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Immagini dal Buio, Voci dal Silenzio
La Provincia di Bergamo, con la consulenza del proprio “Servizio Provinciale Integrazione Disabili Sensoriali”, S.P.I.Di.S. ha dato alle stampe, per la Collana “Quaderni di risorse”, il volume “Immagini dal buio, voci dal silenzio”, che è il quattordicesimo testo di una coscienziosa raccolta delle questioni sociali generali nell’area omogenea della Provincia di Bergamo.
Dopo aver trattato, nelle opere precedenti, del disagio giovanile, del servizio militare o civile, dei carcerati, dei centri di aggregazione giovanili, dei preadolescenti, degli immigrati, dei tossicodipendenti, delle barriere architettoniche, dei centri socio educativi, del regolamento edilizio, degli anziani, del ruolo dei genitori, dei servizi per l’infanzia, la Provincia bergamasca ha realizzato una approfondita ricerca sui disabili uditivi e visivi constatando che questi «…presentano delle peculiarità che, per essere comprese, necessitano di analisi approfondite, senza le quali è molto facile incorrere in luoghi comuni e “pressappochismi” che disegnano un quadro impreciso e distorto delle caratteristiche e dei bisogni di quella popolazione».
Libro “Immagini dal Buio, Voci dal Silenzio. Aspetti dell’integrazione sociale dei disabili sensoriali in provincia di Bergamo”, a cura di Marco Galligani (2002, Bergano, Tip.Maggioni Lino, Provincia di Bergamo, pp.98)
La Provincia di Bergamo si è dunque impegnata a svolgere un’azione di approfondimento conoscitivo, con una ricerca su una condizione che, nonostante alcuni progressi, presenta ancora molti interrogativi e lati oscuri. L’inchiesta ha preso l’avvio tenendo presente che “…la cecità separa le persone dalle cose, mentre la sordità separa le persone dalle persone”, come aveva sostenuto Helen Keller, sordocieca, constatando direttamente ambedue le situazioni. Riprendendo il filo di un dialogo conoscitivo avviato da molto tempo, la Provincia di Bergamo ha messo a fuoco gli aspetti che coinvolgono il mondo dell’handicap e dei servizi, individuando tre tipologie prevalenti all’interno delle quali ha sviluppato lo studio analitico, per meglio capire la specificità e il ruolo di servizi presenti sul territorio e poter assumere decisioni successive in merito all’avvio di adeguati servizi specifici. Il lavoro d’indagine, sviluppato in quattro distinte fasi, è durato due anni e si è concluso, in via comunque non definitiva, solo recentemente, ed ha sottolineato la complessità della ricerca, interrogandosi ancora su un concetto composito di difficile definizione, come può essere l’integrazione sociale, ma lo si è fatto per finalità nel contempo conoscitive e valutative. Sono state raccolte, anche con interviste, storie di ordinaria difficoltà, racconti ed evocazioni di vita caratteristici di alcuni soggetti ciechi e altrettanti individui sordi, e si è appreso, a conferma di quanto già era noto in termini concreti, che le persone non vedenti sono più portate a riconoscere e ad apprezzare i processi di integrazione nell’ambito scolastico, ma più articolata e sofferta è la condizione esistenziale dei giovani sordi, che sovente rimpiangono le rassicuranti mura dell’istituto, le strumentazioni didattiche adottate, la sostanziale omogeneità delle difficoltà affrontate nei pur diversi stadi di gravità dell’handicap uditivo, la condivisione della comune disabilità nel piccolo universo dell’istituto. Al termine dell’indagine ci si è accorti, com’era inevitabile, che «…è poco appropriato parlare di essere giunti a conclusione…», come sostiene Lucia Galimberti, coordinatore tecnico provinciale dei Servizi Sociali, ma bisogna continuare ad intervenire, (da parte degli Enti Pubblici, N.d.R.) se si vuole rispondere concretamente ai bisogni, ed anche per il fatto che la nuova legge, la 328 del 8/11/2000, ha affidato ai Comuni tutte le competenze dei servizi resi alle persone. Se in complesso l’indagine condotta dallo S.P.I.Di.S. di Bergamo è coscienziosa, tanto più che è stata amministrata in collaborazione con le Sezioni Provinciali dell’Ente Nazionale Sordomuti e dell’Unione Italiana Ciechi, emblematica è una constatazione a cui sono giunti i responsabili tecnici del Servizio Sociale Integrazione Disabili Sensoriali, secondo cui “…limitatissima è la diffusione della lingua dei segni, se non fra quei sordi che hanno frequentato un istituto o che sono inseriti nelle associazioni di categoria”. Eppure è appurato, almeno dai sordi evoluti, che l’apprendimento della cultura, fra i non udenti, è condizionata necessariamente soprattutto dalla vista, ma essendo complicato, limitato, direi inammissibile, l’apprendimento solo verbale dal movimento labiale, si può giustamente ritenere poco incisivo quell’aspetto dell’indagine, oppure, se anche gli enti pubblici ritengono quell’aspetto condiviso da molti genitori, è necessaria più incisività da parte dell’associazione dei sordi adulti e istruiti per indicare agli stessi genitori di bambini sordi – infatti, l’inchiesta ha anche evidenziato che alla nascita e durante la prima infanzia del figlio, i genitori hanno scarse informazioni e vivono la loro condizione in solitudine – quale sia la strada migliore per un’appropriata acquisizione culturale. rc024 (2002)