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1955 – Istituto Arcivescovile Betlem per sordomuti in Ferrara

L’Istituto «Betlem» di Ferrara, opera arcivescovile, per l’educazione ai bambini con problemi di apprendimento, aprì nel 1955 una sezione specializzata per l’istruzione dei sordomuti, fondata dall’arcivescovo Natale Mosconi. Purtroppo l’opera non progredì perché si preferiva avviare i sordomuti verso le grandi istituzioni già esistenti nella zona. Tuttavia l’istituto «Betlem» per sordi funzionò per una quindicina d’anni, fino alla fine degli anni sessanta, quando iniziarono le prime stimolazioni politiche verso l’inserimento scolastico dei sordi nelle scuole pubbliche. La storia dell’educazione dei sordi in Italia non da’ rilevanza all’Istituto “Betlem”, che tuttavia ha operato, sia pure per breve tempo, per l’educazione dei sordomuti. Vedi l’Istituto Provinciale dei Sordomuti di Ferrrara fondato nel 1829 cliccando questo link.
is109 (1994)

1955 Istituto Betlem per sordomuti Ferrara

L’arcivescovo Natale Mosconi di Gianpiero Goffi
L’arcivescovo Natale Mosconi, nato cento anni fa (26 dicembre 1904) a Soresina, morto a Ferrara il 27 settembre 1988, può essere ricordato — per formazione e indole pastorale — come una delle figure più tipiche del clero cremonese. Uno dei ben cinque sacerdoti (Tranquillo Guarneri, Ambrogio Squintani, Paolo Rota, Giuseppe Piazzi gli altri quattro) consacrati vescovi durante il lungo episcopato (1915-1952) di monsignor Giovanni Cazzani.
Le prime note biografiche su Mosconi si devono alla solerte e icastica penna di Carlo Pedretti che pubblicò il volumetto Natale Mosconi arcivescovo a soli tre mesi dalla scomparsa del presule. L’anno scorso poi, un sacerdote di Ferrara, Sergio Vincenzi, ha dedicato all’arcivescovo tre volumi: il primo riguarda Mosconi vescovo di Comacchio dal 1951 al 1954; il secondo analizza i Momenti più significativi del suo episcopato con particolare attenzione ai rapporti intrattenuti con le ‘Chiese del silenzio’ dell’Est comunista in «rivolta leale, irriducibile contro ogni dispotismo» e nel cui ambito Mosconi ospitò in Duomo a Ferrara, nel 1965, l’allora arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla e il primate di Polonia Stefan Wyszynski. Il terzo volume approfondisce la Ricezione e attuazione da parte di monsignor Mosconi degli insegnamenti del Concilio Vaticano II (1962-65) al quale aveva partecipato con inquieta fiducia.
L’itinerario di Mosconi appare insieme complesso e lineare. Complesso per la diversità di esperienze storiche, geografiche e pastorali nelle quali si trovò a vivere e ad operare, dal fascismo farinacciano a Cremona al comunismo stalinista e post-stalinista in Emilia-Romagna in anni, questi ultimi, nei quali l’intervento delle autorità ecclesiastiche nella vita politica era frequente e categorico. Lineare nell’intransigente fedeltà e nell’amore senza ombre alla Chiesa cattolica, proclamati nelle situazioni «opportune» ed anche in quelle che, al senso comune o alle mode correnti, apparivano «inopportune». Mosconi era sempre pronto a testimoniare la verità cristiana e a pagare di persona; anche affrontando l’incomprensione o il dissenso di una parte del mondo cattolico che lo riteneva legato ad una visione preconciliare della Chiesa e lo sapeva impermeabile ad ogni suggestione di ‘compromesso storico’.
Docente, scrittore fecondo e apologeta, Mosconi amò il giornalismo cattolico fin dagli anni giovanili. Uno dei suoi primi atti da vescovo fu la fondazione dei settimanali diocesani: La Croce a Comacchio e La Voce di Ferrara nella città estense. A Cremona aveva diretto dal 1936 al ’39 La Vita Cattolica e ne era stato poi allontanato per la chiara avversione al fascismo e al potere di Roberto Farinacci. Nel 1939 divenne parroco di Sant’Abbondio e ne fu l’anima pulsante per dodici anni, quelli della guerra e della prima ricostruzione. Gli anziani di Sant’Abbondio ancora lo ricordano per la pietà, la fermezza e l’inesausta carità. Pastore appassionato e «a tempo pieno» (Pedretti), entrava nelle case di tutti, anticlericali compresi; teneva omelie tonanti e catechesi rigorose, non di rado polemiche; soccorreva le povertà materiali e spirituali. Mosconi porterà intatte le proprie caratteristiche temperamentali in un episcopato lungo e non privo di croci. Fino alla rinuncia volontaria annunciata il 21 aprile 1976 («Vi lascio perché vi amo»).
La nomina episcopale era arrivata nel 1951 con destinazione Comacchio («il vescovo delle zanzare», commentava l’arguto monsignor Carlo Boccazzi), diocesi poverissima, oltretutto funestata dall’alluvione, e nella quale egli si occuperà della gioventù e dei braccianti, ponendosi tra i promotori della bonifica del Delta padano. Nel 1954 sopravveniva la promozione a Ferrara dove rimarrà per più di vent’anni. Nel 1965 papa Paolo VI voleva nominarlo arcivescovo di Torino. Mosconi pose però una condizione che impedì il trasferimento: non diventare cardinale. Pur giungendo di tanto in tanto a Cremona e a Soresina, monsignor Mosconi volle concludere i propri giorni nella Casa di riposo «Betlem per chi soffre» da lui fondata a Ferrara. Nella tomba di famiglia a Soresina venne sepolto, per suo espresso desiderio, il 1° ottobre 1988. Alla sua morte, anche il sindaco comunista di Ferrara, Roberto Soffritti, ebbe a riconoscere al defunto arcivescovo il «coraggio» di essere andato avanti per la sua strada senza cedimenti. Mosconi non avrebbe mai parlato del proprio coraggio. Semplicemente di amore e di dovere.
Fonte: Cremona on-line 14.12.2004

