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Il protagonista del sordomutismo italiano: Antonio Magarotto
Se n’è andato il 10 maggio 1966. Aveva 75 anni. Un’età rispettabile, certo, ma non abbiamo visto e vediamo uomini di Stato, di Chiesa, di Scienze, di Arte ancora vividi per ingegno e per vitalità fisica a questa età ed oltre, sopra gli ottanta? De Grulle, Picasso, Adenauer…. E lui Antonio Magarotto, non era ancora un… “ matusa”.
Antonio Magarotto
Non aveva, è vero, il passo spedito che del resto non ebbe, credo in misura maggiore nell’età giovanile data la sua statura piuttosto bassa in un corpo proporzionato tendente al massiccio, ma aveva integre le facoltà che rendono l’uomo valido.
Possibile era soltanto pensare che dovesse rallentare la sua prodigiosa attività, non che la smettesse e si ritirasse – non l’avrebbe mai potuto! In una vita di pensionato, mai che potesse andarsene e così repentinamente. Come invece avvenne. Con grande costernazione generale. Ebbe un attacco di diabete da cui con opportune cure all’ospedale si riebbe abbastanza prontamente. Era ancora là in osservazione precauzionale, quando andai a trovarlo. Dormiva in una poltrona. Pacato e sereno: il suo solito aspetto. Nella cameretta erano tre giovani dell’Istituto di studi medi e superiori da lui fondato, vigilavano, quale guardia di onore, il riposo di colui che consideravano già da tempo il loro Maestro e Padre. Notai sul comodino dei grandi freschi fiori ed accanto un biglietto. Il biglietto era dei figli che si felicitavano con il padre per la nuova onorificenza… Quale? “Cavaliere di Gran Croce” mi rispose, lui medesimo quando si sveglio ed intuì la mia interrogazione con il suo sorriso indimenticabile ch’era più un ridere a bocca spalancata, festoso di bambino cui sia stato dato un bel giocattolo. Bambino, in senso retorico o poetico, si può dire lo sia stato sempre, ma quale grande e terribile, geniale e fantastico bambino.
E’ subitamente passò a parlare delle cose che riguardano i sordomuti,, ch’erano le sole che lo interessassero, che riempirono tutta la sua vita in ogni circostanza e delle quali fece imbottire la testa e le… tasche dei ministri dei parlamentari, dei cardinali, dei giornalisti di quanti insomma incontrava e riteneva potessero essere utili alla Causa che gli stava a cuore, persino di ben tre Papi…,con una tenacia rasentante la persecuzione. Il sorriso grande festoso era già scomparso. Scuoteva la testa dai capelli bianchi lucidissimi, dei quali ogni tanto gli ricadeva sull’ampia fronte quel ciuffo ribelle, famoso in tutte le assisi ch’era come una bandiera… Pensoso e preoccupato. Preoccupato per le opere che con fertilissima fantasia aveva ideato ed era riuscito a far costruire persuadendo più che con argomentazioni tecniche con il suo ardore infiammante coloro che avevano la responsabilità amministrativa. Non si regolava diceva, come si sarebbe dovuto…Rilevata imperfezioni, errori di sistema, di impostazione nel lavoro sia nelle istituzioni sia nelle sezioni periferiche… Criticava sempre costruttivamente mai vacuamente nel tormentoni della perfezione, acciocché i sordomuti avessero a trarre da quelle e da quelle altre, in modo più facile, più rapido, i benefici necessari per la loro effettiva elevazione intellettuale, morale e sociale che era stata l’unico scopo della sua vita. Si arrabbiava il ciuffo allora gli ballava sulla fronte— perché i suoi suggerimenti non erano stati accolti…(soltanto poche volte). Poi – energia indomabile – si estendeva in un nuovo programma (quanti ne aveva fatti!) e man mano che ne abbozzava i particolari il suo viso si rasserenava aprendosi a quel grande festoso sorriso di bambino… Così lo lasciai che era pronto a riprendere malgrado i 75 anni la battaglia per perfezionare il già fatto e completarlo con altre iniziative ( che lui solo sarebbe stato capace di trovare) e ancora, come sempre, innamorato della vita. Due giorni dopo una telefonata incredibile e folgorante… Si era accasciato per terra così di colpo. Interne. Non più l’energia operosa che sorprendeva. Non più il sorriso che era una esplosione di vitalità e di luce… Immoto il ciuffo ch’era come una bandiera. In un ‘apoteosi di bandiere fra centinaia di corone i suoi solenni funerali. Erano, per lo più bandiere delle novanta Sezioni dell’Ente che lui, Antonio Magarotto, intravide sin dal lontano Convegno patriottico, civile e religioso dei sordomuti-italiani (dal medesimo organizzato a Padova nel 1932), e per il quale lottò con un accanimento unico negli annali del sordomutismo italiano. Affascinante era