordità: una di rigido oralismo, cioè solo lingua vocale, con esclusione assoluta dei segni, l’altra in una prospettiva bilingue, che comprende sia la lingua italiana parlata, che la lingua dei segni.
L’autrice afferma che, pur provenendo da una formazione rigidamente oralista, appartiene ora alla folta schiera di operatori del settore che si sono convertiti al bilinguismo, quindi ritiene importante che il bambino sordo venga precocemente esposto sia alla lingua dei segni, che all’italiano parlato, poiché si è accorta con la pratica educativa che i segni acquisiti come prima lingua aiutano a imparare meglio e più facilmente l’italiano parlato e scritto.
Il volumetto è scorrevole, suddiviso in nove capitoli, che spaziano dalla nascita del bambino sordo, all’esatta interpretazione della minorazione uditiva, al ruolo della famiglia, alla logopedia per l’educazione linguistica, comprese le parole “da vedere”, proseguendo per il “pianeta scuola”, alla visione del futuro individuale, alla consapevolezza dei diritti conquistati, per fare infine un confronto fra “noi e l’Europa”, oggi che i confini daziari sono solo un ricordo del tempo che fu.
Avevo appena terminato la lettura dei nove scorrevoli tomi in cui è composto il libretto, quando m’imbatto in due iperboliche opinioni, spacciate per recensioni, pubblicate sul periodico dell’ALFA, Associazione Lombarda Famiglie di Audiolesi, dove in un commento al testo della Maragna, una certa Antonella Cugini – madre di bimbo sordo – premette che il suo, più di giudizio critico, è solo un parere di parte, tuttavia non riconosce che i sordi con buona lettura labiale, ma non a conoscenza della Lingua dei Segni, “…parlano bene, ma sono in crisi con la vita!” e vorrebbe conoscere più a fondo il problema.
Invece la presidente dell’ALFA, Emiliana Bonadonna, pur convenendo che le molte testimonianze di persone sorde e di genitori, riportate dall’autrice del libro “…fanno riflettere tutti sui diritti negati in nome di una normalità come modello da perseguire…”, non è d’accordo sul bilinguismo come alternativa al metodo oralista.
Il punto di vista della Bonadonna già lo conoscevo, tuttavia non ho mai incontrato uno solo di quei molti giovani/adulti che, rieducati unicamente al linguaggio verbale, sarebbero secondo lei delle persone realizzate sotto ogni punto di vista, come dichiara. Perché mai, quei molti, non più bambini, hanno ancora bisogno della tutela per farsi rappresentare?
Al termine della sua lunghissima recensione, in cui si dichiara d’accordo su tutto il contenuto del libro di Simonetta Maragna, ad eccezione che sul bilinguismo, la presidente ALFA rivolge a se stessa una domanda: “Il bilinguismo garantisce davvero un migliore apprendimento della lingua italiana, che Simonetta Maragna crede invece indispensabile perché la persona sorda possa essere pienamente parte del mondo in cui vive?” Se ALFA non sa darsi una risposta, suggerirei a Emiliana Bonadonna di rileggersi il libro, troverà la risposta che cerca a pag. 7, e potrebbe finalmente comprendere quello che noi sordi adulti, consapevoli delle varie difficoltà che abbiamo dovuto affrontare e superare, vorremmo sia accettato come norma primaria: “Il sordo deve essere valutato per quello che sa, non necessariamente per come parla…”. rc016 (2000)
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