Il “Betlem” compie 50 anni
Martedì 21 novembre 2006, il Betlem compie mezzo secolo di vita. L’opera arcivescovile “Betlem per chi soffre” fu fondata esattamente 50 anni e l’arcidiocesi di Ferrara e Comacchio ricorda questo speciale compleanno di una struttura di carità nata con lo scopo di accogliere e assistere bambini sordomuti, sacerdoti, uomini e donne che, per l’età avanzata o per altri motivi di sofferenza, avessero particolare bisogno di assistenza. L’opera non è un ente di diritto: è una fondazione autonoma appoggiata civilmente dall’opera archidiocesana della Preservazione della Fede e della Religione. Con l’autorizzazione dell’Arcivescovo mons. Luigi Maverna è stata modificata l’iscrizione posta sul frontale dell’edificio, con la seguente iscrizione: “Opera mons. Natale Mosconi- Casa di Riposo Betlem”. Resta, però, in essere la titolazione giuridica.
Le date più significative
Nell’anno 1959 fu costruita la sede dei bambini sordomuti. Questa attività ispirò il fondatore mons. Natale Mosconi a dare all’Opera la titolarietà “Opera Arcivescovile ‘Betlem per chi soffre'”. Per dare ospitalità agli oltre venti bambini colpiti da tale handicap, fu costruita una palazzina denominata “Villa Gesù Bambino”: due suore Stimmatine provvedevano alla loro assistenza e istruzione scolastica. Fu concessa la scuola parificata e poi la statale. Le rette praticate dall’Opera venivano versate dalla Amministrazione Provinciale.
Nel 1973, l’Amministrazione a cui erano state demandate dalla Regione funzioni di vigilanza e di tutela di questi istituti, negò la prosecuzione del pagamento della retta, costringendo in tal modo le famiglie a ritirare dall’Opera i loro figli e iscriverli alle scuole statali differenziate. Di conseguenza, il fabbricato, dopo i lavori di adattamento fu usato per dare ospitalità agli anziani. Nel 1960 si procedette al primo ampliamento: furono realizzati l’interrato, per i magazzini e la lavanderia, il I piano, per camere dotate di servizi sanitari, una piccola cappella e una saletta da pranzo per sacerdoti, il II e il III piano per le stanze con servizi interni per gli ospiti.
Nel 1967 si provvide al sopralzo di un piano di tutto il fabbricato esistente, per crearvi una sala di soggiorno e alcune stanze con servizi interni per gli ospiti.
Negli anni 1973 e 1974 l’Opera fu ancora ampliata con la costruzione di una nuova ala di tre piani, oltre il seminterrato. In questo le cucine, le dispense e la lavanderia hanno trovato un’adatta sistemazione. Il primo piano fu destinato all’attuale chiesa, sagrestia, cappella per i sacerdoti. Nel II piano furono ricavati otto appartamenti da assegnare, preferibilmente a sacerdoti ospiti della Casa. Ogni appartamento è costituito da un piccolo ingresso, servizi sanitari, stanza da studio e stanza da letto con balcone. Per i sacerdoti c’è pure una saletta da pranzo. Nel III piano furono ricavate dieci stanze con altrettanti servizi e balconi, per ospiti singoli e coniugati. i sta ora lavorando a un nuovo ampiamento per aumentare la capienza di altrei 35 posti. Il ‘Betlem’, di cui è amministratore mons. Guerrino Maschera, è accreditato come Casa protetta presso l’Azienda Usl di Ferrara. Vi lavorano 54 persone.
Fonte: Estense (2006)


 

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