la personalità di Antonio Magarotto, ed era un po’ permettetemelo come quella di Garibaldi. Di Garibaldi, come lo vedo io, aveva qualche cosa in comune. L’umanità, che in Magarotto si riversava, come un fiume in piena integralmente sui sordomuti, suoi fratelli di sventura. La generosità. Domandatelo ai tanti sordomuti che egli aiutò in mille diversi modi. Lo spirito battagliero, che si rilevava nelle tante lotte intraprese presso ministeri, un po’ dappertutto per strappare provvidenze, leggi a favore delle nostra categoria. La povertà : sprecò un patrimonio famigliare per istituire una scuola di tipografa per sordomuti… si fece licenziare da un posto di linotipista ben rimunerato per ripetute assenze dovute a frequenti incontri e riunioni ad alto livello. Non amava il denaro per sé stesso, ma per quanto potesse servire alla Causa per cui combatteva; e non aveva neppure una pensione. Infine l’esteriorità di qualche atteggiamento. Come Garibaldi amava portate il poncho e quel speciale copricapo che davano fastidio a Cavour e a Mazzini…, Magarotto amava portate le decorazioni. Una cosa innocente che però egli riteneva non un vano esibizionismo ma una necessità tattica per poter parlare dei sordomuti e perorare le loro rivendicazioni in alti ambienti, con una maggiore autorità e più prestigio. In fondo non aveva torto: infatti è più ricevuto, più ascoltato, più esaudito uno con titolo accademici o decorazioni che non uno qualunque… spoglio, un vescovo che non un prete…, un generale che non un soldato… Di onorificenze ne ebbe tante, Se ne rallegrava senza false modestie, apertamente coll’esplosione del suo sorriso disarmante, ma felice, come diceva sempre, più che per sé per i sordomuti, perché ogni onorificenza che gliene veniva era come se fosse data a quelli stessi per i quali lottava e combatteva. Grande fu la sua gioia quando ricevette la laurea ad honorem del Gallaudet College di Washington. Se ne commosse e già parlava dalla laurea avesse tratto una nuova linfa vivificatrice, in curiosa analoga, col Garibaldi che ad ogni vittoria si esaltava e progettava nuove e più ardimentose imprese…
La tecnica con cui svolse per oltre cinquant’anni la sua impareggiabile attività di animatore, di tribuno, di coordinatore, di fondatore e di garibaldino della Causa dei sordomuti italiani era di una grande semplicità. Non vi era nulla di particolarmente macchiavellico; contatti diretti con governanti, parlamentari ed altre autorità alla portata di chiunque non sia complessato, ma nei quali – qui il segreto – come pochi anche fra gli udenti, sapeva imprimere con la parola che aveva limpida e facile e con le espressioni del suo volto mobilissimo e … con quel ciuffo, un colore che conquistava e convinceva. E non aveva nessun timore reverenziale: si comportava oltre che con semplicità con grande confidenza, quasi con tutti, e con le mani fini di aristocratico dava certe pacche… che era una bellezza da vedere…! Nei contatti coi sordomuti, in sede di assemblea o convegno era invece travolgente.
Conosceva l’arte di impressionare l’uditorio (spesso già conquiso dalla voce che si diffondeva rapida delle sue imprese al livello ministeriale e parlamentare) e trascinarlo facile al più frenetico entusiasmo.
I tre inseperabili: Cesare Magarotto, Antonio Magarotto e Vittorio Ieralla
Sapeva individuare gli errori nostri e degli altri, rilevare i pregiudizi ricorrenti nei riguardi dei sordomuti, denunciare i soprusi che gli danneggiavano nelle varie attività sociale per i quali aveva sempre pronti piani di agitazione. Anche suscitare la fede, la speranza migliore…, incitare alla concordia, all’unità: presupposti per edificare l’opera di redenzione totale dei sordomuti.
Se tanto nelle cose grandi, pubbliche, in quelle piccole di ogni giorno era ancora più semplice e di una bontà trasparente,, profondamente umana, e sorridente.
Se n’è andato.
Ma da Lui, Antonio Magarotto, rimane nel cuore dei sordomuti italiani un ricordo che non si dileguerà nel tempo. Si trasmetterà di generazione in generazione.
Con quel sorriso indimenticabile …
Con quel ciuffo di capelli un tempo nerissimi, poi bianchi lucentissimi ch’era come una bandiera.
ps005 (1968)
La giornata dedicata ad Antonio Magarotto dalla Città di Padova nel 19 ottobre 1997 clicca qui.
Vedi: Newsletter n.30 del 10 maggio 2006 (40° anniversario della morte di Antonio Magarotto)
«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
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“Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità”, ideato, fondato e diretto da Franco Zatini